Siamo ancora in un’epoca accelerata, in cui le valutazioni delle performance aziendali sono cadenzate da tempi strettissimi e in cui il working capital – capitale circolante – la fa ancora da padrone: indica la capacità del management di far fronte all’attività corrente dell’impresa.
Tutto ci fa pensare, però, che i parametri tangibili, e materiali, con cui operiamo le nostre scelte d’impresa, non siano più così capaci di generare valore.
Oggi parliamo di capitale reputazionale, di valore del brand, di identità di marca, di “like” e social identity, di brevetti, di valore del management. Stiamo viaggiando velocemente verso un’economia della conoscenza e ci dobbiamo chiedere: tra dieci anni i nostri fatturati saranno composti dagli stessi prodotti e servizi di oggi? Il denaro che la banca ci darà in prestito sarà ancora concesso sulle basi delle valutazioni odierne (asset che ci rendono capaci di restituirlo)? Il valore che attribuiamo ai prodotti, alla loro proprietà, sarà lo stesso di oggi?