Fine effetto Jobs Act?La disoccupazione scende, ma solo perché aumentano gli inattivi

In base ai dati Istat, a settembre il tasso di disoccupazione diminuisce all’11,8%, lo 0,1% in meno rispetto ad agosto. Ma i contratti a tempo indeterminato sono 21mila in meno

A settembre 2015 sono scesi sia i disoccupati sia gli occupati. I nuovi dati dell’Istat sul mercato del lavoro danno un quadro contraddittorio, che si può spiegare anche con la crescita degli inattivi, cioè degli scoraggiati che non hanno un lavoro e hanno smesso di cercarlo, soprattutto tra i giovani. A settembre, a fronte di una diminuzione di 36mila occupati e 35mila disoccupati, gli inattivi risultano invece in aumento di 53mila unità. Di cui 22mila tra i giovani. E anche a guardare le formule contrattuali, i contratti a tempo indeterminato, il “lavoro stabile” su cui punta il Jobs Act del governo Renzi, a settembre sono stati 21mila in meno rispetto al mese precedente.

Il tasso di inattività a settembre è stato pari al 35,8%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto ad agosto, e calato di pochissimo (-0,1%) rispetto a un anno fa. Il tasso di disoccupazione si attesta invece all’11,8%, il livello più basso da gennaio 2013. Di questo passo si potrà tornare a livelli pre-crisi, se non vi saranno incidenti di percorso, intorno al 2020, è la previsione del centro studi Adapt. La disoccupazion giovanile si ferma invece al 40,5%, in diminuzione dello 0,6% rispetto a un anno fa.

Il calo degli occupati porta l’Italia a un tasso di occupazione del 56,5%, inferiore di 3 punti a quello spagnolo e tra i peggiori d’Europa. «Il numero di persone che lavorano nel nostro Paese resta il problema principale, sia sociale che di sostenibilità del sistema economico e di welfare», spiegano da Adapt. «L’aumento degli inattivi non fa che aggravare una situazione preoccupante in cui solamente un terzo della popolazione ha un lavoro e deve quindi sostenere sé e altre due persone».

Gli occupati sono diminuiti rispetto ad agosto sia tra gli uomini sia tra le donne. Il tasso di occupazione maschile, pari al 65,7%, e quello femminile, pari al 47,5%, sono diminuiti entrambi dello 0,1 per cento. Mentre il tasso di disoccupazione maschile resta stabile all’11,3%, mentre quello femminile, al 12,5%, cala di 0,2 punti percentuali. L’aumento degli inattivi, invece, ha interessato sia gli uomini (+0,3%) sia le donne (+0,4%), così come il tasso di inattività.


L’EFFETTO JOBS ACT NON C’È Dopo la crescita dell’1,7% dei lavoratori dipendenti nei primi otto mesi dell’anno (+284mila), a settembre 2015 i lavoratori dipendenti diminuiscono invece di 26mila unità (-0,2%). In calo anche gli indipendenti: 10mila in meno.

Tra i dipendenti, nonostante gli sgravi previsti per le nuove assunzioni e i contratti a tutele crescenti del Jobs Act, nell’ultimo mese si è registrato un calo dello 0,1% per quelli a tempo indeterminato (meno 21mila) e dello 0,2% per quelli a termine (meno 4mila). Se si fa invece un paragone con lo scorso anno, gli occupati permanenti sono cresciuti dello 0,8% (+113mila), meno di quelli a termine, saliti invece del 4,6% (+107mila).

«Sono stati quindi spesi 15 miliardi di euro (forse 20 secondo le nostre stime) per non incidere in alcun modo sulla vera priorità italiana, anche in termini di produttività, e cioè incrementare il numero di occupati», dicono i ricercatori di Adapt. «A fronte di 790mila contratti che hanno usufruito della decontribuzione prevista dalla legge di stabilità del 2015, sono solo 101mila i posti di lavoro in più a tempo indeterminato. Questi fondi sono stati quindi utilizzati unicamente per conversioni e sulla base di una idea di stabilità che manca tanto nella legge quanto nella realtà del mercato del lavoro».


GIOVANI PIÙ SCORAGGIATI E sono soprattutto i giovani a non aver giovato del Jobs Act e degli sgravi fiscali per le assunzioni. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, cioè la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi (occupati e disoccupati), è pari al 40,5%, in calo di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente.

Ma anche qui bisogna guardare meglio nei dati. Gli occupati nella fascia giovanile a settembre sono diminuiti di 11mila unità rispetto ad agosto, e il tasso di occupazione giovanile è diminuito di 0,2 punti percentuali.

Nello stesso tempo, il numero di giovani disoccupati è diminuito del 2,2% rispetto ad agosto. Mentre è aumentato dello 0,5% il numero degli inattivi tra i 15 e i 24 anni nel confronto mensile (+22mila). Il tasso di inattività dei giovani tra 15 e 24 anni aumenta di 0,4 punti percentuali, arrivando al 74,4 per cento. Rispetto a settembre 2014, invece, il tasso di occupazione dei giovani 15-24enni cala di 0,8 punti percentuali, così come è calato il tasso di disoccupazione (-1,3 punti), a fronte però di una crescita del tasso di inattività di 2 punti percentuali.

Il presidente del consiglio Matteo Renzi, intanto, su Facebook ha scritto: «Ancora dati Istat positivi. Gli occupati a settembre 2015 sono 192mila in più rispetto a settembre 2014 e +378mila dall’inizio del nostro governo, cioè rispetto a febbraio 2014. A settembre il tasso di disoccupazione scende all’11,8%, in particolare per le donne, mentre la disoccupazione giovanile cala al 40,5% e aumentano i contratti stabili. Molto da fare, ancora. Ma non dimentichiamo che eravamo sopra al 13% di disoccupazione a livello generale e oltre il 46% per i giovani. Sono percentuali e numeri, certo, ma sono anche persone, vite, famiglie, destini. Il Jobsact ha restituito credibilità a livello internazionale, ma soprattutto ha creato opportunità e posti di lavoro stabili. È la volta buona, l’Italia riparte». I dati, come sempre, non sono solo dati.

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