L’America ci spia tutti, ma noi ci preoccupiamo solo degli hacker russi

Le rivelazioni di Wikileaks definiscono meglio i contorni di una realtà già nota: gli Usa spendono oltre 53 miliardi di dollari per le loro agenzie di intelligence, molto più di quanto la Russia investe nella difesa

La nuova botta di rivelazioni di Wikileaks ha il grande pregio di riportare sulla terra una serie di fantasie che si erano levate come palloncini e che, come quelli, erano destinate a scoppiare appena arrivate in quota. Gli 8 mila nuovi file, per farla breve, ribadiscono quanto ci avevano già fatto sapere la soldatessa e analista dell’intelligence militare Chelsea Manning (all’epoca dei fatti, nel 2009, ancora con l’identità maschile di Bradley Manning) e, più avanti, nel 2013, l’ex tecnico della Cia e consulente della Nsa Edward Snowden. E cioè, che l’apparato spionistico degli Usa è in grado di intercettare tutto e tutti, e lo fa. Che erano finiti sotto controllo i telefoni di Hollande e della Merkel e di altri leader europei e asiatici, che grazie alla Rete Echelon (il programma avviato da Usa, Gran Bretagna, Australia, Canada e Nuova Zelanda) le nostre comunicazioni private sono esposte come se fossero pubbliche, che persino le ultime elezioni presidenziali in Francia erano state accuratamente “ascoltate”.

Il particolare più divertente delle ultime scoperte di Wikileaks è che, in aggiunta a tutto il resto, fin dal 2014 la Cia può utilizzare un software capace di intercettare le conversazioni che facciamo in salotto mentre guardiamo un qualunque programma con la smart Tv di cui andiamo tanto fieri e che riporta le nostre parole anche quando è spenta.

Tutti i Governi, democratici e no, si dotano di un apparato spionistico. Quindi che le spie spiino non desta scandalo. A patto, però, che si tengano i piedi (e i palloncini) a terra. Veniamo da una lunga campagna tesa a farci credere che il “mondo libero” sia ormai alla mercé degli onnipotenti hacker russi, capaci di mandare a monte le elezioni negli Usa e pronti, con qualche “baco” ben sistemato, a rovesciare l’Europa, cambiare l’esito di questo o quel voto, far vincere i populisti o chi per essi e così via. A un certo punto volevano convincerci anche del fatto che la vittoria della Brexit fosse dovuta agli smanettoni al servizio del Cremlino.

Le nuove rivelazioni di Wikileaks ribadiscono quanto già si sapeva, e cioè che l’apparato spionistico degli Usa è in grado di intercettare tutto e tutti. E lo fa

Una bella ed efficace campagna di disinformazione cui molti si sono prestati e che in effetti avrà reso orgogliosi coloro che l’hanno ideata e lanciata. Con ogni probabilità, gli specialisti di qualche agenzia d’intelligence. Come si diceva, le rivelazioni di Wikileaks definiscono meglio i contorni di una realtà già nota. Nel 2016 (si veda il rapporto Ihs Markit) la spesa mondiale per la difesa è stata di 1.570 miliardi di dollari. Il 40% di questa somma è stata impiegata dagli Stati Uniti che, dal 2011 a oggi, hanno speso in quel settore oltre mille miliardi di dollari. Nel 2016, inoltre, sono cresciute pure le spese per la Nato. La Russia, sempre nel 2016, ha investito nella difesa 48,5 miliardi di dollari che, per dare un’idea, sono appena più del doppio di quanto spende l’Italia. E con quella cifra il Cremlino si piazza al sesto posto nel mondo.

Già nel 2013 gli Usa, per il funzionamento delle loro 16 agenzie di intelligence (e teniamo presente che solo tra Cia e Nsa si parla di 110 mila dipendenti), spendevano 53 miliardi di dollari, investimento che nel frattempo è ancora cresciuto. In altre parole, per il solo spionaggio e controspionaggio gli Usa investono ogni anno più di quanto investa la Russia per l’intero apparato della difesa.

A fronte di tutto questo da almeno un anno ci martellano con il “pericolo russo” con gli hacker che, guidati dall’astuto Putin, vogliono sovvertire l’Occidente con qualche file. Di sicuro il Cremlino ha i suoi hacker e li usa, e altrettanto certo è che la Russia ha le sue spie e le usa. Ma le proporzioni e i pericoli sono quelli illustrati dai numeri, il resto sono chiacchiere.

Gli Uda, nel 2013, spendevano 53 miliardi di dollari per il funzionamento delle loro 16 agenzie di intelligence. Molto più di quanto la Russia investe nella difesa

Ed è proprio il caso più clamoroso, l’hackeraggio alla corrispondenza tra la candidata Hillary Clinton e John Podesta, collaboratore di antica data dei Clinton (fu capo dello staff quando Bill era alla Casa Bianca) e capo della campagna presidenziale di Hillary, a dimostrare che in tutte quelle chiacchiere c’è una bella percentuale di propaganda. È diventato un assioma, per alcuni, sostenere che la Clinton abbia perso le elezioni perché “sputtanata” dalle mail hackerate.

Però non è vero. E lo dimostrano infiniti articoli della stampa internazionale pubblicati quando le mail furono per la prima volta divulgate, nell’ottobre del 2016. Prendiamo due quotidiani inglesi, non sospettabilidi simpatie trumpiane. L’Independent scrisse allora: “In un altro anno elettorale (le rivelazioni di Wikileaks, n.d.r) avrebbero potuto fare sensazione… queste, invece, non fanno che mostrare il dietro le quinte di una moderna campagna elettorale… non si capisce come queste mail poossano danneggiare la campagna elettorale della Clinton”. E il Guardian: “Non ci sono rivelazioni in grado di cambiare l’esito di questa campagna elettorale”. Solo dopo, a Donald Trump vittorioso, queste mail sono diventate importanti, anzi decisive.

E così, tra un leak e l’altro, anche questo “gomblotto” si sgonfia. A proposito: quelle di Wiki sono appunto leaks, cioè informazioni fornite da qualcuno che, come Manning o Snowden, era all’interno di una determinata organizzazione, le ha sottratte e ha deciso di farle uscire. Non a caso per la giustizia americana sono dei traditori, non a caso Manning si è beccata 35 anni di prigione e Snowden vive in esilio per non fare la stessa fine. Hackerare gli americani sulle cose importanti è, per loro fortuna, un po’ più complicato di quel che si racconta

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