Non si fa altro che parlare di caramelle Rossana, in questi giorni sui social network. A rimbalzare, tra Facebook e Twitter, la notizia che il polo produttivo di Perugia smetterà di produrre le storiche caramelle al sapore di mandorle e ruhm. Caramelle iconiche, visto che molti adulti – giovani e meno giovani – le associano alla loro infanzia, che si tratti del vassoio sul centrino di pizzo sul tavolo della nonna o al barattolo del bar dell’oratorio o della latteria sotto casa. Iconiche al punto tale, dicevamo, che il personaggio interpretato da Michael Caine in “Youth”, l’ultimo film di Paolo Sorrentino ne sfrega per tutto il tempo la carta rossa che la avvolge.
L’allarme sul destino della caramella nasce il 24 febbraio scorso, quando Carla Spagnoli, bisnipote di Luisa, storica fondatrice della Perugina, e presidente del Movimento per Perugia, pubblica su Perugia Today una lettera in cui prelude allo smantellamento della linea di produzione delle caramelle e dei biscotti nello storico stabilimento umbro di San Sisto: «È impensabile anche solo ipotizzare che un prodotto come la “Rossana”, cuore della Perugina, possa scomparire, ma i dubbi sul futuro restano e le paure aumentano!», scrive allarmata la Spagnoli, ricordando nella lettera che nel 2016 si festeggia il novantesimo compleanno del prodotto.
Da Perugia Today, nei giorni seguenti, l’articolo rimbalza sulla stampa nazionale quando Nestlé annuncia un piano industriale da sessanta milioni in tre anni per lo stabilimento di Perugia, che, citiamo dalla nota diffusa da Nestlé, «punta a potenziare lo stabilimento di San Sisto per confermarne la posizione come uno dei poli produttivi di eccellenza del cioccolato all’interno del gruppo Nestlé, per rafforzare la posizione dello storico marchio in Italia e per fare di Perugina un simbolo del “Made in Italy” in tutto il mondo».
Questa sarebbe la notizia, ma i giornali parlano soprattutto del fatto che di Rossana, in quel piano industriale, non se ne parli. A dar fuoco alle polveri ancora la Spagnoli, che dalle pagine de Il Giornale racconta che «la Nestlé non aveva e non ha nessuna intenzione di investire nei prodotti storici della Perugina. E i sindacati hanno le loro colpe: gli hanno fatto fare quello che volevano». Tanto basta agli utenti di Facebook e Twitter di organizzarsi e lanciare eventi, petizioni e hashtag come se non ci fosse un domani.
Lo scorso anno, di Rossana, ne sono state prodotte circa 800 tonnellate. Cosa che, fanno sapere fonti interne a Nestlé, rende totalmente irrealistica una dismissione dello storico marchio
Peccato che ci sia poco di vero nella notizia. O, perlomeno, che la realtà sia un po’ diversa da come la descrive la Spagnoli. Che peraltro lo scorso 26 giugno aveva lanciato un analogo appello per le ben più misconosciute caramelle Cinzia, paventando che «tra un anno la Nestlè possa dare il benservito a centinaia di lavoratori considerati in esubero».
La differenza? Che nel suo ultimo anno di produzione di caramelle Cinzia ne erano state prodotte circa 1 tornellata scarsa, mentre lo scorso anno, di Rossana, ne sono state prodotte oltre 800 tonnellate. Cosa che, fanno sapere fonti interne a Nestlé, rende totalmente irrealistico una dismissione dello storico marchio. Al contrario, la produzione sarà mantenuta nonostante il mercato delle caramelle tradizionali stia attraversando una fase di quasi irreversibile declino: «Ormai – spiegano – si vendono soprattutto caramelle “funzionali” per l’alito, per la gola, per l’igiene orale».
Quindi resiste, la Rossana, sebbene nei giorni del flame online non si sia verificato alcun picco di vendita. Ciò che appare confermato, tuttavia, è che potrebbero non essere più fatte a San Sisto, che già prima delle riorganizzazione produceva al 95% cioccolatini, tavolette e cacao in polvere, buona parte del quali destinata ai mercati esteri. E che l’obiettivo ambizioso della riorganizzazione dello stabilimento sia quella di vendere il Bacio Perugina in tutto il mondo, non certo quello di chiudere bottega.
Per la Rossana, ci sono due strade possibili, spiegano da Nestlé: o si trova un imprenditore, magari umbro, disposto a rilevare la produzione e a mantenerla a livello locale. Oppure Nestlé deciderà di produrre la propria caramella altrove: «Di sicuro, questo non avrà alcun effetto occupazionale» assicurano. Anche loro, oltre agli amanti dello zucchero e delle madeleine della loro infanzia, possono dormire sonni tranquilli.