«Oggi è una giornata storica». Il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova non gira troppo attorno alle parole. Per la prima volta la Camera dei deputati avvia la discussione generale su un provvedimento di legalizzazione della cannabis. È un testo nato oltre un anno fa dal lavoro di un vasto intergruppo parlamentare. Un fronte trasversale di 221 deputati e 73 senatori di diversi schieramenti politici: Partito democratico, Movimento Cinque Stelle e Sinistra Italiana su tutti.
Negli ultimi mesi le commissioni Affari Sociali e Giustizia di Montecitorio hanno avviato l’esame della proposta di legge che contiene le «disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati». Dopo aver ascoltato in audizione circa 40 esperti, oggi il provvedimento è arrivato in Aula. Un passaggio rapido, almeno per il momento. «In commissione sono stati presentati quasi 2mila emendamenti – racconta Della Vedova – 1.300 sono di Area Popolare, con il legittimo intendimento di fare ostruzionismo». E così la proposta di legge dovrà presto ripartire dalla commissione. Con l’incombere della pausa estiva, inevitabilmente se ne riparlerà a settembre. «Ma ormai – spiega il relatore Daniele Farina – indietro non si torna più».
Per la prima volta la Camera dei deputati avvia la discussione generale su un provvedimento di legalizzazione della cannabis
Di cosa si tratta? Sintetizzando, il provvedimento permette ai maggiorenni il possesso di 5 grammi di cannabis per uso personale (15 grammi presso il proprio domicilio). Aumentando il quantitativo in caso di terapie mediche. La legge autorizza la coltivazione, fino a un massimo di 5 piantine. Ma anche la possibilità di organizzarsi in “cannabis social club” – forme di coltivazione associata senza scopo di lucro – come già avviene in altri Paesi. Sarà possibile l’acquisto in punti vendita appositamente autorizzati, ma con il divieto di pubblicità e consumo in luoghi pubblici.
«È una legge razionale, laica e molto liberale» racconta il deputato di Possibile Pippo Civati. Intanto in Parlamento è già scontro. Nonostante sia stata raccolta una vasta adesione, molti parlamentari restano fermamente contrari al provvedimento. In questi giorni i ministri centristi Enrico Costa e Beatrice Lorenzin si sono apertamente schierati contro la legalizzazione della cannabis. Il gran numero di emendamenti presentati in commissione, e l’approdo in Aula senza relatori, lasciano intendere il clima di conflitto con cui le Camere torneranno ad affrontare l’argomento. Soprattutto al Senato, dove gli equilibri sono in bilico. «E dove sulle libertà civili domina un atteggiamento arcigno, torvo, di ispirazione conservatrice» racconta il presidente della commissione per i diritti umani Luigi Manconi. Della Vedova esprime un moderato ottimismo: «La partita è aperta». Del resto a Montecitorio basta raccogliere il consenso di circa 90 deputati – oltre ai firmatari del ddl – per avere la maggioranza. Un fronte rigorosamente trasversale, insiste il senatore. Che chiede di lasciare fuori dalla contesa il governo.
«È una legge razionale, laica e molto liberale» racconta il deputato di Possibile Pippo Civati. Ma in Parlamento è già scontro. Nonostante sia stata raccolta una vasta adesione, molti parlamentari restano fermamente contrari al provvedimento
Le motivazioni dei firmatari sono note. La legalizzazione della cannabis, spiegano, avrebbe effetti positivi sulle casse dello Stato. Ma anche sulle conseguenze socio sanitarie del fenomeno. Le esperienze rilevate all’estero, insistono, dimostrano che la legalizzazione si accompagna sempre a una diminuzione del consumo. Senza tacere della sicurezza. «Basta pensare che centinaia di migliaia di poliziotti e migliaia di magistrati sono impegnati per combattere un crimine di scarsissimo allarme sociale come il consumo della cannabis» insiste Della Vedova. E poi c’è una questione di logica. «Altre sostanze creano dipendenze molto più pericolose e danni più gravi. Ma nessuno ha mai pensato di proibire alcolici e tabacco».
A Montecitorio il primo firmatario della proposta di legge è il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti. «Dati alla mano – scrive il deputato del Partito democratico – come ha più volte riconosciuto la stessa Direzione Nazionale Antimafia, ormai possiamo ragionevolmente affermare che l’impostazione repressiva sin qui adottata è stata fallimentare rispetto agli obiettivi perseguiti. In estrema sintesi si è dimostrato che una legislazione proibizionista non è riuscita ad arginare l’influenza economica e politica delle organizzazioni criminali, né la diffusione delle droghe leggere».
«Legalizzare non significa promuovere – spiega Roberto Saviano in un videomessaggio – Significa regolamentare, quindi controllare un mercato immenso in mano alle mafie». Secondo alcune stime pari a 15-30 miliardi
È d’accordo con lui Roberto Saviano. Dopo un lungo articolo su Repubblica, lo scrittore torna sull’argomento. In un breve videomessaggio inviato all’intergruppo parlamentare per la legalizzazione della cannabis, prova a rispondere ai critici. «Legalizzare non significa promuovere – così Saviano – Significa regolamentare, quindi controllare un mercato immenso in mano alle mafie». Secondo alcune stime pari a 15-30 miliardi. A detta dello scrittore, nei paesi che hanno già intrapreso un percorso di legalizzazione – dal Portogallo all’Uruguay, passando per diverse realtà degli Stati Uniti d’America – i benefici sono stati immediati. «La legalizzazione ha portato in tutti i paesi a una diminuzione del consumo e alla sottrazione dei capitali criminali. Decidere per la legalizzazione significa sottrarre denaro al terrorismo islamico, sottrarre denaro alle mafie, abbassare i consumi, portare molta più consapevolezza».