Non è colpa di Facebook o della società: i bambini sono cattivi

Esplodono atti di bullismo e violenza fatti da ragazzini e ragazzine. Ed è sintomatico che l’opinione pubblica non faccia altro che deresponsabilizzarli, sostenendo che il male in un ragazzino sia esterno, indotto, artificiale

Il 45% degli intervistati da Amnesty International per l’indagine “Gli italiani e le discriminazioni”, diffusa ieri, ritiene che il bullismo sia in crescita tra i ragazzi e che lo sia soprattutto per colpa dei social network, che istigano alla violenza e, offrendole un palcoscenico incontrollato, la premiano.
Ne stiamo vedendo parecchi, ultimamente, di bulli: bulli burloni, bulli picchiatori, bulli rapinatori, bulli assassini. Sono diversi, fanno cose diverse, ma una cosa che hanno in comune, tutti, è che non è mai davvero colpa loro.

È il tempo, è la famiglia, è la scuola, è la televisione, è internet, è Facebook, sono gli adulti. In un libro per ragazzi che ha avuto molto successo qualche mese fa (si chiama L’uomo di gesso ed è la storia dell’orribile assassinio di due ragazzine), il protagonista dice a un certo punto che gli adulti non esistono e crescere è un’illusione: “diventiamo semplicemente più alti e ci crescono i peli”. È, forse, un invito a considerare che, se pure ammettiamo che esiste un’età più o meno precisa per fare le cose, non ne consegue che esiste anche un’età in cui esse si manifestano in noi. Il bene e il male, innanzitutto. C’è, invece, nella riflessione che la cronaca (sempre più impressionante) sugli adolescenti ci sta imponendo di fare, un vizio: l’idea che il male, in un ragazzino, sia sempre esterno, indotto, artificiale, perché la natura dei ragazzini lo ripudia. È una forma di illusione ottimistica assai simile a quella che faceva ritenere a Socrate che l’uomo compie il male per ignoranza del bene. O se si vuole, ontogenesi per filogenesi, una riproposizione del mito del buon selvaggio di Rosseau.

C’è, invece, nella riflessione che la cronaca (sempre più impressionante) sugli adolescenti ci sta imponendo di fare, un vizio: l’idea che il male, in un ragazzino, sia sempre esterno, indotto, artificiale, perché la natura dei ragazzini lo ripudia

Non eravamo preparati a leggere su un giornale, lo scorso febbraio, di sei ragazzine che hanno aggredito, insultato, inseguito e pestato, su un autobus, a Nottingham, una ragazza di diciotto anni, Mariam Moustafa, morta dopo molti giorni di coma e così, le accuse peggiori, l’opinione pubblica le ha riservate ai dottori che non sono intervenuti tempestivamente e ai passanti che hanno lasciato che “le bulle” agissero indisturbate.

Il New Yorker ha pubblicato, due settimane fa, mentre mezzo mondo si commuoveva per i liceali statunitensi scesi in piazza per chiedere al governo di ritirare le armi dal commercio, un articolo che raccontava di “una nuova generazione di bambini americani che imbracciano armi da fuoco”, con tanto di foto di ottenni, decenni, dodicenni, in posa con i propri fucili, fieri come fossero lauree.

È sufficiente vedere, dietro quei ragazzini, dei genitori invasati, dopo che un diciottenne è entrato nella sua ex scuola, il giorno di San Valentino, ed ha ammazzato diciassette persone? Oppure è uno sguardo che ci lascerà sempre impreparati, increduli, basiti davanti alle immagini di minorenni che provano a rapinare una donna e poi l’accoltellano, compagni di scuola che torturano l’amico bruttino, baby gang che pestano a morte una ragazzina perché credono che non porti rispetto alla loro banda? La colpa non è di Facebook. La colpa è dell’abbandono fiorito e dorato in cui crescono gli adolescenti, ma è pure nell’incapacità che abbiamo di arginare il male che possono fare, non volendoli ritenere capaci di compierlo. Esistono gli adolescenti che si ribellano al governo degli Stati Uniti e si impegnano in battaglie civili contro la violenza. Però esistono pure quelli che impazziscono e sparano, quelli che sfregiano la professoressa a scuola, quelli che la legano e la picchiano e mettono il filmato su youtube: vivono tutti accanto agli stessi adulti che fingono di assumersi la responsabilità di averli dotati di strumenti inappropriati, per non prendersi il disturbo né di proteggere il mondo da loro né loro dal mondo.

X