Il disegno di legge sulla concorrenza festeggia due anni. Celebrazione triste, per un provvedimento presentato in Parlamento ventiquattro mesi fa e ancora lontano dalla definitiva approvazione. Vittima di pressioni e veti incrociati, la riforma si è insabbiata da tempo al Senato. Lo scorso agosto la commissione Industria ha licenziato il testo, da mesi si attende il suo approdo in Aula. Secondo le ultime decisioni della capigruppo l’atteso esame dovrebbe iniziare tra un paio di settimane. I primi giorni di aprile. Il condizionale è d’obbligo, vista la lunga serie di ritardi. Intanto il Paese resta in attesa. Dalle farmacie all’energia, passando per i trasporti e le assicurazioni, i settori toccati dal provvedimento sono numerosi. Forse persino troppi.
Ed è proprio questo il motivo di tanti ritardi, raccontano. «La situazione ormai è diventata imbarazzante» ammette il senatore Luigi Marino, esponente del gruppo Alternativa Popolare – Centristi per l’Europa e relatore del disegno di legge. «Il provvedimento era pronto già dalla scorsa estate, ma per non urtare la sensibilità degli elettori che potevano essere colpiti da specifiche misure si è preferito rinviare». E così si torna al referendum costituzionale dello scorso dicembre. Per evitare di scontentare alcune categorie, il governo avrebbe preferito posticipare l’approvazione della riforma. Illazioni tutte da dimostrare, certo. Come le indiscrezioni di chi addebita tanti ritardi ai dissidi tra l’ex premier Matteo Renzi e il titolare dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, grande sponsor dell’intervento. Il risultato è quasi paradossale. «Più che una legge annuale – ha riconosciuto pochi giorni fa lo stesso ministro Calenda – sta diventando un piano quinquennale».
Dopo una lunga attesa, l’esame nell’aula del Senato dovrebbe iniziare tra un paio di settimane. I primi giorni di aprile. Il condizionale è d’obbligo, vista la serie di ritardi. Intanto il Paese resta in attesa. Dalle farmacie all’energia, passando per i trasporti e le assicurazioni, i settori toccati dal provvedimento sono numerosi. Forse persino troppi.
E dire che molte delle misure sono attese da tempo. Gli interventi riguardano assicurazioni, fondi pensione, comunicazioni, servizi postali e farmaceutici, banche, distribuzione di carburante e campo energetico. Proprio le novità sull’energia sono state tra le più discusse. Dal 1° luglio 2018 è prevista l’eliminazione del regime di “maggior tutela” per gas ed elettricità. È la disciplina che finora ha previsto la possibilità, per i consumatori, di non scegliere un fornitore sul libero mercato e di continuare a pagare il servizio con le tariffe fissate dall’Autorità per l’energia. I fautori della liberalizzazione prevedono riduzioni dei costi a seguito del passaggio di 20 milioni di utenti domestici sul mercato libero (circa due terzi del totale sia per elettricità che per gas). Gli oppositori – tra cui le principali associazioni di consumatori – vedono nelle tariffe fissate dall’Autorità uno strumento per calmierare quelle degli altri operatori e ricordano che finora le tariffe tutelate sono state minori di quelle libere. Contestata è anche la fase di transizione: chi è oggi nel mercato a maggiore tutela, se entro il primo luglio 2018 non avrà scelto un operatore sul mercato, sarà spostato verso un servizio di salvaguardia, che sarà aggiudicato con un‘asta. I prezzi di queste tariffe saranno però tali da favorire un passaggio al mercato, cioè alti. Secondo quanto riporta Staffetta Energia, è possibile uno slittamento di sei mesi della data di avvio del nuovo regime.
C’è poi il capitolo farmacie: con il ddl concorrenza possono essere di proprietà anche di società di capitale, sebbene con un limite del 20 per cento delle farmacie esistenti in una regione o provincia autonoma. Questo tetto, come preannunciato dagli stessi relatori, dovrebbe scendere al 15 per cento. Sul fronte dei professionisti arriva anche in Italia la possibilità che soci di capitali entrino all’interno delle compagini di avvocati. I soci non professionisti non potranno però superare il limite di un terzo del capitale sociale e fermo restando il principio della personalità della prestazione professionale. Ma ci sono anche interventi più mirati. Sono previsti ostacoli al telemarketing selvaggio, con la proposta di allargare il registro delle opposizioni agli smartphone. Mentre sul fronte delle assicurazioni, sono due le principali novità: gli sconti agli automobilisti “virtuosi”, cioè quelli che non provocano incidenti nelle province dove il tasso di sinistri è più elevato. E gli sconti per chi installi la cosiddetta scatola nera.
Dopo l’approvazione al Senato, il disegno di legge dovrà tornare alla Camera per la terza lettura. Un ultimo passaggio “blindato”, assicurano dalla maggioranza. Con la speranza di veder definitivamente licenziata la legge entro l’estate. Intanto il transito a Palazzo Madama introdurrà ulteriori novità. Tra le nuove misure è prevista una norma “anti-scorrerie”. Un intervento nato per volontà del ministero dello Sviluppo Economico in seguito alla recente battaglia tra Vivendi e Mediaset. Di fatto si prevede l’obbligo, per chi acquista una partecipazione in società quotate, di fornire ulteriori informazioni sui propri piani industriali. Ma nel provvedimento sarà inserita anche una norma che cancellerà il blocco per i bus low cost di Flixbus. Un’altra vicenda tormentata. Nell’ultimo milleproroghe era stato inserito un passaggio in cui si limitava la possibilità di operare su tratte interregionali solo alle società che si occupano principalmente di trasporto. Non la piattaforma Flixbus, quindi, che si appoggia a società di trasporto terze. Adesso arriva il ripensamento. Necessario per aprire il mercato a nuove realtà imprenditoriali e attrarre investimenti in Italia.
«La situazione ormai è diventata imbarazzante» ammette il senatore Luigi Marino, esponente del gruppo Alternativa Popolare e relatore del disegno di legge. «Il provvedimento era pronto già dalla scorsa estate, ma per non urtare la sensibilità degli elettori che potevano essere colpiti da specifiche misure si è preferito rinviare»
Torna d’attualità anche il confronto sul trasporto pubblico non di linea. Mentre oggi i taxi confermano lo sciopero, il provvedimento dovrà occuparsi anche del settore delle auto bianche. In particolare si tratta di scrivere i principi per attuare la delega di riordino del settore. Sullo sfondo la battaglia contro Uber, che prosegue da quando il decreto Milleproroghe ha rinviato per l’undicesima volta le norme anti-Ncc. Quelle, cioè, che prevedono per gli Ncc il “divieto di sosta in posteggio di stazionamento su suolo pubblico nei comuni ove sia esercitato il servizio di taxi”. Ossia l’obbligo di tornare in rimessa tra una corsa e l’altra. Una bozza di decreto sul tema, presentata nei giorni scorsi dal governo, è stata bocciata sia dai tassisti, che hanno confermato lo sciopero considerando le aperture insufficienti, sia da Uber.
Un bilancio sul ddl concorrenza? Non tutti sono d’accordo sulle misure prese. Il lungo confronto parlamentare e i continui ostruzionismi, racconta qualcuno, avrebbero finito per annacquare eccessivamente l’intervento del governo. Con il rischio di ottenere l’effetto contrario. «Il provvedimento? È talmente brutto che sarebbe decisamente meglio se non venisse nemmeno approvato, non almeno in questa pessima versione» ha spiegato pochi giorni fa il presidente dell’Unione nazionale consumatori Massimiliano Dona. Merito dei lobbisti in azione tra Camera e Senato? «L’obiettivo di questo disegno di legge è aumentare la produttività del Paese attraverso una maggiore concorrenza. E in parte lo abbiamo raggiunto» racconta a Palazzo Madama il relatore Marino. Le misure restano incisive, spiega il senatore. In grado di rilanciare molti settori coinvolti. «Il grande ritardo dimostra proprio che il provvedimento non è insipido né indolore. Esattamente il contrario, ha molti aspetti di un’autentica riforma». A lasciare qualche dubbio, semmai, è la forma dell’intervento. L’esperienza del ddl concorrenza dimostra tutti i limiti del disegno di legge. «È un provvedimento omnibus, troppo corposo – insiste il relatore – Forse in futuro le leggi sulla concorrenza dovrebbero essere più mirate».