Il curriculum europeo è una bufala (e in Europa non l’ha mai usato nessuno)

Proposto dall'Unione all'inizio degli anni Duemila, il curriculum in formato europeo ha fatto perdere migliaia di ore (e forse anche opportunità di lavoro) a un'intera generazione di italiani. E anche se in Europa non l'ha mai usato nessuno, in Italia in molti pensano ancora che serva a qualcosa

Nelle ultime ventiquattro ore, tra chi non ha mai trovato un lavoro con un curriculum e chi invece invita il ministro Poletti a sbucciarsi le ginocchia nei campetti di qualche periferia, in pochi non hanno ceduto alla tentazione di intervenire nel dibattito. Eppure, tra tutto questo clamore, è passata inosservata uno dei momenti più bassi della storia universale dei contatti lavorativi: il curriculum europeo, una roba grottesca, kafkiana, di quelle che non stonerebbero affatto come protagoniste in qualche striscia di Zerocalcare.

Per chi è nato negli ultimi vent’anni del Novecento, il solo sentirlo nominare, questo dannato curriculum europeo, provoca crisi di nervi, riso isterico e, quando va bene, una risata amara pensando a tutto il tempo — mediamente una giornata intera di lavoro — che ci hanno fatto perdere su una cosa completamente inutile.

Era il 2002 quando la Commissione Europea, probabilmente in una delle sue sedute meno frequentate di sempre, approvò la proposta di uniformare la compilazione del curriculum in tutta Europa, scegliendo un modello denominato poi Europass. All’epoca il ministro del Lavoro non era Poletti, era Roberto Maroni e quel modello fu preso alla lettera e spacciato non solo come obbligatorio, ma proprio come propedeutico alla selezione del personale di qualsiasi azienda, per qualsiasi posto, dalla babysitter al primario di chirurgia maxilofacciale.

L’impatto della vulgata che pretendeva di dipingere il curriculum vitae in formato europeo come l’unico modo di partecipare a una selezione del personale ha avuto effetti devastanti in Italia, tanto che gli stessi consulenti del ministero del Lavoro lo usano ancora, con effetti grotteschi. Sette pagine fitte di date, competenze, referenze, descrizioni dell’occupazione del proprio tempo a partire dal liceo fino al giorno precedente all’invio. Dentro ci stava tutto: dalle lingue parlate — tra le quali entrava automaticamente lo spagnolo livello base (tanto è uguale all’italiano) e l’inglese livello medio (tanto i film li guardo con i sottotitoli) — fino ai lavoretti estivi di quando si era ragazzini e che, con il posto per cui ci si presentava, c’entravano come i cavoli a merenda.

Il risultato? Centinaia di migliaia di curriculum verbosi, inutili, non calibrati, noiosi da scrivere e noiosi anche solo da guardare, figuriamoci da leggere; curriculum su cui campeggia l’aggettivo “europeo” e la bandierina dell’Unione, ma che in Europa tutit sconsigliano e nessuno usa.
Ah, sì, perché quello che noi chiamiamo ancora CV europeo, in Europa non l’ha mai usato nessuno. Perché in Europa, un curriculum deve stare in una pagina, deve essere arioso, sintetico, calibrato sulla posizione lavorativa e, udite udite, il consiglio è quello di non mandarlo, come si dice, “a freddo”, ma dopo aver creato delle relazioni con la struttura a cui si va a bussare alla porta, magari non proprio una partita a calcetto, ma insomma, ci siamo capiti.

Una nota, giusto come provocazione finale: il curriculum vitae, fintanto che è un oggetto lungo, noioso, pesante, da inviare a cento persone diverse al giorno, con cento lettere di accompagnamento tutte uguali, rimarrà sempre la sabbia tranquillizzante in cui infilare la testa quando non si sa dove sbatterla, un po’ per automatismo, un po’ come diffusione di responsabilità verso i cattivi datori di lavoro che non li guardano nemmeno, quei benedetti curriculum.

Se il curriculum servisse veramente a qualcosa, la metà delle informazioni che quella schifezza di Europass ti chiede di inserire dovrebbero programmaticamente essere espunte. L’unico curriculum cheha un senso è anonimo, non tiene conto di data di nascita, foto, indirizzo, scuole frequentate. Quelle sono le informazioni che servono per capire chi sei, non cosa sai fare. E curriculum o meno, quella meritocrazia di cui vi riempite tutti la bocca (e che non è affatto democratica come pensate, come scrivevo qui) è esattamente scegliere le persone per cosa sanno fare, fregandosene di chi sono.

X