Pisa, un murales di Haring fa più politica di tutti i social (e l’assessore leghista fa bene a criticarlo)

Per l'assessore alla cultura il murales di Haring è da radical chic e in città si può trovare molto meglio. L'opposizione? Ha alzato gli scudi, accusandolo di volerlo cancellare e strumentalizzando la faccenda. Ma l'arte non è bianca o nera: gli amministratori sfruttino l'occasione per dialogo

Tuttomondo, murales di Keith Haring realizzato nel 1989 sulla Chiesa (1341) di Sant’Antonio abate, 10 metri di altezza e 18 di lunghezza, fa più politica della politica – ormai ridotta a proclami su Facebook, programmi tv e testate nazionali e fake news.

E manco a dirlo, essendo Haring newyorchese, si tratta di un prodotto extracomunitario, dunque pienamente ascrivibile al dibattito. I fatti. A Pisa, dopo decenni di storica amministrazione rossa, le elezioni sono state vinte da una coalizione indipendente di centrodestra con a capo Michele Conti. L’arte, o meglio, la cultura è roba di sinistra. Lo dice pure Tom Wolfe. C’è qualcosa che indigna di più la sinistra di affidare l’assessorato alla cultura alla Lega? Niente. Ed ecco che a Pisa si insidia il regista e l’attore e leghista Andrea Buscemi, che ha scritto nel suo libro “Rivoglio Pisa”, che il murales americano, a confronto di quello che si può trovare a Pisa (“il Trionfo della Morte del Camposanto Vecchio o un Crocefisso di Giunta Pisano conservato in San Matteo”) è una roba “profondamente, grottescamente radical chic”. Sì, ha usato la parola radical chic e non è nemmeno Tom Wolfe, si può? Non poteva dire «comunista» come un solito Berlusconi?

I radical chic veri – si scherza eh – si sono arrabbiati e delusi per avere perso la roccaforte rossa, hanno «leggermente» iperinterpretato la frase e sono andati a dire in giro che l’assessore voleva cancellare il murales. Non potendo poi colpire direttamente l’uomo, hanno però prima cercato di farlo dimettere con le buone, tirando in causa una sua vecchia questione penale da cui ne è uscito più o meno pulito ma non moralmente innocente. L’assessore, qualche anno fa venne accusato di stalking dalla ex. Innocente in primo grado e colpevole in appello ma senza pena da scontare perché i reati sono poi caduti in prescrizione nel frattempo. Quindi appena diventato assessore l’opposizione ha lanciato una petizione su change.org in cui sono state richieste le dimissioni perché Buscemi sarebbe in ogni caso una cattiva persona (hanno raccolto 36.986 firme), e non può una cattiva persona occuparsi di cultura.

Di fatto si apre al dialogo, anche se è pienamente comprensibile che gli altri si siano offesi, accusati di grottesco radical-chicchismo. Definizione offensiva perché un buon pisano dal sangue rosso sa bene che il radical chic è uno di destra, col portafogli a destra. Ed è altresì vero che siamo ben liberi di contestare un’opera d’arte: accettiamolo, Keith Haring può non piacere, lo si può dire, non tutto va strumentalizzato, ingigantito, ideologicamente connotato

Lui non si è dimesso e fumantino ha querelato a sua volta la Casa della Donna per stalking.

Ma ritorniamo al merito, al murales di Haring. In fin dei conti non è mai stato nelle intenzioni di Buscemi eliminarlo. Ha solo scritto che a Pisa c’è di più, che il merchandising si può fare anche su altro. Come a dire donne, oltre alle gambe c’è di più. E quindi scrive su Facebook: “La levata di scudi in difesa del murale di Haring a Pisa mi fa piacere. Ne è nato un piccolo dibattito sull’arte, inaspettato e ricco di spunti. Ci fa capire che, all’occorrenza, in una città che sembra distratta e appagata, l’arte mantiene il proprio ruolo. Meglio così, viva il murale di Haring!”

Di fatto si apre al dialogo, anche se è pienamente comprensibile che gli altri si siano offesi, accusati di grottesco radical-chicchismo. Definizione offensiva perché un buon pisano dal sangue rosso sa bene che il radical chic è uno di destra, col portafogli a destra. Ed è altresì vero che siamo ben liberi di contestare un’opera d’arte: accettiamolo, Keith Haring può non piacere, lo si può dire, non tutto va strumentalizzato, ingigantito, ideologicamente connotato. Ci sta che Berlino possa non piacere. Ma la politica dei proclami e delle parole di lama è questa, ognuno sta da una parte, bianco o nero, e le zone grigie non sono accettate, non fanno audience, non sono facili da ridurre in sintesi. Ed è proprio questo il compito dell’arte: mettere luce sulle zone grigie dell’umano, «creare connessioni», lo ha detto Ralph Rugoff,curatore della Biennale di Venezia Arte 2019 (anche lui extracomunitario). Auguriamo quindi un pieno mandato ad Andrea Buscemi, per garantismo e per quel grigio che può tirare fuori.

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