Per chi frequenta Montecitorio è impossibile non riconoscerla. Sempre presente, sempre di corsa, la deputata Cinzia Fontana è il delegato d’Aula del Partito democratico. Trascorre le sue giornate tra l’emiciclo e il Transatlantico, senza mancare un voto. Una stacanovista dei lavori parlamentari. Secondo i dati di Openpolis ha partecipato a 15.312 votazioni su 15.313. Detiene il record assoluto di presenze alla Camera: il 99,99 per cento. «E pensi che l’unica votazione che ho saltato – racconta – risale alla scorsa settimana». A Montecitorio si stava votando la legge sul “dopo di noi”, per garantire l’assistenza ai disabili anche dopo la scomparsa dei genitori. «In realtà ero al mio posto anche quel giorno. Ma si è inceppato il pulsante per votare».
Originaria di Crema, professione sindacalista. È alla sua terza legislatura. Anche per questo circa un anno fa il Pd l’ha scelta come delegato d’Aula. «I meccanismi del lavoro parlamentare ormai li conosco piuttosto bene» sorride. Fossero tutti come lei, forse in Italia l’antipolitica sarebbe meno diffusa. Tra tante polemiche sull’assenteismo dei parlamentari, spicca la sua dedizione alla causa. «Ma adesso non esageriamo. Personalmente mi stupisce che questa sia considerata una cosa straordinaria. Come parlamentare sono chiamata a svolgere il mio lavoro in Aula e in commissione. È questo il mio dovere». Ci pensa un attimo, poi sembra quasi giustificarsi: «Diciamo la verità, in questi anni ho avuto anche la fortuna di non essermi mai ammalata».
«Effettivamente la scarsa presenza di qualcuno è vergognosa, ma in generale c’è una buona partecipazione di tutti i colleghi. In ogni caso c’è un meccanismo che prevede la decurtazione della diaria per chi non partecipa a un certo numero di votazioni»
Chi si aspetta un’estremista dei lavori parlamentari resta deluso. Con i colleghi meno presenti l’onorevole Fontana è indulgente. «Ci sono casi in cui effettivamente la scarsa presenza di qualcuno è vergognosa, ma in generale c’è una buona partecipazione di tutti i colleghi. Non dimentichiamo che in Parlamento ognuno ha un ruolo diverso. Pensi ai relatori che seguono una proposta di legge: è evidente che per approfondire in dettaglio il provvedimento sono costretti a svolgere il proprio lavoro anche fuori dall’Aula». Poi, certo, restano casi di assenze ingiustificabili. «Quelle mi danno fastidio, assolutamente. Non per niente è stato introdotto un meccanismo che prevede la decurtazione della diaria per i deputati che non partecipano un certo numero di votazioni». A leggere le statistiche c’è un dato che stupisce. Dall’inizio della legislatura ci sono stati oltre 15mila voti. Almeno cinquemila ogni anno. Sono davvero tutti necessari? «Dipende, ci sono alcuni provvedimenti che obbligano a centinaia di votazioni al giorno. Come la legge di Stabilità. In gran parte sono emendamenti, è una prerogativa parlamentare». Burocrazia democratica. «È in corso da tempo una riflessione per modificare i regolamenti parlamentari – continua la deputata – Personalmente sono favorevole. È arrivato il momento di rendere più efficace il procedimento legislativo. Non mi piace parlare di tempi morti, perché anche il dibattito è importante. Ma bisogna snellire il sistema: evitare che tempi di discussione troppo lunghi incidano in modo poco proficuo sul lavoro d’Aula»
Chi ha il 99,99 per cento di presenze non deve vivere bene la campagna di stampa contro la Casta. «Mi dà molto fastidio» si fa seria la deputata. «E lo dico perché la stragrande maggioranza dei colleghi si impegna molto. In Aula, sui provvedimenti, in commissione, sul territorio. Vede, c’è una parte del nostro lavoro che non può essere misurato dalle statistiche. Come si fa a misurare il lavoro di chi deve studiare e approfondire un determinato provvedimento?». Questo non vuol dire che qualcuno non se ne approfitta. «In questi anni la politica ha dato molti esempi negativi, è vero. Ma il buono che c’è, ed è tanto, non lo racconta nessuno. Gli esempi positivi non fanno notizia».
«Come si fa a valutare il lavoro di chi deve studiare e approfondire un provvedimento? Gli esempi negativi esistono, ma le polemiche spesso sono sbagliate. Ci sono giorni che iniziamo a votare al mattino e finiamo a tarda sera»
Al netto delle polemiche, la questione resta. Un paio di giorni fa persino il presidente emerito Giorgio Napolitano, intervenuto durante i lavori della commissione Esteri, ha chiamato i colleghi a un maggiore impegno, spiegando che trenta o quaranta ore di lavoro non bastano. Ha torto? «Per come l’ho intesa io, il presidente Napolitano non ha criticato nessuno – spiega Cinzia Fontana – Ma ha sollevato un tema importante. Bisogna trovare un sistema per coniugare i lavori d’Aula con quelli in commissione. Questo è necessario, soprattutto per chi si impegna anche sul territorio. Ma le polemiche giornalistiche su quante ore lavorano i parlamentari sono sbagliate. Ci sono giornate davvero intense, in cui iniziamo a votare al mattino e finiamo a tarda sera. Più i lavori in commissione, importantissimi, vero luogo di approfondimento e discussione». La soluzione? «Bisogna organizzare diversamente i nostri lavori. Qualcuno propone di passare tre settimane al mese in Parlamento e trascorrere il resto del tempo sul territorio, altri chiedono di ridurre il lavoro in Aula e dedicare più tempo alle commissioni. Io sono di un’idea diversa: è necessario modificare il regolamento della Camera e rendere più efficiente il procedimento legislativo».