In Italia un detenuto su quattro entra in carcere perché condannato o accusato di produrre, vendere e detenere droghe illecite. E quasi un recluso su tre paga la violazione della normativa sulle sostanze stupefacenti. Sono i dati contenuti nel VII Libro Bianco sulle droghe presentato ieri alla Camera dei deputati. Numeri che fanno riflettere. Mentre a Montecitorio le commissioni Affari sociali e Giustizia proseguono l’esame delle proposte di legge sulla legalizzazione della cannabis, la Società della Ragione – insieme ad Antigone al Forum Droghe – pubblica il dossier sulla legislazione antidroga. Cifre utili a sfatare i pregiudizi su usi, consumi e diffusione delle sostanze stupefacenti, come spiega l’introduzione del documento. Dati che confermano «il peso insostenibile sulla giustizia e sul carcere della legge antidroga».
Nel 2015 si sono registrati 45.823 ingressi totali nei nostri istituti penitenziari. 12.284, pari al 26,8 per cento, in violazione dell’articolo 73 della legge antidroga (detenzione di sostanze illecite). Colpisce il trend decrescente. Rispetto al 2009 si sono più che dimezzati gli ingressi complessivi e quelli in violazione della normativa sulle sostanze stupefacenti. Tra il 2008 e il 2015 gli ingressi in carcere sono diminuiti del 50,62 per cento, quelli per il reato di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti sono calati di oltre il 57 per cento. Per gli autori del Libro Bianco, è la dimostrazione che «il sovraffollamento penitenziario, così come le possibilità di contenerlo, sono strettamente legati alle scelte sulle politiche antidroga». Intanto oggi i detenuti per violazione della legge antidroga sono 16.712, il 32,03 per cento del totale. Altro dato in calo. Nel 2010 erano 27.294, pari al 40,16 per cento della popolazione carceraria.
Nel 2015 oltre un terzo degli studenti italiani ha sperimentato il consumo di almeno una sostanza illecita. La cannabis è la più comune (27 per cento), l’eroina la meno diffusa (1 per cento). Il 2,1 per cento ha assunto sostanze psicoattive sconosciute, ignorandone natura ed effetti
Ma qual è il peso delle politiche antidroga sulla giustizia? Nel 2015 le operazioni di polizia in materia di stupefacenti sono state oltre 19mila. Più di 27mila, invece, le segnalazioni all’autorità giudiziaria. Anche stavolta stupisce un dato. La cannabis e i suoi derivati sono le sostanze più frequentemente interessate dal fenomeno. Il 56,31 per cento delle operazioni di polizia hanno per oggetto i cannabinoidi. E così il 48,20 per cento delle segnalazioni all’autorità giudiziaria. Su 27.718 segnalazioni, solo 2.286 contestano l’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. «Nel restante 91,75 per cento dei casi – si legge – abbiamo a che fare con detentori di sostanze di cui non è neanche sospettata l’appartenenza a organizzazioni criminali dedite al traffico di sostanze stupefacenti». Questo è il risultato, secondo gli autori del Libro Bianco: «I cannabinoidi costituiscono, dunque, il principale impiego di energie e risorse dell’apparato di polizia e giudiziario impegnato nella repressione penale della circolazione di sostanze stupefacenti illegali».
Discorso a parte per i procedimenti penali pendenti negli uffici giudiziari italiani. Al 30 giugno dello scorso anno le imputazioni relative alla detenzione di sostanze stupefacenti erano 158.690. Quasi il 10 per cento in meno rispetto all’anno precedente. Resta costante, invece, il numero di persone sottoposte a procedimento penale per appartenenza ad organizzazioni criminali finalizzate al traffico illecito di sostanze stupefacenti: 43.828 (nel 2014 erano 43.961). E poi ci sono i numeri delle segnalazioni ai prefetti per il solo consumo di sostanze illecite. Nel 2015 sono state 32.478, dato in linea con l’anno precedente. Curiosità: quasi l’80 per cento delle segnalazioni sono dovute al consumo di cannabinoidi. È un fenomeno largamente diffuso, basti pensare che dal 1990, anno di entrata in vigore della legge Iervolino-Vassalli, sono state segnalate al prefetto come consumatrici di sostanze stupefacenti oltre un milione di persone: 1.107.051.
Dal 1990, anno di entrata in vigore della legge Iervolino-Vassalli, sono state segnalate al prefetto come consumatrici di sostanze stupefacenti oltre un milione di persone: 1.107.051
Il VII libro bianco sulle droghe apre poi uno scenario interessante sulla diffusione del consumo di sostanze proibite, soprattutto tra i giovani. Il documento presenta i risultati del ESPAD Italia, uno studio realizzato dall’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR sui ragazzi tra i 15 e i 19 anni. Stando ai numeri, nel 2015 oltre un terzo degli studenti italiani ha sperimentato il consumo di almeno una sostanza illecita. La cannabis è la più diffusa (27 per cento), seguono cocaina (2,5 per cento), allucinogeni (2,2 per cento). La meno comune è l’eroina, all’1 per cento. Quasi tutti hanno fatto uso di una sola sostanza, ma c’è un 15 per cento di “policonsumatori”.
Tra i dati emerge un fenomeno particolarmente preoccupante, relativo alla mancata consapevolezza dei giovani. La ricerca stima che il 2,1 per cento degli studenti abbia assunto sostanze psicoattive sconosciute. «Ignorandone cioè la natura e gli effetti e, quindi, aumentando i potenziali rischi correlati al consumo». Nel 52 per cento dei casi, le sostanze sono state assunte per non più di due volte. Ma per ben un quarto di questi studenti – il 26 per cento – «si è trattato di ripetere l’esperienza oltre 10 volte». Gli studenti consumano più sostanze illecite rispetto al passato? In parte è così. Prendendo in esame gli ultimi 15 anni, il trend dei consumi ha avuto un decremento fino al 2011 (21,9 per cento), per poi risalire fino al 27 per cento attuale. Stesso percorso per il consumo di cannabis. Era pari al 27 per cento nel 1999, sceso fino al 21,5 per cento nel 2011, e tornato al 27 per cento nel 2015.