Dite no alla dittatura dell’engagement

Non basta avere un’idea brillante e, a volte, non è sufficiente neppure costruire una comunità di utenti che viralizzano un servizio. Se non si riesce a raggiungere il risultato economico o sociale che ci si è prefissi in partenza cercate un altro incentivo

Ci sono dei trend che diventano così trendy che, alla fine, un po’ stufano e, soprattutto, cominciano a perdere il loro senso. Molte aziende, più che correttamente, si attrezzano e lavorano per la trasformazione digitale, coerentemente con un contesto che cambia. Dentro questo più che legittimo sforzo, tuttavia, ci sono anche delle forzature e, in particolare, è il caso di una parola che ha francamente un po’ scassato i cabbasisi.

Vi è mai capitato di partecipare a riunioni in cui non si parla dell’oggetto della riunione, dei contenuti da condividere, dell’operatività di un servizio ma, quasi subito, qualcuno alza la mano e dice:

“Vogliamo ovviamente mettere la gamification e un sistema di punti, classifica e badges per incentivare l’utente all’uso”

“Prima di tutto, serve la gamification”

“A mio avviso, un po’ di gamification non guasterebbe”

?

Ecco, è giunto il momento di scrivere con forza che ci si è fatti prendere un po’ troppo dalla dittatura dell’engagement, a volte perdendo di vista la sostanza di un serio piano aziendale:

Se c’è un problema e una domanda da soddisfare bisogna trovare il miglior modo per risolvere il problema e per intercettare quella domanda.

In nessun luogo è scritto che si debba usare necessariamente la leva ludica come molla per ottenere un risultato.

In realtà, esiste già una letteratura più che matura al riguardo: in particolare, l’italiano Fabio Viola, tra i padri del fortunatissimo videogioco Father and Son, che ha reso celebre in tutto il mondo il Museo Archeologico Nazionale di Napoli con più di 3 milioni di download della app in tutto il mondo, è un esempio validissimo di come si possa agire con intelligenza sulla leva ludica e dell’intrattenimento per ottenere uno scopo di business che si traduca in migliori risultati operativi.

Il gioco è utile se e solo se è funzionale allo scopo che si vuole raggiungere: può sembrare una banalità, ma è bene ripetere questo principio come un mantra.

Fabio è autore di un libro utilissimo, L’arte del coinvolgimento, e non a caso il titolo non contiene né l’abusatissima gamification né l’altro idolo totemico, engagement.

Forse, è bene riportare alla memoria un caso interessante: quello ormai antidiluviano di Foursquare.

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