Ogni anno in Italia si contano 360mila nuove diagnosi di tumore. Più del 50% dei nuovi malati e oltre un terzo di chi sopravvive al cancro sono persone in età lavorativa, che sperimentano grandi difficoltà a ritornare sul posto di lavoro dopo l’esperienza della malattia. Proprio con l’obiettivo di facilitare il ritorno dietro la scrivania, a Reggio Emilia è nato il primo progetto nazionale per il ricollocamento lavorativo e l’assistenza extrasanitaria dei pazienti oncologici. L’iniziativa si chiama “Una Mano”, è promossa dall’azienda Usl Irccs della provincia emiliana e da oltre 15 realtà del territorio, e sostenuta dalla Fondazione Manodori all’interno del bando Wecom (welfare di comunità).
«L’idea nasce dall’esigenza di seguire i pazienti oncologici non solo dal punto di vista sanitario, ma in tutto il mondo che li circonda», spiega Claudio Tedeschi, direttore di Medicina Fisica e Riabilitativa del Santa Maria Nuova e fra gli ideatori del progetto. «Ci sono diverse fragilità inespresse e numerosi problemi collaterali a un tumore».
Le politiche di prevenzione adottate nella città emiliana, e sul territorio nazionale, hanno permesso di ridurre molto la mortalità per alcuni tumori. E chi sopravvive sperimenta una buona qualità di vita, che rende possibile la reintegrazione al lavoro o in un posto di lavoro riadattato. Il rientro al lavoro però non sempre avviene, e in molti casi si fa con difficoltà.
A Reggio Emilia ogni anno 4mila persone ricevono una diagnosi di tumore, e oltre un migliaio sono in età lavorativa. Da uno studio epidemiologico condotto su 260 persone, la maggior parte delle quali tornate al loro impiego dopo il cancro, veniva fuori però che la metà di esse aveva sperimentato grosse difficoltà a reinserirsi.
Ci sono diverse fragilità inespresse e numerosi problemi collaterali a un tumore. Il rientro al lavoro deve essere considerato parte del percorso di recupero della persona
Il progetto “Una Mano”, nato da un’idea dell’ospedale e dell’università, ha coinvolto attori sanitari, protagonisti del non profit locale e altre associazioni, creando una rete territoriale per garantire il mantenimento del posto di lavoro ai pazienti oncologici. Non solo. Presso l’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, è stato creato uno sportello al quale i pazienti possono rivolgersi per ricevere supporto per problemi pensionistici, assicurativi, o di indebitamento. Ma anche per accedere a esperienze di tirocinio o formazione destinate al ricollocamento lavorativo. Il paziente viene quindi preso in carico attraverso un intervento “multilivello”.
«La presa in carico prevede anche l’inserimento della figura del terapista occupazionale», spiega Tedeschi. «Una figura professionale che promuove il recupero e l’uso ottimale delle competenze della vita quotidiana e lavorativa del paziente attraverso un approccio motivazionale. Si fa un piano per obiettivi in base alla fase della malattia in cui ci si trova e si lavora sull’adattamento dell’individuo».
Un’esperienza come questa è unica nell’area europea mediterranea. Ma a essere coinvolto non è solo il paziente. Anche l’azienda/datore di lavoro partecipa al reinserimento del dipendente e al riadattamento del posto di lavoro. «Cosa che però è più semplice nelle grandi aziende, meno nelle piccole», spiega Tedeschi.
«Prima queste persone si trovavano in mezzo al caos, al centro di situazioni che non avevano mai gestito», dice il medico. «Ora riescono a reperire rapidamente soluzioni: chiunque abbia un problema può rivolgersi allo sportello. Il rientro al lavoro deve essere considerato parte del percorso di recupero della persona».