Nessuno vuole fare più il sindaco. Da Roma a Milano, passando per Napoli e Torino, la campagna elettorale che sta per aprirsi fotografa un’inquietante novità. I partiti non riescono a trovare i candidati. Quello che una volta era un incarico prestigioso è diventato un ingrato fastidio. Nessuno lo dice, ma lo sanno tutti: le risorse sono poche, le rogne tante, le grandi città ingestibili. A venire eletti ci si espone più al rischio di figuracce che di grandi riconoscimenti.
E così succede l’impensabile. Nel Paese in cui tutti sgomitano per una poltrona, mancano i candidati per diventare sindaco. A Roma il centrodestra è alla ricerca di un aspirante primo cittadino da qualche mese. Le rinunce dei prescelti ormai non si contano. Il nome più atteso è quello della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che però ancora non scioglie la riserva. Recentemente si è fatto avanti il segretario de La Destra Francesco Storace – per stimolare un confronto che porti a celebrare primarie di coalizione – ma nessuno sembra raccogliere la sfida. Tra gli avversari le cose non vanno meglio. Dopo aver resistito a lungo al pressing di Renzi, alla fine il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti ha ceduto. Lui sarà della partita. Ma anche il messaggio con cui ha annunciato la candidatura non nasconde le preoccupazioni: «Ci ho messo un po’ di tempo, lo confesso, e non solo per un pizzico di paura che credo sia naturale, ma per una grande forma di rispetto per un impegno che so sarà immenso, gravoso». Le primarie di centrosinistra si terranno a marzo. Caso più unico che raro, per ora nel Partito democratico non si trovano sfidanti. Completano lo scenario le candidature di Alfio Marchini e dell’esponente di Sinistra Itaiana Stefano Fassina.
A venire eletti ci si espone più al rischio di figuracce che di grandi riconoscimenti. E così succede l’impensabile. Nel Paese in cui tutti sgomitano per una poltrona, mancano i candidati per diventare sindaco
Ma non c’è solo Roma, il triste fenomeno interessa tutto il Paese. Da Nord a Sud fare il sindaco è diventata una scocciatura. I primi ad averlo capito sono proprio gli uscenti, quelli che il mestiere lo conoscono per esperienza personale. Per avere conferme basta chiedere a Giuliano Pisapia, primo cittadino a Milano. I vertici del centrosinistra hanno provato invano a convincerlo, ma lui non si è voluto ricandidare. Nonostante buone possibilità di essere rieletto – o forse proprio per questo – il sindaco ha gentilmente declinato l’offerta. Alla fine a sfidarsi alle primarie saranno Giuseppe Sala, Francesca Balzani, Pierfrancesco Majorino e Antonio Iannetta. E nel centrodestra? Mistero. I bene informati raccontano che si attende di conoscere l’identità dell’avversario prima di scegliere il proprio aspirante sindaco. E già questo descrive bene la particolarità della situazione. Alle cronache resta il rifiuto del giornalista Paolo Del Debbio, che nonostante le forti pressioni ha smentito ogni interesse per Palazzo Marino (e prima di lui avrebbero detto no anche l’ex amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni e l’ex Confindustria Stefano Parisi).
Lo insegna la storia recente, Roma è una grana. La pietra tombale delle aspirazioni politiche di ogni sindaco. Basta vedere che fine hanno fatto Gianni Alemanno e Ignazio Marino, gli ultimi due inquilini del Campidoglio, sconfitti e scomparsi dalla scena
Raccontano che anche il Pd Piero Fassino, il sindaco uscente di Torino, avrebbe seriamente valutato l’ipotesi di farsi da parte. Al contrario di Pisapia, lui alla fine ha accettato di candidarsi. Forse per spirito di servizio. Se la dovrà vedere con l’esponente di sinistra Giorgio Airaudo, la candidata grillina Chiara Appendino e non si sa ancora con chi altro. Già, perché anche in Piemonte il centrodestra non ha ancora trovato un candidato. Come del resto non si conoscono gli esponenti del Partito democratico che correranno per la poltrona di sindaco di Napoli. Anche sotto il Vesuvio si susseguono rifiuti e rinunce, ma già nei prossimi giorni dovrebbero arrivare novità. Intanto l’unico che ha già annunciato la sua candidatura è Antonio Bassolino, non proprio il preferito dai vertici del Nazareno.
Inutile girarci intorno, il sindaco è un lavoro che non piace più. Il rischio di scandali è sempre dietro l’angolo, le inchieste giudiziarie anche. Senza dimenticare che di fronte all’attuale discredito della classe dirigente, chi accetta di candidarsi si espone anche all’imbarazzo di vedersi superare da un grillino. A Roma e Torino i Cinque Stelle possono contare su ottimi sondaggi, eppure persino loro sembrano sensibili al fenomeno del momento. L’imbarazzante vicenda di Quarto – ieri si è dimesso l’ex sindaco M5S Rosa Capuozzo – stavolta non c’entra. Nella Capitale i big pentastellati hanno deciso di non partecipare alle elezioni. Ufficialmente, e meritoriamente, ne fanno una questione di coerenza: i parlamentari non possono interrompere il mandato per candidarsi a un altro incarico. Secondo alcune maliziose ricostruzioni, invece, è solo paura di vincere. Nessuno vuole amministrare una città ingovernabile. Lo insegna la storia recente: Roma è una grana. La pietra tombale delle aspirazioni politiche di ogni sindaco. Basta vedere che fine hanno fatto Gianni Alemanno e Ignazio Marino, gli ultimi due inquilini del Campidoglio, sconfitti e scomparsi dalla scena. È la città che più di ogni altra fa venire meno la voglia di candidarsi. Mancano strumenti di governo utili per gestire la complessità della metropoli: ci sono municipi di trecentomila abitanti che hanno meno autonomia di un piccolo comune. E poi le periferie, i trasporti, l’edilizia scolastica… Persino il fenomeno migratorio è diventato molto più complesso rispetto a pochi anni fa. Il tutto con una perdurante, pressante, carenza di risorse. Abbastanza per farsi passare la voglia di diventare sindaco.