Il consiglio definitivo di Aranzulla: “Imparate a disconnettervi, e disabilitate le notifiche”

Dopo quasi 16 anni di attività e con un sito che viene consultato da 500mila utenti al giorno, Aranzulla ha scritto un libro, "Il metodo Aranzulla" (Mondadori) per raccontare e condividere le cose che ha imparato su come si fa a tirare su un business da zero su internet

Chiunque abbia mai avuto un problema con un qualsiasi device o un qualunque software, ancora prima di sapere come risolverlo ormai pensa subito a un nome, quello del siciliano Salvatore Aranzulla. Nato nel 1990 in provincia di Catania, Aranzulla oggi è un personaggio praticamente mitologico, una specie di Piero Angela della divulgazione tecnologica, uno che ha iniziato a smanettare con un computer per caso, a 12 anni, e che già a 18 anni grazie alla sola pubblicità display di Google Adsense e al suo sitarello, all’epoca ancora amatoriale, fatturava abbastanza per pagarsi università e casa a Milano.

Ora, dopo quasi 16 anni di attività e con un sito, Aranzulla.it, che nel frattempo viene consultato da 500mila utenti al giorno, Salvatore ha scritto un libro, Il metodo Aranzulla, e ha organizzato due incontri con il suo pubblico — a Milano e a Roma — per raccontarsi, ma soprattutto per raccontare e condividere le cose che ha imparato su come si fa a tirare su un business da zero su internet. Occhio però a prenderlo per guru, perché non è uno di quelli che cercano di spacciarti segreti o formule magiche per diventare ricchi in X mosse: è una questione di tecnica, di strumenti, di una strategia studiata con accortezza.

«Quando ho iniziato a frequentarlo, internet era di nicchia», racconta con la voce resa gracchiante dalla connessione via skype [giuro, gliel’ho chiesto e mi ha confermato che era il metodo più affidabile per telefonare e registrare la chiamata], «ma soprattutto», continua «aveva una parte di community molto forte».

Cosa intendi per community? Che servizi frequentavi all’epoca?
Mi ricordo che quando tornavo a casa la sera e gestivo il sito, mi collegavo in chat su mIRC, un programma di messaggistica dell’epoca, dove riuscivo a entrare in contatto con appassionati di tecnologia che per me che iniziavo erano preziosi. Ma c’era anche una parte più giocosa, quella delle chat di Msn, per esempio, dove potevi parlare con singole persone o entrare in chat di gruppo. A quei tempi su internet ci conoscevi delle persone veramente, mentre oggi, anche se si parla di internet quasi sempre nella sua forma dei social network, mi sembra che sia la parte social sia la parte network si siano indebolite.

Che cosa intendi?
L’uso che faccio io dei social, per esempio, è unidirezionale, per me sono degli strumenti per veicolare le informazioni, ovvero esattamente l’opposto di quello che facevo quindici anni fa con le chat e i forum, dove le informazioni le scambiavo.

Insomma, internet era più social quando era meno social?
Sì, assolutamente.

«Ora quando abbiamo bisogno di una pausa ci disconnettiamo, perché la normalità è essere connessi, sempre. In molti momenti della giornata sento l’esigenza di essere offline, tipo quando scrivo e mi continuano ad arrivare input, messaggi, notifiche«


Salvatore Aranzulla

Come mai è cambiato in modo così sostanziale? Dicevi che internet è nato per condividere sapere e per giocare, ora invece si condivide ignoranza e ci si insulta. Che è successo?
Considera una cosa, che è molto importante per capire quanto e come sia cambiato internet nel corso della sua storia. All’epoca di cui stiamo parlando, le connessioni erano esclusivamente via computer fisso, non esistevano smartphone e anche la connettività era molto limitata. Internet era ancora una fase della tua giornata, mentre ora è diventata una condizione fissa che dura praticamente 24 ore su 24. Da ragazzino per esempio io mi collegavo per la prima volta dopo che ero tornato da scuola, entravo sulla posta e controllavo le mail prima di mangiare e di passare il pomeriggio a studiare e fare i compiti. Poi online ci tornavo alle 8 di sera. E se ti ricordi all’epoca ci collegavamo ancora con i modem a 56k, che erano a consumo e costavano meno la sera, il che confinavano la nostra vita online solo la sera, al massimo la notte, perché durante il giorno costava carissimo e sarebbe arrivata una bolletta salatissima.

Ora che rapporto abbiamo con internet?
La situazione ora è sostanzialmente opposta. Ora quando abbiamo bisogno di una pausa ci disconnettiamo, perché la normalità è essere connessi, sempre. In molti momenti della giornata sento l’esigenza di essere offline, tipo quando scrivo e mi continuano ad arrivare input, messaggi, notifiche.

Qual è il tuo rapporto con tutti questi input?
Ho disabilitato le notifiche di tutto. A me il dover rispondere mi crea un’ansia pazzesca. Se vedo il numerino rosso della notifica che appare su una app provo la necessità di risolverlo, che siano messaggi, mail, like. Quando lavoro ho bisogno di concentrarmi e questa continua sollecitazione me lo impedisce. Dieci anni fa riuscivo a concentrarmi molto di più di adesso.

Quanto è importante diffondere questa consapevolezza?
È molto importante. Farò prima o poi una sezione all’interno del mio sito dedicata appunto al detox da questa vita iperconnessa. Molte persone non si rendono conto neppure di essere nel bel mezzo di una dipendenza e che non riescono a combinare nulla durante il giorno, neppure studiare. Sono letteralmente sommersi dalle notifiche.

Credi che sia una sorta di sbronza che poi passerà?
I social network hanno tutto l’interesse a usare il sistema delle notifiche proprio perché garantisce questi effetti: ricevi una notifica e torni sul social network, e se torni ci passi più tempo, vedi più pubblicità e loro prosperano. Non credo quindi che ci si possa aspettare un cambio di strategia da parte dei social network, quello che credo sia doveroso sia una presa di coscienza da parte degli utenti, che deve entrare nelle impostazioni e disabilitare manualmente tutte le notifiche inutili. Io personalmente cerco di concentrare le comunicazioni su pochi strumenti, la mail soprattutto, altri li gestisco silenziando le notifiche, come Facebook o Whatsapp, altri addirittura li cancello, come ho fatto recentemente con Telegram, che pur non usandolo quasi mai mi mandava notifiche che mi trovavo a dover gestire. È che proprio mi crea ansia vedere quel numero rosso che non diminuisce mai. Qualche giorno fa poi, che era il mio compleanno, è stato un inferno, ho ricevuto centinaia di messaggi. Alla fine della giornata per educazione ho risposto a tutti, ma ho dovuto sottrarre un sacco di tempo a tutto il resto.

Personalmente cerco di concentrare le comunicazioni su pochi strumenti, la mail soprattutto, altri li gestisco silenziando le notifiche, come Facebook o Whatsapp, altri addirittura li cancello, come ho fatto recentemente con Telegram


Salvatore Aranzulla

Quando ti sei accorto che il tuo lavoro era sostenibile?
Avevo diciott’anni e dovevo pagarmi gli studi all’Università e, visto che i miei genitori non avevano la possibilità di mantenermi, dovevo inventarmi qualcosa per avere degli introiti. Fu in quel momento che pensai di provare a mettere dei banner pubblicitari all’interno del sito, che già esisteva da qualche anno e, solo il primo mese, guadagnai il doppio dello stipendio di mio padre. Mi resi conto che c’era una grossa opportunità di monetizzare questa mia passione di aiutare gli altri nel campo tecnologico e soprattutto mi resi conto che circa 300mila persone frequentavano il mio sito ogni mese. Era il 2008, ora considera che è visitato ogni giorno da mezzo milione di visitatori, stiamo parlando di 15 milioni di visite al mese. È tra i trenta siti italiani più visitati ed è il primo nella categoria tech in Italia, con una quota di mercato del 40 per cento. Significa che 4 italiani su 10 risolvono i loro problemi con la tecnologia visitando Aranzulla.it.

Immaginavi una cosa del genere?
Inizialmente ero contentissimo di guadagnare circa 3000 euro al mese. Potevo pagarmi gli studi ed essere indipendente. Mi sembrava un sogno. Non potevo certo pensare che sarei arrivato alle dimensioni di oggi.

Quando hai capito che il tuo non era più un sito amatoriale?
La svolta fu nel 2009, quando mi trasferii a Milano e iniziai a gestirlo in maniera più strutturata, ad aumentare la quantità di contenuti che veniva prodotta sul sito, da un articolo al giorno a molto di più.

A quante domande rispondete?
In tutto sono circa 8000 le domande a cui trovi risposta su Aranzulla.it grazie al lavoro mio e dei miei collaboratori, un lavoro che si basa molto sull’aggiornamento dei post già pubblicati, più che sul rispondere a nuove domande. Ti faccio un esempio: se si intitola “Come scaricare musica da internet” è inutile farne uno nuovo ogni volta che cambiano i metodi, per questo lavoriamo molto sul tenere gli articoli aggiornati, aggiungendo e correggendo informazioni, o rinfrescando le fonti, che nel tempo vanno controllate, perché se mandi i tuoi lettori su un altro sito devi appurare che quel sito funzioni bene, che non abbia pubblicità invasiva, per esempio, o che contenga le informazioni corrette.

In quanti siete a lavorarci?
Al momento ci sono otto persone a lavorare sul sito di Aranzulla.it, sono tutti collaboratori esterni, in remoto, perché la società non ha dipendenti. Una parte si occupano dei contenuti editoriali, un’altra dell’infrastruttura, della parte tecnica diciamo.

Voglio andarmene in pensione. E lo farò tra due anni, quando compirò trent’anni e mi ritirerò a vita privata. Mi fa molto piacere che mi fermino per strada per ringraziarmi, però mi manca la dimensione personale e privata. La deadline è il 24 febbraio del 2020


Salvatore Aranzulla

Come verificate le informazioni?
La regola su Aranzulla.it è che non forniamo mai informazioni che abbiamo per sentito dire, ma testiamo tutto quello che suggeriamo e aggiorniamo sempre i nostri contenuti. Per questo il lavoro di manutenzione dei contenuti ci occupa gran parte del tempo. Pensa che solo stamattina abbiamo dovuto cambiare manualmente 80 link in altrettanti articoli perché ci avevano segnalato che una delle pagine a cui linkavamo era piena di pubblicità invasiva. Quindi, visto che i programma in questione si poteva scaricare anche da un’altra fonte, abbiamo messo quella.

Perché hai scritto Il metodo Aranzulla?
La finalità di questo libro non è certo fare i soldi, e nemmeno quello dei due corsi di formazione che abbiamo organizzato a Milano e a Roma. Sono prodotti pensati non tanto per il profitto quanto per condividere parte di quello che ho imparato in questi anni di lavoro. Di questi tempi c’è tanta gente che perde il lavoro e ha difficoltà a reinventarsi ed è a loro che ho pensato progettando questo libro, da un lato raccontando le tappe fondamentali della mia vita da quando ho iniziato a fare questo lavoro, dall’altra le tecniche e gli strumenti che ho imparato ad usare. La speranza è dare a chi mi legge gli strumenti per provare a replicare la mia esperienza.

Credi davvero che Aranzulla.it sia un modello replicabile?
Be’, certamente non lo è nel settore del tech, visto che c’è già Aranzulla.it e che la sua posizione è talmente dominante che per insidiarla conviene comprarselo piuttosto che fondarne uno nuovo. O nella cucina, dove Giallo Zafferano è difficilmente superabile. Però ci sono tanti settori e campi specifici che sono ancora in qualche modo vuoti da questo punto di vista. C’è un mio amico, per esempio, che ha fondato qualche anno fa un sito che si occupa del settore green e benessere. Bene, in pochi anni seguendo il mio esempio è diventato il secondo in Italia nel suo settore. Questo perché in quel settore c’era spazio da occupare.

Ultima domanda: hai passato gli ultimi quindici anni a costruire un piccolo impero, cos’hai in mente per i prossimi quindici?
Eh eh eh, voglio andarmene in pensione. E lo farò tra due anni, quando compirò trent’anni e mi ritirerò a vita privata. Mi fa molto piacere che mi fermino per strada per ringraziarmi, però mi manca la dimensione personale e privata. La deadline è il 24 febbraio del 2020. Non so se poi riuscirò effettivamente a smettere del tutto di lavorare, ma ad oggi quello è il mio obiettivo. Naturalmente Aranzulla.it continuerà ad esistere e a funzionare come prima, solo che delegherò la gestione ai miei collaboratori.

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