Più o meno come il loro vecchio padrone, sono una minaccia per l’ecosistema e, in una certa misura, anche per lo stile di vita della popolazione colombiana. Si tratta degli ippopotami di Pablo Escobar: quelli portati via di peso dall’Africa per abbellire il parco faunistico personale del boss della droga.
Alla morte del re dei cartelli, il governo ha preso possesso della sua villa (appena fuori da Medellín) e l’ha trasformata in una attrazione turistica risistemando tutti gli animali esotici, tranne – appunto – gli ippopotami, rimasti liberi a scorrazzare nella zona. E così, senza predatori e con tanto cibo e acqua a disposizione, si sono moltiplicati.
Oggi, secondo le stime fatte dalla Cornare, l’agenzia ambientale che ha l’incarico di contare e prendersi cura di loro, ce ne sarebbero ben 50. La maggior parte rimane nel parco di Escobar, ma alcuni si sono già spostati. Gli abitanti della zona circostante sono preoccupati (ma finora non è successo ancora nulla), gli animali ancora di più: si pensi che i lamantini, visto l’arrivo dei nuovi vicini, grossi e invadenti, hanno già cominciato a spostarsi in altre zone.
Per il resto, si limitano a passeggiare nei campi vicini e a nuotare nelle acque dei dintorni. Il pescatore Pablo José Mejia ne ha visti almeno cinque (ma è un pescatore, ci sarà da credergli?) senza che non gli succedesse nulla. “Sono come i cani, bisogna saperli prendere e non ti fanno male”.
Sarà. A differenza dei cani, gli ippopotami sono molto più grossi e aggressivi e, secondo gli esperti, perché avvenga un incidente è solo questione di tempo. Gli animali sono troppi, non si riesce a bloccarli né a contenerli e nemmeno l’ipotesi di sterilizzarli, che richiede una serie di attrezzature e di fondi (in un Paese che è ancora alle prese con il terrorismo dell’Eln) che, detto in modo semplice, non ci sono. E non ci saranno a breve.