La Scandinavia è l’istantanea della vita felice che non avremo mai. In Europa viviamo quotidianamente questo sogno ad occhi aperti: esiste infatti tutta una cultura legata all’immaginario scandinavo che da svariati anni ci sta colonizzando, influenzando il nostro gusto in fatto di abbigliamento, musica e stili di vita. Un immaginario cool che potrebbe essere riassunto in un sabato pomeriggio passato da H&M mentre si ascolta una playlist soft rock-pop-indie random su Spotify. Tazze fumanti ben in vista di fianco al Mac, maglioni larghi, risvoltini in fondo ai pantaloni, ciuffi biondi, zainetti molto hipster: il nord Europa non smette mai di ricordarci che siamo tutti figli dell’Ikea.
Non solo, i Paesi scandinavi sono anche conosciuti per la loro efficienza, e negli anni hanno sviluppato una vera e propria narrazione attorno alla loro alta qualità della vita, merito di un welfare estremamente sviluppato e funzionale. Ecco perché non è un caso se anche quest’anno le Nazioni Unite ci ricordano che i Paesi scandinavi sono i più felici al mondo. Infatti il 2018 World Happiness Report, pubblicato qualche giorno fa, indica la Finlandia al primo posto tra le nazioni in cui si vive meglio, lasciando alla Norvegia – che primeggiava l’anno scorso – la medaglia d’argento. In classifica seguono poi Danimarca, Islanda, Svizzera e Olanda. Un assedio nordico delle prime posizioni.
Ma come si misura la felicità? Per calcolare l’“Average Happiness Across Countries” l’Onu ha utilizzato otto criteri parecchio trasversali: il PIL pro capite, l’aspettativa di vita sana alla nascita, il supporto sociale (la media nazionale delle risposte binarie (0 o 1) alla domanda del Gallup World Poll (GWP) “Se sei nei guai, hai parenti o amici su cui puoi contare quando ne hai bisogno?”), la liberà di fare scelte di vita (Freedom to make life choices), la generosità, le percezioni di corruzione, il “positive affect” (media delle misurazioni degli effetti del giorno precedente per la felicità, risate e divertimento), e infine il “negative affect” (media delle misurazioni degli effetti del giorno precedente per preoccupazione, tristezza e rabbia). Ma l’aspetto più interessante dell’ultimo rapporto, visti i tempi che corrono, è il focus sull’immigrazione. “Sempre più spesso, con la globalizzazione le persone nel mondo migrano; e la maggior parte di questi migranti sta cercando una vita più felice. Ma riescono raggiungerla?”, si domandano gli autori del report. Anche questa nuova sensibilità premia la Finlandia, che ha ottenuto il punteggio più alto per il livello di felicità degli immigrati che vivono nel Paese.
Non è certo difficile trovare dati, prospetti e rapporti che tessono le lodi del sistema finlandese. Per fare chiarezza, in onore delle celebrazioni del centenario della Finlandia, Statistics Finland ha raccolto un lungo elenco di report internazionali che parlano da soli. In breve, i finlandesi fanno parte della società migliore del pianeta, in cui c’è soddisfazione e fiducia, uguaglianza, rispetto e cura per l’ambiente, un sistema educativo tra i migliori al mondo, mentre allo stesso tempo il Paese è estremamente innovativo, tecnologico, e tanto altro. Una favola meravigliosa.
A quanto pare i cittadini del Paese dei laghi amano molto le armi: la nazione infatti si trova al terzo posto nel mondo, dietro solo a Stati Uniti e Yemen, per possesso d’armi. Ma non solo. La Finlandia detiene anche il macabro titolo di Paese con il più alto tasso di omicidi dell’Europa occidentale, il doppio di quello del Regno Unito
C’è un però. Infatti dire che in Finlandia si viva davvero così bene è, come in tutte le analisi quantitative che tentino di definire in numeri aspetti della vita prettamente soggettivi, opinabile – tanto per dire, nella stessa classifica l’Italia detiene il 47esimo posto, giusto dietro a Uzbekistan, Kuwait e Tailandia.
La felicità non è un dato oggettivo. Ecco perché all’inizio del 2014 Michael Booth, giornalista britannico sposato con una danese da più di dieci anni e abituato a raccontare le bellezze della Scandinavia, ha deciso di dire: Nu er det nok! Adesso basta! Lo ha fatto pubblicando un libro (The Almost Nearly Perfect People – The Truth About the Nordic Miracle) che svela tutte le contraddizioni delle terre cartolina del nord Europa. Nello stesso periodo sul Guardian usciva un suo articolo pungente, ironico e destinato a fare clamore, che riporta i principali aspetti negativi della vita in ogni Paese scandinavo. Ecco allora che la Finlandia, da verde paradiso terrestre, si sporca un poco di peccato. «Sono molto affezionato ai finlandesi, persone molto pragmatiche e formidabili, con un senso dell’umorismo secco come il Sahara», ironizza Booth. E a proposito di clima insopportabile, in estate la Finlandia è infestata da insetti molesti; durante l’inverno invece, fa molto freddo. A quanto pare i cittadini del Paese dei laghi amano molto le armi: la nazione infatti si trova al terzo posto nel mondo, dietro solo a Stati Uniti e Yemen, per possesso d’armi. Ma non solo. La Finlandia detiene anche il macabro titolo di Paese con il più alto tasso di omicidi dell’Europa occidentale, il doppio di quello del Regno Unito; mentre ha di gran lunga il più alto tasso di suicidi dei paesi nordici.
Il venerdì sera si fa festa, e si beve tanto. A volte troppo, dato che l’alcol è la principale causa di morte per gli uomini finlandesi.
Passando all’economia, dopo il declino della Nokia e l’ascesa di Microsoft, l’economia finlandese è più che mai dipendente dalla vendita di carta. Il Paese infatti è completamente ricoperto di alberi. Letteralmente. «La vista è un po’ sempre uguale», fa notare il giornalista inglese. I finlandesi inoltre, sono un tantino reticenti. «La loro cultura è reattiva e di ascolto, gravata da tabù troppo pesanti da menzionare (guerra civile, seconda guerra mondiale e guerra fredda, soprattutto)», spiega Booth.
Infine, anche il mito dell’istruzione è tutto da rivedere. Nelle ultime classifiche Pisa le università finlandesi sono capitolate [dati analizzati fino al 2014 ndr.], e tutto ciò avviene dopo anni di episodi di cronaca nera che hanno lasciato il segno sia nel Paese che all’estero: a partire dall’incendio della cattedrale di Porvoo da parte di un diciottenne nel 2006, a cui sono seguite le sparatorie di Jokela da parte di una diciottenne nel 2007 e la sparatoria di altri 10 studenti nel 2008.
Nelle nostre università si gode appieno della vita universitaria e si vive perennemente in un ambiente internazionale assieme a molti studenti che vengono da altri Paesi. Ma il problema è che c’è troppo poco studio teorico
«Tutti sanno che l’istruzione in Finlandia è la migliore del mondo. Le persone però non capiscono che questo riguarda solo le scuole, e non le università» racconta a Linkiesta.it la finlandese Maria Gusarova, studentessa universitaria di Jyvaskyla, che in questo periodo sta vivendo a Milano da erasmus.
«L’istruzione nelle scuole è molto efficiente perché c’è una particolare attenzione verso gli studenti in difficoltà, così i professori non lasciano indietro nessuno e tutti rimangono in pari nel seguire il programma. Ma questo sistema ha anche degli aspetti negativi: infatti tende a standardizzare; ma questa è solo una mia opinione». Secondo Maria, la standardizzazione e la mancanza di fermento sociale accompagna i giovani Finlandesi lungo tutte le fasi di crescita. «Negli anni successivi la fine delle superiori, i Finlandesi solitamente lavorano per 2 o 3 anni; i ragazzi magari entrano nell’esercito – spiega la studentessa finlandese -. Loro amano fare quel genere di cose, si divertono molto. Dopodiché, entrano nelle università. Ma magari la motivazione principale è solo quella di godersi un po’ di vita universitaria».
Ed è forse proprio il sistema universitario, così all’avanguardia, internazionale ed inclusivo a lasciare spazio ad uno studio che rischia di essere superficiale. «Nelle nostre università non si dà molta importanza alla teoria, e buona parte dell’apprendimento si basa su elaborati e progetti di gruppo. Magari ci si concentra su uno o due frameworks, dopodiché si passa alla fase applicativa –fa notare Maria -. La differenza con l’Italia è che voi avete degli esami enormi e spaventosi, ma spesso i vostri professori non credono nel valore di quegli esami, perché ritengono che dopo averli superati gli studenti dimentichino velocemente ciò che hanno imparato. Nelle nostre università si gode appieno della vita universitaria e si vive perennemente in un ambiente internazionale assieme a molti studenti che vengono da altri Paesi. Ma il problema è che c’è troppo poco studio teorico: così, se non sei estremamente confidente nelle tue abilità, se non sei una persona che crede molto in sé stessa, rischi di non capire bene i concetti e di sentirti a un livello differente di chi è più brillante di te».
Se hai velleità imprenditoriali puoi iscriverti ad un’università in Finlandia, che è un ottimo Paese dove studiare. Poi però, probabilmente ritornerai al tuo Paese di origine per lavorare. Questo perché fare business in Finlandia è quasi impossibile: il mercato è davvero molto ridotto
Studiare, vivere in Finlandia è molto semplice. È un paese aperto agli scambi tra culture, ed ottenere il permesso di residenza è molto facile, anche perché la popolazione è estremamente esigua. Ciò però non vuol dire che sia semplice far funzionare un’attività in un paese sì accogliente, ma piccolo. «Se hai velleità imprenditoriali puoi iscriverti ad un’università in Finlandia, che è un ottimo Paese dove studiare. Poi però, probabilmente ritornerai al tuo Paese di origine per lavorare. Questo perché fare business in Finlandia è quasi impossibile: il mercato è davvero molto ridotto», ammette Maria.
Insomma, dopo aver sfatato il mito scandinavo: cosa ci resta della Finlandia, paese cartolina? «Ho parlato con molte persone, e tutte sono d’accordo sul sostenere che la Finlandia è il Paese perfetto dove vivere dopo i quarant’anni. Questo perché è sicuro, calmo, la natura è fantastica, ed è impossibile litigare con qualcuno. Tutto è uguale, tutte le città finlandesi si assomigliano ed è difficile perdersi perché in ogni cittadina c’è sempre un laghetto al centro, una grande strada e due supermercati principali. Tutto è globalizzato. Così in ogni centro ci sono i classici due negozi dove fare shopping: H&M e Marks & Spencer. Ci sono poi scuole e, fuori città, piccole case di fronte al lago: un paradiso se hai più di quarant’anni e hai dei figli piccoli», conclude Maria.
Ecco che tutto torna. La Finladia non è il Paese più felice del mondo, forse assomiglia più a una moderna e amena casa di riposo.