Basta selfie e manifesti photoshoppati, per vincere le elezioni andate in strada a stringere mani

La campagna elettorale non è un gioco. Che sia il Senato o l’ultimo consiglio comunale, un libro svela i segreti per essere eletti e non fare la figura degli idioti. Tanta tv e pochi social. All’autoblù preferite il tram. Imparate a parlare. Non avete ancora stampato i santini? Lasciate perdere

Niente selfie, per favore. Sui manifesti evitate improponibili immagini photoshoppate, potrebbero rendervi irriconoscibili anche agli occhi dei vostri elettori. E poi basta social network: uscite per strada, girate per le piazze del vostro collegio, stringete mani. Andate in tv, ma senza esagerazione. Resistete alla tentazione e contenetevi. L’esperienza di Paolo Gentiloni non vi ha insegnato nulla? Se un premier così schivo alle interviste è anche il leader dall’indice di gradimento più alto, forse non è un caso. Che vi siate candidati al più piccolo consiglio comunale della Valsugana o che siate riusciti a strappare un collegio blindato per il Senato, non fa differenza. Ci sono piccole lezioni che nessun politico può ignorare. Suggerimenti e indicazioni che marcano la differenza tra un’elezione certa e la campagna più disastrosa che la storia repubblicana ricordi. Gennaro Pesante, giornalista all’ufficio stampa della Camera dei deputati, le ha raccolte in un interessante libro appena pubblicato da Historica Edizioni. Si intitola Lezioni di campagna elettorale, un divertente vademecum indispensabile per ogni politico, o aspirante tale.

Se la quasi totalità dei vostri contatti vi insulta sistematicamente sui social media non gridate allo scandalo e non fate la vittima. Piuttosto fatevi qualche domanda

Sono dieci lezioni imprescindibili, la boiata che vale un seggio è sempre dietro l’angolo. E così la caduta di stile che fa perdere faccia e voti. Meglio farsi trovare preparati. Ad esempio, come vi regolate in rete? «Se la quasi totalità dei vostri contatti vi insulta sistematicamente sui social media non gridate allo scandalo e non fate la vittima. Piuttosto fatevi qualche domanda». Va bene aggiornare Facebook, insomma, ma con moderazione. Il mondo non si è fermato in attesa di una vostra dichiarazione e non sempre è obbligatorio aggiornare Twitter ogni cinque minuti. Una campagna elettorale efficace si combatte ancora per strada e nelle piazze. Chi l’avrebbe mai detto? Un incontro e una stretta di mano valgono più di tanti post sui social, ricordate. Magari sembra strano, ma la comunicazione tradizionale resta la più importante. E un esempio lampante è il caro e vecchio santino. Non è un mezzo di propaganda, ma un’istituzione. Il simbolo stesso della vostra campagna. «Il santino è una scienza, una categoria a sé di tutta la comunicazione», scrive l’autore. Se dovete scegliere, meglio rinunciare a quell’attraente pagina internet, ma mai risparmiare sui costi del santino. «Perché quando un elettore entra nella fatidica cabina elettorale – dove sono vietati i telefoni cellulari, per capirci – nessuno vi potrà mai vietare di estrarre dalla tasca il bigliettino su cui c’è il nome e il volto sorridente del fortunato che sta per prendere la preferenza». Formato grande e leggibile, dunque. Ma abbastanza piccolo da entrare in tasca. Nome e cognome ben visibili, meglio se corredati da una fotografia. Ma che sia professionale. I selfie proprio no, vi renderebbero ridicoli e poco credibili. Del resto anche sui manifesti con cui tappezzerete le strade del collegio, meglio affidarsi a chi conosce il proprio lavoro. Anche in tipografia assicuratevi che nessuno abusi di photshop per rendere la vostra immagine più accattivante. Il risultato quasi sempre è ridicolo. Basta uscire di casa in questi giorni e guardarsi un po’ in giro per rendersene conto.

Sognate un seggio a Montecitorio o volete diventare sindaco del vostro paesino? Le regole sono sempre le stesse. E il rapporto con la televisione è imprescindibile. «Sarete qualcuno – scrive l’autore del libro – solo quando diranno di voi “L’ho visto in tv”, a prescindere da quello che avete fatto». È una verità forse amara, ma innegabile. Con buona pace di Jim Messina, in campagna elettorale il piccolo schermo batte i social quattro a zero. Ecco dunque un’altra lezione importante: che sia una prima serata su Rai Uno o un approfondimento sulla più piccola emittente del Nisseno, andate in tv. Ovviamente con giudizio. La sovraesposizione mediatica non paga mai. Basta chiedere consiglio a Matteo Renzi, che forse si è giocato il referendum costituzionale proprio per la sua onnipresenza televisiva. Semmai meglio scegliere un approccio berlusconiano, centellinando le proprie apparizioni con giudizio. Oppure, per chi preferisce il cinema, seguendo uno dei più citati insegnamenti di Nanni Moretti. «Mi si nota di più se vengo e mi metto in un angolo o se non vengo?».

Il libro dedica un apposito capitolo ai mezzi di trasporto. Prendete appunti ancora una volta. Mai comprare un’auto nuova prima della campagna elettorale e mai girare per il collegio con una rombante fuoriserie. Nel migliore dei casi i vostri elettori vi potrebbero scambiare per un ricco o un pieno di sé. Nel peggiore, per un idiota. Se pensate che sia una buona idea passare da un comizio all’altro con la vostra autoblù, probabilmente avete sbagliato mestiere. Molto meglio scegliere i mezzi pubblici. Ma solo se non è la prima volta che salite su un autobus: i viaggiatori riconoscono lontano un miglio i neofiti. «A farsi sgamare ci vuole un attimo – avverte l’autore – e avreste compiuto l’ennesima sciocchezza, non solo dal punto di vista della comunicazione». Capitolo staff, altro passaggio obbligato per ogni candidato. Il capo di gabinetto, il responsabile della segreteria e l’addetto stampa sono tutti ruoli di cui non potete fare a meno. Meglio scegliere persone fidate e capaci, evitando con attenzione amici e parenti. Particolarmente importante il ruolo dell’addetto stampa. È un giornalista, ma non serve che scriva bene. Piuttosto sarà il vostro lobbista. A lui il compito di diffondere il messaggio, senza nessuna puzza sotto il naso. «Non esiste, per voi e men che meno per l’addetto stampa, nessuna testata “minore”. Nessun giornalista reietto. Tutti hanno uguale importanza. In tempi di social network anche l’ultimo dei cronisti può fare danni irreparabili». Ogni strada per arrivare al vostro elettorato ha la stessa dignità. «Quando sarete invitati al talk show della minuscola tv locale voi ci andrete manco fosse Porta a Porta. E il conduttore di quel programma sarà il vostro Bruno Vespa. Chiunque egli sia».

«Sarete qualcuno solo quando diranno di voi “L’ho visto in tv”, a prescindere da quello che avete fatto». È una verità forse amara, ma innegabile. Con buona pace di Jim Messina, in campagna elettorale il piccolo schermo batte i social quattro a zero

Volete entrare in consiglio circoscrizionale? Aspirate a un ministero? Il rapporto con i media non può ignorare la stessa regola d’oro: i giornalisti devono essere lasciati in pace. Querele e minacce non risolvono le situazioni più imbarazzanti, semmai le peggiorano. Ecco perché di fronte a un articolo che vi mette in cattiva luce, meglio alzare le spalle. La pubblicità negativa non esiste. «Il peggio che vi possa capitare non è che qualcuno potrebbe parlare male di voi. Il peggio sarebbe se nessuno si accorgesse della vostra esistenza!». Piuttosto, imparate a parlare in pubblico. I comizi restano un passaggio importante per raggiungere i vostri elettori. Soprattutto quelli potenziali. Piuttosto che curare scenografie e improponibili accompagnamenti musicali badate al sodo. Concentratevi sui vostri discorsi. Provateli con i vostri collaboratori e verificatene l’efficacia. Imparate a stare sul palco. Le persone che vi ascoltano si aspettando di essere coinvolte e motivate, non vogliono vedervi leggere un testo scritto (chissà da chi, peraltro). In ogni caso, diffidate dal numero dei vostri spettatori. Come recita una delle massime più temute, non è raro che a piazze piene spesso seguano urne vuote. L’importante è conoscere le basi del mestiere e incrociare le dita. In attesa dei primi exit poll.

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