A cosa servono le smart city? Ad aumentare il divario tra chi ha più accesso alla tecnologia e chi ne ha meno? A creare più occasioni di promozione commerciale? O a fare sfoggio di tecnologia per giustificare gli investimenti privati e pubblici? A Bergamo da qualche anno stanno pensando alla città che sarà vissuta tra 20 anni e hanno deciso di cambiare totalmente approccio. In uno slogan: “da città intelligenti a cittadini intelligenti”. O, per dirla in inglese, da smart city a smart citizen.
Lo slogan dietro Bergamo 2.035 è chiaro: “Da città intelligenti a cittadini intelligenti”. O, per dirla in inglese, da smart city a smart citizen
Da questa idea, semplice ma chiara, è partito il progetto di sviluppo tecnologico della città di Bergamo. Si chiama Bergamo 2.035 (un doppio gioco di parole: la città in versione 2.0, il riferimento al prefisso telefonico di Bergamo, la proiezione degli obiettivi a 20 anni da oggi) ed è un progetto interdisciplinare, promosso dalla Fondazione Italcementi e che ha visto come protagoniste l’Università di Bergamo e l’Harvard University.
La presentazione dei progetti di Bergamo 2.035 a Expo 2015
Ci sono stati due anni prima di analisi, poi di discussioni con le associazioni, infine di proposte più concrete. Oggi il progetto è cresciuto e le proposte vanno dalla mobilità ai consumi, fino alla responsabilità sociale di impresa. Il concetto di base rimane uno: accompagnare le tecnologie a nuovi modelli sociali di inclusività. Nella mobilità, ad esempio, i sistemi di “smart parking” (segnalazione dei posti liberi per una gestione più efficiente dei parcheggi) e “city sensing” (reti composte di sensori connessi tra di loro, che permettono l’acquisizione di dati e informazioni e un monitoraggio continuo della città), come quello sperimentato nella città spagnola di Santander, sono un ottimo punto di partenza. Poi devono seguire soluzioni che mettano in contatto le persone, come il car pooling,o che promuovano stili di vita più sostenibili. «A Copenhagen e in altre città del Nord Europa hanno per esempio messo le biciclette al centro delle idee. I sistemi di bike sharing sono per esempio usati per trasmettere informazioni sul traffico».
A parlare è il professore Stefano Andreani, docente alla Graduate School of Design alla Harvard University. È nel Padiglione Italia dell’Expo, dove si è appena conclusa la presentazione di alcuni progetti realizzati da studenti dell’Università di Bergamo, nel settore del cibo. In concomitanza con Expo 2015 la ricerca dei docenti e degli studenti si è infatti focalizzata sulla valorizzazione del sistema locale del cibo. L’approccio di studio è particolarmente innovativo e si basa sulla metafora dei “glitches” applicati agli ambienti urbani, ossia quelle anomalie e possibili difetti che possono evidenziarsi in un tessuto urbano. Se adeguatamente riconosciuti possono innescare dei processi creativi e generare delle “rotture positive” rispetto a un contesto che sembra irrimediabilmente statico.
Una presentazione di un progetto di Bergamo 2.035 a Expo 2015
L’approccio di studio delle università di Harvard e Bergamo è particolarmente innovativo e si basa sulla metafora dei “glitches” applicati agli ambienti urbani
Uno di questi progetti, “FeedMe Bergamo & Uncork”, vuole aumentare la ricettività del grande pubblico ai prodotti locali e rendere più consapevole il consumatore medio. Per questa ragione, spiega una delle curatrici, Greta Facoetti, «intendiamo sviluppare una piattaforma intesa sia come community online che come rete interconnessa dei mercati fisici ed enti connessi sul territorio». Altre app vanno nella stessa direzione: “Adopt a crop” vuole permettere ai cittadini di seguire cosa cresce in un campo, ma anche creare eventi in ristoranti temporanei che usino i prodotti di quei campi e orti, da organizzare in zone abbandonate della città di Bergamo. “Food Portals”, si concentra sul turismo e immagina percorsi sensoriali e conoscitivi, sia in campagna che in città. Il progetto “Artico”, infine, si rivolge all’universo dei maker, i nuovi artigiani ad alta tecnologia, per proporre spazi di co-working e workshop. I progetti sono ancora in fase di prototipo e per diventare concreti dovranno avere qualche supporto da parte del comune o di altri soggetti.
Alcune studentesse (da sinistra Elena Sommariva, Susanna Vercesi, Giulia Mazzalupi e Greta Facoetti) che hanno La presentazione dei progetti di Bergamo 2.035 a Expo 2015
Quello che è chiaro, ai promotori di Bergamo 2.035, è che la città orobica può fare da apripista e modello. «L’ambizione è di proporre Bergamo – si legge nel volume “Bergamo 2.035 – A new urban concept”, che racchiude tutte le analisi e le proposte – come caso di studio internazionale per sviluppare strategie, modelli e soluzioni con l’obiettivo di realizzare un “prototipo di città intelligente”».