Tratto dall’Accademia della Crusca
Probabilmente uno dei motivi dell’incertezza nella scelta tra le varie forme indicate dai nostri lettori dipende dal fatto che vengono implicitamente ricondotte al verbo fidare, che è oggi usato soprattutto come intransitivo pronominale: fidarsi, nel senso di ‘avere fiducia in qualcuno’, ‘fare affidamento su qualcosa’, ecc. L’incertezza tra malfidente e malfidante, in particolare, è da mettere in rapporto alla derivazione dell’it. fidare, della I coniugazione, dal lat. fideo, fides, fidēre, della II classe, con un metaplasmo. Direttamente a forme del verbo latino o a suoi derivati si legano aggettivi come fidente ‘che ha fiducia’ o diffidente ‘che non ha fiducia’ e aggettivi-nomi come confidente, che sono ben più frequenti di fidante, diffidante e confidante, regolari participi presenti dei verbi italiani fidare, diffidare e confidare.
Ma un verbo malfidare, composto da male + fidare, non è attestato in italiano, o meglio non è stato accolto nel lessico generale: se ne trovano oggi alcune occorrenze in rete, mentre altre, rarissime e per lo più non univerbate, si leggono in testi sette-ottocenteschi (dovrebbe in ogni caso trattarsi di una retroformazione da malfidente, sul modello di fidente – fidare). Dunque non si può considerare accettabile malfidante, che ha tuttavia alcune recenti attestazioni in rete e compare perfino in testi scritti (a partire dagli anni Novanta; gli esempi precedenti offerti da Google Libri sono tratti da libri in esperanto). La forma corretta è certamente malfidente, che è poi una parola di formazione relativamente recente: è datata solo al 1869 nello Zingarelli 2019, mentre il GRADIT risale al sec. XVIII (ed è giusto: malfidente figura tra le Voci italiane di Gian Pietro Bergamini, del 1745). Il secondo dizionario considera l’aggettivo di basso uso, il primo lo etichetta come letterario; entrambi riportano i significati di ‘diffidente’ (il GRADIT aggiunge ‘sospettoso’) e di ‘malfermo’ (il GRADIT aggiunge ‘vacillante’).
Rispetto a malfidente, malfidato è parola più antica (secondo il GRADIT e lo Zingarelli risale al Trecento; in realtà non si trova nel corpus OVI, ma forse i due dizionari si riferiscono a un esempio che nel corpus OVI non è univerbato) ed è più diffusa nel lessico comune (almeno secondo il GRADIT; lo Zingarelli 2019 la ritiene letteraria). Però, il suo significato è ambiguo: quello più frequente è ‘diffidente, sospettoso’ (come malfidente), ma può significare anche ‘che non merita fiducia, sleale, infido’ oppure ‘che desta sospetti, sospetto’.
L’ultimo significato è l’unico attribuibile a malfido, voce dotta d’uso prevalentemente letterario, che (come indica giustamente lo Zingarelli 2019) è attestata già nel Trecento, riprende il lat. tardo malefīdu(m), formato da măle ‘male’, avv. e fīdus ‘fido, fidato’ agg., e significa ‘che è indegno di fiducia, che non dà sufficiente sicurezza’.