Assicurano tutti che saranno sulle idee, sui progetti per la città, lasciando da parte le beghe nazionali. Ma le primarie con cui verrà scelto il candidato sindaco di Milano si apprestano a essere anche un test sul modello di centrosinistra per il futuro a livello nazionale: tornare a dialogare con Sel o rendere invece organica l’alleanza di Governo con gli ex berlusconiani guidati da Angelino Alfano? L’unica certezza per ora è che le primarie sono state convocate ufficialmente per il 7 febbraio, dopo un tira e molla fra le varie anime della coalizione che aveva rischiato di far saltare il banco in una città in cui il baricentro è ancora spostato a sinistra. Sabato 12 dicembre inizierà la raccolta firme, fino al 12 gennaio, a sostegno dei candidati. Chi otterrà più voti ai gazebo non avrà solo l’opportunità di guidare Milano per i prossimi cinque anni, ma appunto incarnerà anche una nuova stagione politica nel centrosinistra. Sempre che vinca le elezioni.
Non c’è ancora l’ufficialità sulla candidatura di Giuseppe Sala, il commissario Expo che il giorno di Sant’Ambrogio ha avuto un incontro chiarificatore con il premier-segretario del Pd, Matteo Renzi, che lavora per il suo successo ma si è sentito rispondere che la disponibilità è legata alla garanzia che le primarie non siano un referendum proprio sul capo del Governo. E nemmeno c’è ufficialità sulla candidatura di Francesca Balzani, la vice-sindaco con tessera del Pd, che sta per sciogliere la sua riserva dopo essere stata spinta in prima linea dall’attuale sindaco, Giuliano Pisapia. Certezza c’è solo sulla presenza alle primarie di un altro assessore Dem di Pisapia, Pierfrancesco Majorino, che ha il sostegno di Sel. Stando così le cose, continua a profilarsi comunque una sfida a tre, con gli outsider Roberto Caputo e Antonio Iannetta sempre in campo, e la probabilità che l’altro candidato Pd, il deputato Emanuele Fiano, si ritiri quando Sala avrà sciolto ogni dubbio.
Non c’è ancora l’ufficialità sulla candidatura di Giuseppe Sala, il commissario Expo che il giorno di Sant’Ambrogio ha avuto un incontro chiarificatore con il premier-segretario del Pd, Matteo Renzi, che lavora per il suo successo ma si è sentito rispondere che la disponibilità è legata alla garanzia che le primarie non siano un referendum proprio sul capo del Governo.
I big, come detto, dovrebbero non cedere alla tentazione di mettere il cappello sull’uno o sull’altro candidato, lasciando che siano loro a raccogliere sul campo il consenso sul proprio programma. Non è un caso che Renzi ancora non abbia pronunciato pubblicamente alcun endorsement per il commissario Expo. E non è nemmeno un caso che lo stesso Pisapia abbia tenuto a dire in televisione che è “una leggenda metropolitana” che lui appoggi la Balzani. Eppure dietro ai singoli nomi si scorge una prospettiva politica ben definita. Se alle primarie vincerà Sala, è probabile che vincerà un centrosinistra più aperto al centro, più disponibile a condividere un percorso anche con figure già impegnate sull’altro versante (lo stesso commissario è stato direttore generale di Letizia Moratti sindaco e Renzi appunto governa con Ncd, non con Sel) e con un’impostazione manageriale che rischia di sfuggire al controllo della politica. Se vincerà la Balzani o Majorino, vincerà invece un centrosistra più ancorato alla versione classica, che dialoga con la sinistra-sinistra e che ama poco i tecnici e le alleanze con chi viene da altre esperienze politiche. La difficoltà di questa seconda strada sta piuttosto nel rischio che Balzani e Majorino finiscano per azzopparsi a vicenda.
Pisapia ha deciso intanto di prendere un’iniziativa simbolica: ha scritto una lettera insieme al sindaco di Genova, Marco Doria, e a quello di Cagliari, Massimo Zedda, per difendere l’esperienza delle amministrazioni arancioni, in vista delle Comunali del 2016. L’hanno firmata e mandata al quotidiano La Repubblica, per dire ai propri sostenitori di “imparare dalla Francia per non lasciare il campo alla destra populista”. “Il nostro Paese – sostengono i tre sindaci – malgrado le difficoltà sembrava stesse vivendo un accenno d’orgoglio e di ripresa. Ma dopo gli attentati di Parigi purtroppo era diventato forte il rischio che si precipitasse nuovamente in una situazione di profonda preoccupazione. Oggi quell’apprensione si fa più forte, per questo noi, che governiamo le nostre città con un approccio ideale e non ideologico, pensiamo che in un momento così difficile e complesso sia necessario ritrovare quell’unità aperta e larga del centrosinistra che, sola, può ridare fiducia alle cittadine e ai cittadini italiani”. I tre sindaci dicono in sostanza che il centrosinistra è fatto dal Pd, da Sel e dalle forze civiche che amministrano già con loro. La sinistra deve fare la sinistra, insomma, e allargare l’alleanza su altri fronti è rischioso: Pisapia, Doria e Zedda dicono di lavorare perché questa fase di un governo nazionale con gli ex berlusconiani “sia un momento transitorio”.
La sinistra deve fare la sinistra, insomma, e allargare l’alleanza su altri fronti è rischioso: Pisapia, Doria e Zedda dicono di lavorare perché questa fase di un governo nazionale con gli ex berlusconiani “sia un momento transitorio”.
Ecco, dunque, la posta in gioco a Milano, anche se lo stesso Pisapia ha ribadito che si tratterà di una “sfida locale”. La Balzani è convinta di poter convincere lo stesso Renzi a sostenerla. “Non trovo una valida ragione per cui Renzi dovrebbe preferire Sala a me – ha detto la vicesindaco – io credo che il premier sia fino in fondo laico, lui ha fatto delle primarie un elemento identitario e di forza”. Majorino ha avvertito che “confondere le primarie per individuare il candidato sindaco per il futuro di Milano con un’occasione per fare a Milano un congresso pro o contro Renzi è una follia, che si paga dopo”. Quando tutte le carte saranno in tavola, si potrà capire chi ha ragione: la sinistra arancione risorgerà o è destinata a lasciare definitivamente il passo al renzismo?
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