Sala, l’effetto Expo è finito

Il candidato sindaco renziano ha iniziato a fare i conti con la politica e ha rallentato il passo. Resta il favorito ma dovrà coprirsi su due fronti

L’effetto Expo è finito. Partito con un’autostrada liberissima di fronte, Giuseppe Sala dovrà conquistarsi la poltrona di sindaco di Milano lottando con la bestia (in senso figurato) che lo ha a lungo corteggiato e che lo sta mettendo alla prova ben prima dell’avvio formale della campagna elettorale: la politica. Mister Expo ha rallentato il passo, dopo le primarie del centrosinistra che il 7 febbraio scorso lo avevano incoronato nel ruolo di favorito alla successione di Giuliano Pisapia. E non ha ancora deciso che marcia dare alla sua campagna: determinatissimo a mantenere la sua autonomia di manager, Sala rischia di essere messo in scacco da chi sa muovere meglio di lui le pedine della politica.

Un mese dopo le primarie, Sala non ha ancora chiuso un accordo definitivo con la sua principale avversaria interna, Francesca Balzani. La vice-sindaco Pd di Pisapia – che ha raccolto il 34% dei consensi contro il 42% dell’ex numero uno di Expo – dovrà guidare una lista arancione che peschi voti a sinistra, nell’area in cui sono più forti lo spirito identitario e la tentazione di non votare Sala. Su questo tutti sembrano d’accordo.

Ma la Balzani vuole anche avere in cambio del suo impegno un riconoscimento politico forte dell’area che rappresenta: se porterà consensi, dovrà anche condividere le decisioni e i ruoli in squadra (a partire dal suo, ancora come vicesindaco). Solo che Sala questo riconoscimento fatica a darlo. Da un lato per la sua rocciosa volontà di rimanere fuori dalle logiche di partito. E dall’altro perché, una volta riconosciuto un ruolo all’area della Balzani, molti altri andrebbero a bussare alla sua porta per chiedere attenzioni: non bisogna dimenticare che la gran parte degli assessori di Pisapia si è schierata con lui alle primarie proprio contro la Balzani. Né va trascurato anche l’altro assessore che si era candidato, Pierfrancesco Majorino, ora lanciato verso un ruolo da capolista del Pd. Questione anche caratteriale, dice chi conosce Sala e Balzani, nessuno dei due vuole dare l’impressione di mercanteggiare poltrone.

Il risultato è che a sinistra si continua a trattare e ancora non ci sono nomi veri per la lista a sostegno di Sala. Non è però solo una questioni di equilibri politici (e di figurine) a preoccupare chi sta lavorando alla vittoria dell’ex commissario Expo alle elezioni di giugno. L’arrivo sulla scena a metà febbraio di Stefano Parisi, candidato sindaco di un centrodestra improvvisamente unito, manager ed ex direttore generale del Comune a sua volta, ha fatto emergere anche il ritardo della campagna vera e propria dell’uomo del centrosinistra, a cui anche gli amici iniziano a rimproverare di essere sparito dalla scena per troppi giorni dopo il risultato del 7 febbraio e di non aver ancora lanciato un’offensiva programmatica aggressiva.

Parisi, come già ha massicciamente fatto anche Corrado Passera, ha inziato da subito a tappezzare Milano di manifesti con la sua faccia, il suo slogan e l’invito ai milanesi a votarlo. Si è persino mostrato spavaldo nei confronti dei partiti che lo hanno scelto: ha bacchettato la Lega sui toni eccessivi usati sul tema immigrazione, ha chiesto a Forza Italia di non fare propaganda solo contro Pisapia ma soprattutto sulle proposte per il futuro. Forse un gioco delle parti, ma comunque nessuno se ne è lamentato. Tutto il contrario di Sala.

Sala resta il favorito delle elezioni di giugno, il 19 marzo si terrà finalmente la convention per il programma, che dovrebbe archiviare le beghe interne. Ma l’intensifcarsi del traffico (e degli ostacoli) su quell’autostrada un tempo liberissima indicano chiaramente che Mr Expo deve coprirsi su due fronti per non appannare la sua immagine.

A sinistra, perché un accordo debole (o una rottura) con l’area della Balzani, sposterebbe voti sul probabile candidato a sinistra del Pd (Gherardo Colombo il più temibile). Al centro, perché l’area ciellina guidata dall’ex ministro Maurizio Lupi (sempre più probabile capolista a sostegno di Parisi) cercherà di recuperare al centrodestra i consensi che giornalisticamente sono stati accreditati al cosiddetto Partito della Nazione. Quindi con il centrodestra potrebbe essere una sfida alla pari, a Milano, dopo mesi di monologo del centrosinistra.

Matteo Renzi non si è ancora speso apertamente per Sala, candidato renzianissimo. Lo farà, ed è logico pensare che la sua irruenza sposterà attenzioni e simpatie. Però l’effetto Expo è finito. Il grande evento avrebbe potuto essere il traino di una campagna elettorale che sembrava scontata e poco politica. Di Expo ne parla invece poco Sala, perché non vuole entrare nella polemica sui costi dell’evento. Non ne parlano granché nemmeno i grillini, che scommettevano sul fallimento dell’Esposizione universale. Non ne parlerà Parisi, perché nel centrodestra sanno che l’Expo è anche una creatura loro. A Milano i tecnici dovranno fare i conti con la politica. E Sala sta prendendo le misure.

Twitter: @ilbrontolo

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