Il salotto di Porta a porta e le interviste di Barbara D’Urso battono Facebook. Alla faccia dei nuovi media, in campagna elettorale gli italiani si informano ancora in televisione. La diffusione di internet cresce esponenzialmente, soprattutto tra i giovani. Ma gran parte delle persone considera ancora poco attendibili le notizie online, in particolare quelle che incontriamo navigando nei social network. Più indietro i quotidiani. Ormai vengono letti con frequenza solo da una nicchia di cittadini, il 17,3 per cento della popolazione. Ma sono ritenuti una fonte affidabile. A conti fatti, gli spazi informativi privilegiati restano telegiornali e talk show.
Gli italiani sono ancora interessati a conoscere quello che accade, persino durante la campagna elettorale. E già questa è una notizia. Come certifica un interessante studio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, l’80 per cento dei nostri connazionali accede all’informazione tutti i giorni. Radio, internet, giornali… anche se il mezzo più diffuso resta il piccolo schermo. «La televisione rimane un medium centrale che continua a essere interrogato dalla maggioranza di coloro che cercano informazione» spiega il presidente dell’Authority Angelo Marcello Cardani. Il 90,3 per cento dei nostri connazionali si informa davanti alla tv, più o meno saltuariamente. Il 68,8 per cento lo fa tutti i giorni. Il rapporto presentato dal servizio economico-statistico dell’Agcom è ovviamente molto ampio, fotografa il consumo globale di informazione nel nostro Paese. Eppure è evidente che il dato assume un’importanza rilevante nella fase immediatamente precedente alle elezioni. Le informazioni con cui si viene in contatto hanno un chiaro impatto con la maturazione degli orientamenti politici. È in questo contesto che, molto spesso, nascono e si consolidano le scelte elettorali. Da questo punto di vista la “vecchia” televisione gioca ancora un ruolo da protagonista. Per frequenza di accesso, importanza e attendibilità percepite, resta il principale mezzo informativo.
Nella fase immediatamente precedente al voto le informazioni con cui si viene in contatto hanno un chiaro impatto con la maturazione degli orientamenti politici. È in questo contesto che, molto spesso, nascono e si consolidano le scelte elettorali. Da questo punto di vista la “vecchia” televisione gioca ancora un ruolo da protagonista
E poi c’è la Rete. Almeno quantitativamente, oggi in Italia le fonti di informazione privilegiate sono la tv e internet. Ormai il 70,2 per cento degli italiani si collega in cerca di notizie. Il 41,8 per cento delle persone lo fa tutti i giorni. Poco più di un quarto di tutta la popolazione definisce il web la principale fonte di informazione. E qui sorgono i primi problemi. «Come portatore e distributore di informazione Internet continua a essere usato da un numero sempre crescente di persone – spiega ancora il garante – Anche se l’affidabilità non aumenta in maniera proporzionale». Come si legge nel rapporto, «l’attendibilità percepita delle fonti informative online rimane mediamente inferiore rispetto all’affidabilità riscontrata per le fonti tradizionali». Il rapporto distingue due diverse categorie dell’informazione su internet: le fonti algoritmiche e quelle editoriali. Le prime sono le più diffuse (54,5 per cento). Il ruolo principale lo giocano social network e motori di ricerca. Quasi un italiano su cinque indica una di queste fonti «come la più importante all’interno della propria dieta informativa». Il rischio è sempre in agguato, e non si parla solo di fake news. «Le piattaforme digitali fungono da intermediari per l’accesso all’informazione online da parte dell’individuo – si legge nel rapporto -, accesso che molto spesso è frutto anche dell’incidentalità e casualità della scoperta delle notizie da parte dello stesso cittadino, che peraltro rischia di non avere pena consapevolezza circa la natura e la provenienza dell’informazione». Le news che ci arrivano sui social sono attendibili? E perché ci arrivano proprio quelle notizie? Il tema non è banale. Soprattutto considerando che i minori si rivelano grandi consumatori di social network a scopi informativi. «Più della metà di coloro che si informano su internet – si legge – li utilizza a tale scopo (55,8 per cento)». Eppure c’è da dire che molti utenti sono consapevoli dei limiti. Le fonti algoritmiche sono quelle in cui si riscontra la minore affidabilità percepita. «In particolare per i social network, ritenuti affidabili o molto affidabili da meno del 24 per cento di chi li consulta per reperirvi informazioni».
Ormai il 70,2 per cento degli italiani si collega in Rete in cerca di notizie. Il 41,8 per cento delle persone lo fa tutti i giorni. Molti utenti, però, sono consapevoli dei limiti. Le fonti algoritmiche sono quelle in cui si riscontra la minore credibilità percepita. «In particolare per i social network, ritenuti affidabili o molto affidabili da meno del 24 per cento di chi li consulta per reperirvi informazioni»
Con una specifica attenzione alla campagna elettorale, lo studio sottolinea un altro dato interessante. Le persone che sono maggiormente schierate dal punto di vista ideologico accedono con particolare frequenza alla Rete per informarsi sulle scelte politico-elettorali. «Si osserva che la polarizzazione opera già a livello di selezione del mezzo, per poi “viralizzarsi” a seguito delle azioni compiute sui social network dagli utenti più attivi e del concomitante operare di algoritmi personalizzati che appaiono favorire l’emergere di bolle ideologiche». Dal web alla carta stampata. Il 17,3 per cento degli italiani sfoglia tutti i giorni uno o più quotidiani. Il 60 per cento li legge, ma con minore frequenza. Insomma, i giornali «raggiungono ancora livelli di accesso non eccessivamente distanti da quelli di internet e della radio». Sicuramente sono considerati affidabili da chi li acquista. Come racconta Marco Delmastro, direttore del servizio economico-statistico Agcom, «i quotidiani raccolgono ancora una nicchia di cittadini che si informano in maniera attenta».
Sembra un paradosso. Ma in un’epoca caratterizzata dal flusso continuo di notizie, chi ne fa le spese è proprio l’informazione. La possibilità di accedere continuamente a numerosi mezzi, finisce per modificare profondamente l’uso dei media. E la deriva, sempre più presente, è quella di un consumo superficiale e disattento delle notizie. Il rapporto dell’Agcom si sofferma anche sulle diversità di accesso. Chi si informa di meno in Italia? I numeri sono limitati ma lasciano sorpresi. Esiste un 5 per cento della popolazione che non si informa affatto. Mai. Un 20 per cento si informa, ma solo raramente. Istruzione e condizione economica sono spesso i due fattori che incidono maggiormente. Bassa scolarità e basse condizioni reddituali caratterizzano le fasce sociali più escluse nell’accesso all’informazione. Discorso a parte per i giovani. Il tema è importante, anche perché sono queste le tendenze che interesseranno, un domani, l’intera popolazione. Ebbene, tra gli under 18 si distinguono due grandi profili. Ci sono gruppi di minori che ricorrono con frequenza a una pluralità di mezzi e fonti di informazione. E poi ci sono i disinteressati totali. Il 13 per cento dei nostri ragazzi non accede a nessun mezzo di informazione. E quando la fonte di notizie è unica, spesso si tratta di internet. Con tutti i rischi del caso.