«Parlare oscuramente lo sa fare ognuno, ma chiaro pochissimi». Galileo Galilei, Considerazioni al Tasso, 1589. Insomma è trascorso qualche annetto ma resta una grande verità. Spiegheremo meglio, ma prima godetevi questo video
Sono cose e sono robe. Così è se vi pare. Qualche volta, anzi spesso, si ha la sensazione che vaghezza e oscurità espressiva siano artifizi per confondere, affabulare, ingannare.
Un messaggio di grande modernità è lanciato dal Manzoni nel descrivere l’incontro tra il povero Renzo e l’Azzecagarbugli che, circondato dai ritratti dei Cesari, come simbolo di asservimento non tanto alla legge quanto al potere, invita l’incauto nubendo a raccontargli i fatti con chiarezza, «spettando a lui di ingarbugliarli».
La figura di Azzeccagarbugli pone l’accento sull’uso del linguaggio tipico del potere agito in assenza di legittimazione o di una supposta autorevolezza: volutamente oscuro come strumento di inganno e travestimento dell’ingiustizia e della forza. Con altrettanta frequenza si ha però la sensazione che la mancanza di chiarezza sia frutto semplicemente dell’incapacità di disporne.
La mancanza di chiarezza ci deve preoccupare: colpevole o incolpevole che essa sia è dannosa, comunque. O è indice di improvvisazione, o di incompetenza, o di maneggio ingannevole. E a nessuno di noi fa piacere essere intrattenuti da improvvisati, da incompetenti o da chi vuole abusare di posizioni di forza o di superiorità.
Dal punto di vista negoziale, ma non solo, una delle maggiori criticità dell’assetto relazionale è propria figlia dei fraintendimenti che si generano nel dialogo.
Concettualizzazioni vaghe, ampie, prive di contesto, barocchismi, lessici incomprensibili anche e non solo per i loro eccessi di tecnicismo creano “fratture” che spesso sfociano in crisi relazionali difficili da ricomporre, che impacciano il meccanismo negoziale, fino a bloccarlo o ancora peggio a impedirgli di decollare.
Ma la compromissione dei rapporti non è l’unica delle conseguenze della poca chiarezza. La mancanza di chiarezza nella comunicazione genera molti altri svantaggi: tra questi, la perdita di tempo che impatta su tutti e la perdita di autorevolezza, che ricade come conseguenza negativa solo sull’autore del messaggio.
Che sensazione ci genera una persona non chiara, tanto nello scrivere quanto nel parlare? È una sensazione quantomeno di disagio. «Si sarà preparato?» «È competente sul punto?» ,«Sta cercando di eludere la risposta alla mia domanda?».
Chi comunica in modo chiaro dimostra soprattutto di avere le idee chiare, fatto che a sua volta alimenta anche e non poco la reputazione personale.
Dall’altra parte come destinatari della comunicazione non si può accettare, vittime di un meccanismo autoalimentato dalla soggezione, sempre e passivamente tutto.
Indaghiamo, chiediamo chiarimenti, approfondiamo. Chi ci parla saprà che lo stiamo ascoltando, quantomeno. E magari inizierà a porre anche più attenzione alle sue parole. Senza polemica, con l’intento genuino però di capire, non ci si deve lasciare impressionare e prestarci a alimentare la catena del vacuo.
Tra i tanti strumenti utili per essere chiari si citano i seguenti :
- Concretezza, ossia l’utilizzo di esempi e non di concettualizzazioni vaghe. Se diciamo che qualcosa è “difficile” “ problematico” “complesso” non stiamo dicendo nulla. Sono concetti inconsistenti e soprattutto soggettivi, per cui interpretabili a piacimento. Ciò che è difficile per te, può non esserlo per me. Facciamo un esempio di ciò che è difficile, chi ci legge o ascolta comprenderà meglio e probabilmente si immedesimerà anche in noi, facilitando comunque il flusso relazionale.
- Separare i concetti, come il cibo giapponese, un pezzettino dopo l’altro, per dare modo agli altri di digerirne i contenuti.
- Frasi brevi: il miglior antidoto per la chiarezza è il ricorso a periodi barocchi, con subordinate che si inanellano una dentro l’altra, apertura di parentesi tonde, quadre, graffe. Una principale e al massimo due subordinate sono sufficienti, tanto per iscritto quanto oralmente.
Sono cose e sono robe. Così è se vi pare.
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