È una sostanza bianca, quasi sempre in polvere, altera l’umore di chi la assume, attiva nel nostro cervello dei meccanismi di ricompensa che ce ne fanno desiderare sempre di più e che ci provocano astinenza nel caso smettessimo di assumerne, ma soprattutto induce la produzione di dopamina, un neurotrasmettitore molto delicato che c’entra con cosette come il sonno, l’umore, l’attenzione, il desiderio sessuale e molto altro.
Alterazione dell’umore, dipendenza al consumo e crisi di astinenza: messa giù così, la descrizione degli effetti di questa polverina bianca sul nostro organismo somigliano paurosamente a quelli delle peggiori droghe pesanti, dalla cocaina all’eroina. Solo che in questo caso non stiamo parlando di sostanze stupefacenti, o meglio, non di sostanze stupefacenti riconosciute dalla società. No, stiamo parlando dello zucchero raffinato, ovvero, secondo molti, la droga più diffusa al mondo.
I dati parlano chiaro. Il consumo di zucchero raffinato, presente soprattutto nelle bevande dolcificate come Coca Cola e affini, è più che raddoppiato dalla metà del Novecento ad oggi, con picchi di consumi spaventosi soprattutto negli Stati Uniti. E difficilmente ci si potrebbe aspettare diversamente visto che lo zucchero non solo è legale, ma è anche pubblicizzato, nella sua forma più insidiosa — quella per l’appunto delle bibite — su qualsiasi media in tutto il mondo, generando un giro di affari che ha pochi rivali al mondo.
I dati parlano chiaro. Il consumo di zucchero raffinato, presente soprattutto nelle bevande dolcificate come Coca Cola e affini, è più che raddoppiato dalla metà del Novecento ad oggi, con picchi di consumi spaventosi soprattutto negli Stati Uniti
E anche in Italia, le cose non si mettono bene per niente, visto che secondo i dati del ministero della Salute un bambino ogni dieci che frequenta le scuole elementari nel nostro Paese è obeso, mentre uno su cinque è in sovrappeso. Con tutto ciò che, a livello di spese mediche per lo Stato esso comporta, visto che l’abuso di zuccheri aumenta il rischio di sviluppare anche malattie cardiovascolari e tumori.
Per questo, la proposta di applicare la mercato dello zucchero la cosiddetta Sugar Tax, promossa dal Fatto Alimentare attraverso una raccolta firme con il sostegno di numerosissime associazioni di medici e nutrizionisti, è di certo una prima mossa nel verso giusto, ma potrebbe essere del tutto inutile se non si comincia a trattare la battaglia in questione alla stregua di quelle proibizioniste che da anni tengono in scacco altri mercati e altre sostanze — la marijuana — in primis, che al contrario del mercato dello zucchero, potrebbero tra l’altro essere virtuosi e preziosi sia dal punto di vista medico che dal punto di vista economico.
Quindi benissimo, barra a dritta per Sugar Tax, ma non basterà tassare del 20 per cento i prodotti ad alto contenuto di zucchero, bisognerà iniziare a pensare a qualcosa di più impattante e più drastico: etichette terroristiche simili a quelle del tabacco appiccicate sulle confezioni di merendine o sul retro delle bottiglie o delle lattine di bibite; campagne di educazione alimentari a tappeto nelle scuole; e magari, chi lo sa, anche una seria lotta diretta. Si chiama proibizionismo? Sì, esatto, ed è ora di smettere di applicarlo alle sostanze sbagliate.