Per favore, risparmiateci il ritorno dei partitini

Tante ambizioni, pochi voti: la legge elettorale ha riportato in vita decine di liste extra small. Le sigle centriste spuntano un po’ ovunque, basta distrarsi un attimo e si perde il conto. Un fenomeno curioso e senza logica: più cresce l’astensionismo, più aumenta l’offerta dei partiti

L’invasione delle cavallette. La piaga d’Egitto toccata in sorte alla politica italiana ha la forma di uno sciame di partitini. Piccoli, voraci, agguerritissimi. Più si avvicina la campagna elettorale, più spuntano nuove sigle. È la scomoda eredità del Rosatellum: la legge elettorale che favorisce le coalizioni ha riportato in vita aspirazioni che sembravano superate. E così ecco tornare i partitini personali, formazioni spesso ricche di ambizioni ma prive di voti. Attorno alle coalizioni di centrodestra e centrosinistra si aggregano folle di piccole liste, un’agitazione che ricorda da vicino un formicaio impazzito. Intanto qualcuno è già arrivato a contare una trentina di sigle.

Nel centrodestra la situazione è particolarmente complessa. Al fianco di Forza Italia si è saldato ieri un fronte moderato che definire allargato è persino riduttivo. Il nuovo soggetto si chiama Noi con l’Italia: sul simbolo campeggia una fascia tricolore su sfondo blu. Dentro c’è un po’ di tutto: gli ex montiani di Enrico Zanetti e i reduci dall’esperienza di Alternativa Popolare guidati da Maurizio Lupi. Raffaele Fitto porterà in dote la sua creazione Direzione Italia, mentre l’ex verdiniano Saverio Romano guida i suoi Popolari e Autonomisti. Se supererà indenne i veti di Salvini, dovrebbe far parte della sfida anche l’ex leghista Flavio Tosi, leader di Fare. Del gruppo fa parte anche l’ex ministro Enrico Costa, ma non Gaetano Quagliariello, leader del movimento Idea, che all’ultimo ha deciso di sfilarsi. Un rassemblement moderato, ma non esaustivo. Ecco il problema, il mondo centrista è un magma in continuo movimento. I piccoli partiti si legano, si slegano, si uniscono e si scindono con velocità disarmante. E così anche per gli addetti ai lavori non è facile districarsi tra le tante novità dello scenario politico. Fuori dal listone moderato rimane l’Udc di Lorenzo Cesa, che all’ombra dello Scudo crociato potrebbe dare vita a un altro contenitore di centrodestra. Farà parte dell’avventura il sindaco di Benevento Clemente Mastella, che ha appena riportato in vita l’Udeur. E forse anche Gianfranco Rotondi e la sua Rivoluzione Cristiana. Mistero, invece, sul posizionamento di Energie per l’Italia, ennesima realtà politica d’area nata e cresciuta grazie all’impegno dell’ex candidato sindaco di Milano Stefano Parisi. E non è ancora tutto. All’orizzonte del panorama berlusconiano si individuano il movimento animalista di Michela Brambilla, i Popolari di Mario Mauro ormai confluiti in Forza Italia e la lista Rinascimento di Sgarbi e Tremonti.

È un fenomeno curioso, che forse sarà studiato nei prossimi anni. Mentre aumenta l’astensionismo, il numero delle liste torna a crescere. Una formula matematica di cui ancora sfugge la logica. Più sale la disaffezione verso la politica, più si moltiplica l’offerta dei partiti. Piccoli, voraci, agguerritissimi. Misteri della terza Repubblica.

Piccoli, ma convinti. Tutti ovviamente si considerano necessari. Ogni partitino è certo di rappresentare un valore aggiunto. Ciascuno crede di poter decidere gli equilibri elettorali e di determinare, magari con il proprio “zerovirgola”, la vittoria o la sconfitta del proprio schieramento. La legge elettorale fissa i paletti della scommessa: per entrare in Parlamento ogni lista ha l’obiettivo di superare lo sbarramento al 3 per cento. Ma basta conquistare l’1 per cento perché i voti raccolti, anziché disperdersi, finiscano alla coalizione di appartenenza. Il leader leghista Matteo Salvini perde la pazienza. Attacca l’esercito di “reduci e riciclati” che bussa alle porte del centrodestra. Invita Berlusconi a non trasformare la coalizione in un’arca di Noè dove ospitare tutta la fauna disponibile. Ma forse il segretario del Carroccio fa un torto all’alleato. La nuova tendenza è più ampia e interessa tutto lo schieramento politico. Tra appartenenza e interessi, ideali e poltrone, partitini in versione extra small si affollano anche dalle parti del centrosinistra.

Ancora una volta l’universo post democristiano è in ebollizione. Mille sfumature di scudi crociati. Intorno al Partito democratico si decidono le sorti dei Centristi per l’Europa di Pierferdinando Casini e della Democrazia Solidale di Lorenzo Dellai e Andrea Olivero. Sempre qui c’è una pattuglia di Alternativa Popolare, quella che ha deciso di confermare l’alleanza con il Pd. Ancora una volta i continui colpi di scena rendono difficile seguire il destino di ogni movimento. Non è raro perdere le tracce di questo o quel leader: Campo progressista di Pisapia è un’esperienza superata, ma che ne sarà del Centro democratico di Bruno Tabacci? Intanto in vista del voto si saldano in un’apposita lista elettorale il Partito Socialista e i Verdi. Forse ci sarà anche l’Italia dei Valori (sì, proprio quella di Antonio Di Pietro, che nel frattempo però è andato via). Completa il quadro la sfida lanciata dai radicali di +Europa. È un fenomeno curioso, che forse sarà studiato nei prossimi anni. Mentre gli italiani votano con minor convinzione e aumenta l’astensionismo, il numero delle liste torna a crescere. Una formula matematica di cui ancora sfugge la logica. Più sale la disaffezione verso la politica, più si moltiplica l’offerta dei partiti. Misteri della terza Repubblica.

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