Quando le persone cominciano a usarle poi, purtroppo, non finiscono più. Sono le parole nuove: entrano nel dizionario e da quel momento non le ferma più nessuno. La questione è, allora, come facciano a entrare: non è un processo lineare. Spesso le parole nascono dal nulla, si impongono all’improvviso nell’uso (il caso più ovvio è quando accompagnano una nuova tecnologia, per esempio) e nessuno le può scalzare. Altre volte, invece, hanno un successo inspiegabile, nato sull’onda di una battuta, di una frase che si imprime nell’immaginario collettivo. Lo rappresenta e lo ripresenta.
Uno dei generatori più importanti di parole nuove è proprio la rete. Internet, a conti fatti, è il responsabile di una nuova sezione del vocabolario (e la stessa parola “internet” ne fa parte). Molte di queste sono prestiti dall’inglese, lingua sempre molto generosa quando si tratta di esportare significati ed espressioni all’estero. Ormai mail, net e app sono linguaggio corrente, e vengono tutte da lì. Ma la parola meme, per essere precisi, è più antica ed è stata inventata da Richard Dawkins. Parlava di “geni egoisti” e non pensava a immagini divertenti, di bassa qualità e di alto consumo prodotte in massa dagli utenti della rete. Ma le parole hanno destini imprevedibili (si pensi anche a “educazione”, una volta era solo la politeness, oggi è anche sinonimo di istruzione e formazione).
Insomma, le parole vanno e vengono. Assumono significati, si espandono e a volte definiscono epoche e territori. Accompagnano la vita di ogni giorno, il lessico ufficiale e i problemi quotidiani. Nascono spesso, a volte muoiono. Certe volte resuscitano, come zombie, assumendo nuovi significati. La loro strana e interessante storia, che riguarda un pubblico più ampio rispetto ai linguisti e agli specialisti, viene raccontata in questo bel video: