Quando inizia una crisi un po’ tutto è concesso, quasi come a Carnevale.
Morgan lascia Amici di Maria De Filippi. E il ruolo di coach della squadra bianca di Amici di Maria De Filippi. E Maria De Filippi.
Partiamo da un presupposto scontato ma fondamentale: nessuno punta una rivoltella alla tempia destra di Marco Castoldi in arte Morgan mentre gli allunga un contratto tv per la partecipazione ad un talent. Se Marco Castoldi in arte Morgan accetta, e in genere, come ben sappiamo, accetta, lo fa probabilmente perché l’idea di mettersi due spicci da parte non fa schifo a lui come non fa schifo a nessun altro sulla faccia della terra.
Ah, e accetta anche per amore della musica, ci mancherebbe. Ovviamente. Dove sono, cosa sono e perché?
Riscoperta l’acqua calda, torniamo al punto: l’ex (?) frontman dei Bluvertigo lascia Amici di Maria De Filippi. L’annuncio ufficiale è dato dalla stessa “Sanguinaria” in una lettera piuttosto lunga, se consideriamo il suo stile generalmente asciutto, in cui racconta di tutte le opportunità date a Marco Castoldi in arte Morgan, di ogni tentativo fallito di ricucire un rapporto lavorativo logoro fin già dalla prima puntata. Di sottofondo, Sky si fa due risate.
Oltre alla mera notizia, il punto è un altro: Marco Castoldi in arte Morgan non vuole fare televisione.
Suo malgrado è bravo, bravissimo ad atteggiarsi all’interno di quella scatola. Dubitiamo però che riuscire a nuotare dentro una vasca di squali possa rendere i suddetti squali simpatici agli occhi di chi, maschera e boccale, ci si sta facendo largo a cagnolino. Assumerebbe più i contorni di una lotta, un tentativo di restare in vita senza poter davvero comunicare con l’avversario, semplicemente per il divertimento di chi frequenta quell’Acqua Park in quel determinato momento subito prima le meduse e un po’ dopo il pesce palla.
Se preferissimo chiamarla incoscienza, andrebbe bene lo stesso. Andaresene da Amici resta un atto ciecamente coraggioso, resta un tonfo così potente da poterne solo ammirare l’eco. E l’ego. Come se stessero demolendo un grande palazzo fatiscente e noi fossimo tutti pensionati davanti al cantiere
Questo non significa sposare il luogo comune per cui in televisione siano tutti squali. È però una chiave di lettura degli atteggiamenti di Marco Castoldi in arte Morgan che probabilmente, a torto o a ragione, quelle persone le vede così, questa situazione la vede così. Com’è quasi logico che sia per uno che è nato per fare il musicista e a un certo punto di musica non riesce a scriverne più, ritrovandosi, invece, a dover fare i conti con le velleità canore dello Strego, chiunque sia. Ho il sospetto che non sia un buon esempio.
Se a una persona si toglie, o se da sola si leva, l’unica passione che la fa sentire viva, che la fa sentire, ecco, basterebbe questo, non si può pretendere che intraprenda un percorso regolare. Non ce ne sono più, di regole. So che rimarrò distratto per un po’ e quindi rimarrò altrettanto distante.
Forse stiamo semplificando troppo, forse no. Magari stiamo abboccando a un pesce d’aprile in ritardo, a uno scherzo di Carnevale. Resta il fatto che non stiamo parlando di Freddie Mercury, ma nemmeno di Orietta Berti. Marco Castoldi in arte Morgan ha fatto qualcosa con i Bluvertigo, ha rappresentato una generazione di persone e l’ha fatto col pregio di non essere Benji e Fede. Da solista ha regalato a chi l’ha capito uno dei dischi italiani più riusciti delle ultime decadi, Le Canzoni dell’appartamento, non la robetta hipster che ha preso piede più o meno da lì in poi. Ha scritto canzoni, Amore Assurdo, per citarne una, che avevano la presunzione e il diritto di rimanere e che però poi sono rimaste solo nelle cuffie di uno sparuto zoccolo duro di fan del vintage.Marco Castoldi in arte Morgan del genio oggi ha solo l’incoerenza ma oggi avere il coraggio dell’incoerenza non è cosa da tutti i giorni. Non l’incoerenza posata dei rapper comunisti col rolex, quell’incoerenza vera per amor della quale ci si può sentire di bidonare Maria De Filippi in qualsiasi momento. Se preferissimo chiamarla incoscienza, andrebbe bene lo stesso. Resta un atto ciecamente coraggioso, resta un tonfo così potente da poterne solo ammirare l’eco. E l’ego. Come se stessero demolendo un grande palazzo fatiscente e noi fossimo tutti pensionati davanti al cantiere. Ogni volta che qualcosa non va.
Se prima si potevano apprezzare le sue parole in musica, gli arrangiamenti, quei Cieli Neri lì dei bei tempi andati, oggi restano le rovine di un passato glorioso che non si sa mai possa tornare ad essere futuro o addirittura presente. Magari un futuro migliore del penultimo, catastrofico, Festival di Sanremo in cui Castoldi e compagnia hanno avuto l’indecenza di tornare a farsi vedere su un palco. E pensare che nel lontano 2001 avevano portato all’Ariston L’Assenzio (sì, un po’ prima di Fedez e J Ax). Ultimissimi con lode, subito dopo i Quintorigo. Quall’anno, per la cronaca, vinse Elisa, oggi coach della squadra blu di Amici di Maria De Filippi. Ognuno tiri le dovute conclusioni, se dovesse trovarne. Molto spesso una crisi è tutt’altro che folle, è un eccesso di lucidità.
Conclusioni sparse a parte, la speranza ora è che tutto non si riveli una grande trovata pubblicitaria a fronte del calo d’ascolti dell’ultima puntata, la speranza cieca, insomma, che dopo aver distrutto quel grande palazzo fatiscente, non ci ricostruiscano sopra il parcheggio di un centro commerciale. Non sarebbe poi così strano, sarebbe, questa sì, una storia di tutti i giorni. E malgrado sembri male, cambia solo il modo di giudicare.