Lo Strega è tornato un premio letterario, ma tranquilli vince sempre Mondadori

La dozzina semifinalista del premio letterario più importante d'Italia, la prima composta secondo le nuove regole, è sorprendente sotto molti punti di vista, ma rischia di essere ancora più scontato del solito

PACO SERINELLI / AFP

Nessuno, o quasi, dei nomi fa parte dei soliti potentati; molti libri sono di case editrici indipendenti; un libro è addirittura una raccolta di racconti; per la prima volta, o quasi, c’è una parità assoluta tra uomini e donne; e ancora, da ultimo, la quasi totalità delle autrici e degli autori proposti sono sconosciuti al grande pubblico. Insomma, quando giovedì 19 aprile sono stati comunicati i 12 semifinalisti della edizione 2018 del Premio Strega, in molti tra i commentatori devono essersi strofinati gli occhi, come davanti a un miraggio, a un sogno diventato realtà del tutto inaspettatamente.

Il tavolo che ha imbandito il Comitato direttivo del Premio, forte delle nuove regole che hanno accentrato il potere su di loro togliendone, e tanto, agli Amici della Domenica e di conseguenza anche alle potenzialità strategica delle case editrici, è un tavolo che in pochi si sarebbero aspettati, talmente noioso e privo di potenziali ganci polemici che non sono pochi quelli che lo preferivano prima, quando ci si poteva scannare sulle polemiche e si potevano lasciare da parte i libri.

Ora invece no. Perché i 12 sono stati scelti e ora per poter far finta di saperne qualcosa toccherebbe leggerli. O forse no, perché l’operazione di rinnovo del premio resta in realtà un’operazione soltanto di facciata, che, togliendo potere ai medi editori ne ha ridistribuito un pochino, almeno in apparenza, alle piccole, riveste di nuovo il premio più importante d’Italia di una patina culturale, ma contemporaneamente lo rende ancora più scontato del solito.

C’è chi spera che finalmente questo sarà l’anno di una donna. Sarebbe auspicabile, visto che non si leggono nomi femminili in cima alla classifica finale da quindici anni, dal 2003, quando vinse Melania Mazzucco, attuale presidente del Comitato, con il romanzo Vita. C’è anche chi spera che possa vincere qualche editore che non sia della galassia Mondazzoli, presente quest’anno con tutte e tre le case editrici di bandiera — Mondadori, Einaudi e Rizzoli.

E invece, con ogni probabilità, né i primi né i secondi verranno accontentati. Perché, sì, è vero, il tavolo apparecchiato secondo le nuove regole appare a tutti gli effetti quello di un vero premio letterario, ma per come funziona il premio, basato sui voti dei 400 Amici della Domenica e di altri più di duecento tra esperti e gruppi di lettura, risulta decisamente poco probabile che non vinca Marco Balzano con il suo Resto qui, edito da Einaudi, un libro che ha funzionato bene sia in libreria che sui giornali, e che potrà contare sul gigantesco serbatoio di voti Mondazzoliani.

Un premio piatto, noioso e ancora più scritto di prima, dunque? Un’operazione che per certi versi potrebbe ricordare l’allargamento della Serie A a 20 squadre, che rese il campionato più bello del mondo una gara a senso unico e scontato — dal 2004, anno del cambiamento, hanno vinto in 3, Inter (5), Milan (1) e Juventus (6). Noiosetto, eh?

Se così sarà anche per il Premio Strega lo vedremo a inizio luglio, quando, dopo aver ridotto la dozzina a cinquina, si svolgerà la serata conclusiva. Eppure tutti gli indizi portano lì, gettando tra l’altro una luce diversa alla scelta di Feltrinelli, rinnovata anche quest’anno per il terzo anno di fila, di non partecipare al Premio. I beniformati dicono che alla casa editrice milanese toccherà il Premio Campiello, l’ultimo dei premi che fa votare, piuttosto che gli editori, gli autori o i librai, i lettori, che poi probabilmente sono rimasti gli unici che i libri li leggono sul serio.