La storia mai raccontata dei suicidi nelle università Usa

In Usa il suicidio è la seconda causa di morte tra gli studenti universitari, ma si prefersice non parlarne, perché la debolezza (mentale) non è socialmente accettabile

“Tutti i giorni agli studenti viene negata la possibilità di ricevere il trattamento di cui hanno bisogno, e molteplici tentativi di suicidio e svariati decessi vengono ignorati ogni semestre. Le università devono fare qualcosa per cambiare l’atmosfera, e i membri dell’amministrazione, gli insegnati e gli studenti devono partecipare alla creazione di canali migliori per aiutare chi ne ha bisogno”.

Recita così la petizione online lanciata qualche settimana fa su change.org dalla studentessa della Columbia University Jacqueline Basulto, con l’obiettivo di migliorare gli interventi delle istituzioni universitarie riguardo i problemi di salute mentale e di suicidio.

Un’analisi statistica svolta controllando decine di università americane sui servizi di salute e prevenzione mentale, ha fatto emergere dati preoccupanti: gli studenti spesso devono aspettare settimane per avere un appuntamento con uno specialista, e la lista d’attesa per la prescrizione di farmaci è intollerabilmente lunga. Un problema molto diffuso, ma di cui si tende a parlare poco. Talmente poco che gli ultimi dati relativi ai suicidi degli studenti universitari risalgono a ben 7 anni fa. Da allora solo il vuoto.

Ma i numeri parlano chiaro: la salute emotiva degli universitari ha raggiunto un livello bassissimo, al punto che il tasso di suicidi è pari al 7,5 su 100.000 degli studenti. Tra chi ha pensato al suicidio, il 92 per cento dei laureati e il 90 per cento degli universitari ha elaborato un piano specifico per farlo.
Gli uomini si suicidano 4 volte tanto rispetto alle donne, e d’altra parte le donne sono quelle che attuano più tentativi di suicidio: tre volte più spesso degli uomini. Tirando le somme: il tasso di suicidi tra giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni è triplicato rispetto al 1950, e attualmente il suicidio è la seconda causa di morte tra gli studenti universitari.

Una vera untold story , e sono proprio la superficialità e il silenzio su un tema così grave che preoccupano di più.

Gli studenti spesso devono aspettare settimane per avere un appuntamento con uno specialista e l’attesa per vedere uno psichiatra che possa prescrivere farmaci è drasticamente lunga. Questa è la storia mai raccontata dei suicidi universitari

Quello dei suicidi è un problema tanto psicologico quanto sociale: nella società dei consumi e dell’abbondanza il successo sembra essere alla portata di tutti. Spesso così non è, i più vulnerabili ne soffrono. Uno dei motivi per cui si parla poco del problema è la non-accettabilità sociale della debolezza mentale.

La cause? In primis la mancanza di soddisfazione personale, legata a eventuali “insuccessi” in ambito accademico. Questo perché le aspettative della società, l’altissimo livello di competizione all’interno degli atenei, e le pretese della famiglia, (oltre che, nel sistema Usa, le incertezze finanziarie legate ai costi dell’università) tendono a generare troppa pressione. Gioca un ruolo chiave anche la ricerca continua del perfezionismo, legata all’incapacità di raggiungere gli obiettivi preposti e alla difficoltà di adattamento al mondo adulto.

Tra le cause più comuni c’è la mancaza di soddisfazione personale e le aspettative troppo alte. Giocano un ruolo chiave anche l’altissimo livello di competizione e la pressione finanziaria legata ai costi dell’università stessa

Per portare alla luce il problema nella sua pienezza, sarebbe opportuna più trasparenza in primo luogo da parte degli stessi atenei. Favorire il dialogo all’interno del campus intorno alle questioni di suicidio sarebbe utile per includere tutte le parti interessate, coinvolgendo in misura maggiore il personale universitario, facilitando nel contempo lo sviluppo di programmi di supporto.

Gli specialisti sottolineano che spetterebbe all’intera comunità universitaria condividere le responsabilità e ridurre il rischio di suicidio. Inoltre le istituzioni universitarie hanno la responsabilità aggiuntiva di riconsiderare gli obiettivi di salute pubblica affinché si riduca l’incidenza di suicidabilità e si migliori la salute e il benessere generale della popolazione di studenti.

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