COP21«Ho manifestato per il clima, non ho offeso le vittime di Parigi»

Il racconto dei testimoni degli scontri di Parigi di domenica 29 novembre, tra la voglia di sicurezza dopo gli attentati e la riduzione delle libertà a causa dello stato di emergenza

Sono circa le 17 di domenica 29 novembre, il sole sta scendendo e il freddo sta aumentando a Parigi, mentre Place de la République sembra tutto fuorché una piazza che ha ospitato una dimostrazione pacifista di ecologisti.

Tra le tante immagini di quei momenti, c’è una foto che mostra un cartello, appoggiato a terra tra vetri, un paio di scarpe, resti di candele e detriti di varia natura. È un cartello di cartone, hai i contorni smangiati e riporta una frase in inglese. «We didn’t come for the cops. We came for the COP. Let’s ignore them». Non siamo venuti per i poliziotti. Siamo venuti per la COP, il summit sul clima. Ignoriamoli. A pochi metri c’è il cordone della polizia in assetto antisommossa. Si vedono i fari già accesi delle camionette. Dietro si può intravedere la sagoma di un bus su cui verrà caricata una parte degli arrestati.

Una parte. Perché alle 21 di sera, quando uno degli ultimi report ufficiali della polizia viene pubblicato, il conto degli arresti e degli interrogati è altissimo. Secondo i dati raccolti dal sito web indipendente Reporterre, i cui giornalisti hanno seguito puntualmente tutta la lunga giornata di domenica in place de la République, i fermati e interrogati alla fine saranno 289. Gli arrestati 174.

Alle 21 di sera, quando uno degli ultimi report ufficiali della polizia viene pubblicato, il conto degli arresti e degli interrogati è altissimo: i fermati e interrogati alla fine saranno 289. Gli arrestati 174

Da Bruxelles, dove si trova per il vertice dell’Unione europea con la Turchia, il presidente François Hollande spende parole molto dure: «Sappiamo che c’erano elementi perturbatori che non hanno niente a che vedere con i difensori dell’ambiente, né con quelli che vogliono che la conferenza abbia successo, e che sono qui soltanto per creare incidenti. È doppiamente deplorevole, direi addirittura scandaloso che sia accaduto a place de la République, lì dove sono stati depositati tutti quei fiori e quelle candele in memoria di chi è caduto sotto i colpi dei terroristi».

Anche il ministro dell’interno Bernard Cazeneuve ha naturalmente condannato l’episodio «con la più grande fermezza e il rispetto che dobbiamo alle vittime degli attentati», e aggiunge, come riporta L’Express: «Non sarà fatta nessuna confusione tra manifestanti di buona fede e questi gruppi che hanno sempre e solo in testa un solo obiettivo: approfittare di dimostrazioni responsabili e legittime per commettere violenze inaccettabili».

Nessuna confusione. Ok, però alle 17 al freddo, seduti per terra in place de la République ad aspettare di essere portati via, non sembra esserci nessuno di quegli “elementi perturbatori” nominati da Hollande.

Sono centinaia là per terra, a prendere freddo, ad aspettare. Tra loro c’è anche Léa Vasa, consigliera del 10emo arrondissement, che proprio in quei momenti ha dichiarato: «L’atmosfera è calma e pacifica. Suoniamo un po’ di musica aspettando di vedere chi sarà il prossimo ad essere arrestato. Sembra che procedano in maniera completamente arbitraria». In quegli stessi istanti, su Twitter, testimonia una specie di doppia festa: da una parte un trombone, dall’altra della techno. «Pas à #République ? Vous manquez une teuf », scrive mezzo in francese mezzo in verlan postando il video.

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«L’atmosfera è calma e pacifica. Suoniamo un po’ di musica aspettando di vedere chi sarà il prossimo ad essere arrestato. Sembra che procedano in maniera completamente arbitraria».


Léa Vasa, consigliera del 10emo arrondissement

Tra le centinaia di persone bloccate dalla polizia c’è anche Gaspard Glanz, giornalista di Vice France e Vice News. Anche lui è lì da tutto il giorno, ha girato un bel po’ di video e, alla fine di quelal lunga giornata, al suo collega di Reporterre racconta: «C’era gente ferita dalle granate stordenti lanciate dalla polizia, e non hanno potuto ricevere cure malgrado avessero ferite aperte. Per quattro ore siamo stati costretti a restare immobili, nel freddo e nel buio, senza acqua né toilette, intanto che la polizia ci trattava con violenza.»

La lunga giornata di domenica, in place de la Republique, era cominciata in tutt’altro modo. Erano circa le sei del mattino quando gli attivisti di Avaaz avevano iniziato a disporre per terra migliaia di paia di scarpe, compreso un paio mandato apposta dal Papa. Era il loro modo per aggirare il divieto di assembramento che, a Parigi e in tutta la Francia, vige dall’indomani degli attentati a Parigi. È una delle deroghe alla normalità prevista dall’état d’urgence, lo stato di emergenza. Una serie di norme che per potenziare la sicurezza dei cittadini concedono poteri speciali alle autorità. Dovevano durare appena pochi giorni, ma il presidente François Hollande ha chiesto e ottenuto dal parlamento il prolungamento per tre mesi.

Anche Attac e Alternatiba, altre due organizzazioni francesi, si erano inventate un modo per aggirare i divieto di assembramento e, tra le 11 e le 12 e 30 hanno organizzato una catena umana di migliaia di persone, tra République e Nation. La manifestazione vera e propria, annullata a causa del divieto di assembramento dovuto alle leggi speciali, era stata già annullata.

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François (nome di fantasia, la fonte ha preferito restare nell’anonimato) ha 29 anni, è diplomato a Science Po e quella mattina era una delle migliaia di persone che si tenevano per mano tra République e Nation. Alle 12 e 30, ha raccontato a Linkiesta, in seguito alla decisione degli organizzatori, ha lasciato la catena ed è andato a mangiare con la sua ragazza, con la quale ha partecipato alla dimostrazione. Sono da poco passate le 14 quando François torna in place de la République.

«Quando siamo tornati dopo pranzo», racconta, «in piazza c’era la solita atmosfera: flussi di persone in ogni direzione, piccoli gruppetti, qualcuno che suonava, una ballerina, un po’ di gente raccolta intorno alle migliaia di scarpe posizionate lì dalla mattina. C’erano ancora le troupe televisive vicino alla statua».

Poi cos’è successo?
Sono stato spintonato dal cordone di CRS [Compagnie républicaine de sécurité, un corpo della polizia francese con funzioni antisommossa, n.d.r.] che all’improvviso ha deciso di chiudere interamente la piazza. Al contrario di quanto avevo visto un paio d’ore prima, questa volta erano in posizione di combattimento, avevano gli scudi abbassati, più che per difesa sembrava una posizione d’attacco.

«Eravamo circa 300 persone, poi a un certo punto mi sono accorto di un gruppo di 50, massimo 100 persone vestite di nero che si avvicinava da rue du Faubourg du Temple. Avevano l’aria combattiva e i volti coperti»


François P., 29 anni, testimone oculare

Che cosa facevano?
Non si limitavano più a gestire i flussi come avevano fatto durante il mattino. Hanno fermato la circolazione della gente e non lasciavano passare nessuno. Non facevano né entrare né uscire dalla piazza, a parte dall’entrata della metro.

Chi c’era in piazza in quel momento?
Eravamo circa 300 persone, poi a un certo punto mi sono accorto di un gruppo di 50, massimo 100 persone vestite di nero che si avvicinava da rue du Faubourg du Temple. Avevano l’aria combattiva e i volti coperti. All’inizio ho pensato addirittura che fossero dei fascisti, ma poi ho visto portavano le bandiere di Alternative Libertaire e ho capito che erano degli anarchici.

Cosa facevano?
Avanzavano in senso antiorario intorno alla piazza. Urlavano slogan contro lo stato di emergenza.

«Quando siamo arrivati all’altezza di rue du Faubourg du Temple la polizia aveva già lanciato i lacrimogeni. Cosa che mi è sembrata assolutamente assurda visto che eravamo tutti calmi e che eravamo pochi»

Voi cosa avete fatto?
Abbiamo raggiunto un’amica della mia ragazza che era nel gruppo di NPA, il Nuovo Partito Anticapitalisa. Né io né la mia ragazza siamo simpatizzanti di quel partito, ma abbiamo deciso di stare con loro perché erano calmi come noi, avevano tutti tra i 40 e i 50 anni.

Che cosa è successo con la polizia?
Quando siamo arrivati all’altezza di rue du Faubourg du Temple la polizia aveva già lanciato i lacrimogeni. Cosa che mi è sembrata assolutamente assurda visto che eravamo tutti calmi e che eravamo pochi.

Quanta gente c’era in piazza in quel momento?
Circa 400 persone, non credo di più, compresi gli anarchici. Ma l’aria è diventata irrespirabile, siamo stati obbligati a coprirci la bocca e il naso con le sciarpe per proteggerci e continuare a camminare, sempre insieme al gruppo di quaranta-cinquantenni, mantenendo la calma. Siamo arrivati fino a rue du Temple e li ci siamo fermati.

«Sono favorevole al potenziamento dei reparti anti terrorismo e dei mezzi per lottare contro questi fanatici, ma non a qualsiasi costo e a qualsiasi condizione, men che meno se queste limitano le nostre libertà»

Perché?
Il lancio dei lacrimogeni si era intensificato e l’aria era irrespirabile. La situazione era grottesca, mi ricordo che ho notato l’assurdità del contrasto tra il vuoto della maggior parte della piazza, con dei ragazzini che continuavano ad andare in skate e la prima linea dei ragazzi vestiti di nero, che intanto ha replicato ai fumogeni lanciando quel che trovava per terra.

Cosa lanciavano?
Scarpe, ho visto anche un oggetto infiammato, ma non credo si trattasse di una Molotov. Nel frattempo la CRS continuava a lanciare gas lacrimogeni e bombe stordenti. C’è stato un movimento di ritirata di quei manifestanti pacifici che erano rimasti vicini alla prima linea. A quel punto io e la mia ragazza ce ne siamo andati. Avevamo paura di finire in mezzo agli scontri e poi non eravamo per niente d’accordo su quello che stava succedendo.

Cosa pensi di questo stato di emergenza?
Personalmente sono contrario. Non mi sembra una risposta adatta per far fronte al pericolo della minaccia terrorista. Sono favorevole però al potenziamento dei reparti anti terrorismo e dei mezzi per lottare contro questi fanatici, ma non a qualsiasi costo e a qualsiasi condizione, men che meno se queste limitano le nostre libertà.

«Mi sembra che le perquisizioni a casa dei militanti ecologisti e i loro arresti domiciliari all’alba della conferenza sul clima siano un abuso di potere che non contribuisce per niente alla lotta contro il terrorismo. È chiaramente un pretesto per zittire il dissenso con la scusa che possa disturbare l’ordine pubblico»

Cosa pensi di quel che sta succedendo in questi giorni a Parigi, degli arresti preventivi in particolare?
Mi sembra che le perquisizioni a casa dei militanti ecologisti e i loro arresti domiciliari all’alba della conferenza sul clima siano un abuso di potere che non contribuisce per niente alla lotta contro il terrorismo. È chiaramente un pretesto per zittire il dissenso con la scusa che possa disturbare l’ordine pubblico. Anche perché non è certo la prima manifestazione in Francia e la lotta contro il riscaldamento climatico è una causa che mi sembra molto condivisa dalla popolazione.

Cosa ne pensi del comportamento della polizia?
Tengo a precisare che sostengo pienamente la polizia e che ringrazio veramente la loro professionalità quando è al servizio dell’interesse pubblico. Sono però rimasto choccato dalla decisione del governo di mandare così tante forze dell’ordine in tenuta antisommossa e in posizione d’attacco per circondare place de la Republique.

Cosa ti saresti aspettato da loro?
Che avessero a cuore la nostra sicurezza. Che fossero lì per proteggere una marcia che avrebbe potuto tenersi nella più completa calma e sicurezza se fosse stata autorizzata. Non mi stupirebbe però a questo punto che avessero ricevuto l’ordine di provocarci con il lancio di gas lacrimogeni. Sono molto preoccupato per come si stanno mettendo le cose qui in Francia.

«Continuando a esprimere la mia libertà politica, non penso di aver mancato loro di rispetto nemmeno un istante. Place de la République è sempre stata un luogo di ritrovo e così deve continuare ad essere»

Cosa ne pensano i francesi?
Credo che la maggior parte di loro siano a priori favorevoli allo stato di emergenza. E lo sono perché lo intendono come mezzo per la “sicurezza e la lotta contro il terrorismo”. Gli scontri di ieri ho paura che contribuiscano a rafforzare in molti questo pensiero. Sta vincendo la paura a discapito della libertà di manifestare in modo non violento la nostra contrarietà a quello che stanno decidendo i dirigenti mondiali in questi giorni.

In molti, anche a sinistra, hanno condannato la manifestazione per rispetto ai morti del 13 novembre. Che ne pensi?
Sì, lo so che in molti, anche a sinistra, credono che sia giusto rispettare il divieto di manifestare per evitare il rischio di scontri e per rispetto alle vittime degli attentati. Ma io, personalmente, continuando a esprimere la mia libertà politica, non penso di aver mancato loro di rispetto nemmeno un istante. Place de la République è sempre stata un luogo di ritrovo e così deve continuare ad essere. Non siamo stati noi a distruggere e violare il memoriale per i caduti del 13. È un gesto che disapprovo e condanno completamente. È solo che mi sento in diritto a scendere in piazza, sotto casa mia, fintanto che viviamo in uno stato di diritto, senza avere paura di ricevere in faccia dei gas lacrimogeni e delle bombe stordenti.