Se l’obiettivo principale del reddito di cittadinanza è quello di riportare uguaglianza nel Paese, il rischio che l’erogazione della carta Postepay presentata da Luigi Di Maio possa generare a sua volta altre diseguaglianze è molto alto. E lo hanno sottolineato sindacati, associazioni del terzo settore, categorie professionali, e anche l’Ufficio parlamentare di bilancio, sentiti in Commissione Lavoro del Senato, che nelle memorie depositate hanno rilevato più di una falla del decretone. Destinare stesso reddito e incentivi alle assunzioni, con gli stessi requisiti, potrebbe finire per aiutare alcuni e penalizzare altri, escludendo intere platee di cittadini, spiegano. Con il rischio di creare quella che Cgil, Cisl e Uil hanno già definito “una guerra tra poveri”.
A partire proprio dai disoccupati. Tra chi è senza lavoro, il pericolo è che ci saranno disoccupati di serie A e di serie B. Le politiche attive dovrebbero riguardare tutti, dicono i sindacati. E invece la presa in carico da parte del navigator per la ricerca di un lavoro riguarderà solo i beneficiari del reddito di cittadinanza, escludendo gli altri utenti dei centri per l’impiego. Tanto più che l’assegno di ricollocazione viene sospeso per tre anni per i disoccupati ordinari a favore dei soli beneficiari del reddito. «Entrambe le platee hanno hanno spesso necessità simili per collocarsi o ricollocarsi», dicono le sigle sindacali, altrimenti «si rischia una contrapposizione tra poveri, oltre alla diminuzione di una politica attiva che deve decollare e non essere congelata».
In più, pur ritenendo che la previsione degli incentivi alle imprese dedicata solo alle assunzioni a tempo indeterminato e a tempo pieno sia un atto per favorire la “buona occupazione retribuita”, gli stessi sindacati sottolineano come il part time potrebbe invece essere utile per molti soggetti, soprattutto tra le donne. Nel Mezzogiorno, nel 2018, su 111mila assunzioni stabili incentivate, il 53% è per contratti part time, con punte del 73% tra le donne. Con l’aggiunta che il requisito delle assunzioni stabili potrebbe finire per escludere i lavoratori senza esperienza e con scarse qualifiche, che poi sono quelli che più faticano a trovare lavoro, finendo quindi per restare in una condizione di povertà.
Ma se gli incentivi previsti riguardano solo le assunzioni stabili, viene sottolineato sia dai sindacati sia dal presidente uscente di Anpal, Maurizio Del Conte, il paradosso per cui le assunzioni dei 6mila navigator da parte di Anpal Servizi prevedono invece solo contratti co.co.co. Una condizione, dicono le sigle sindacali, che rischia di alimentare ulteriormente il bacino di precari presenti in Anpal Servizi, «innescando una vera e propria “guerra tra poveri”» e mettendo in concorrenza i nuovi precari con i 654 precari già presenti con contratto a tempo determinato o di collaborazione.
La presa in carico da parte del navigator per la ricerca di un lavoro riguarderà solo i beneficiari del reddito di cittadinanza, e non tutti gli utenti
Altro problema, sottolineato tra tanti anche dall’Associazione nazionale dei commercialisti, è quello che il decreto Cinque Stelle non tiene conto della mappatura economica del Paese. In un piccolo comune del Sud, secondo i parametri Istat, la soglia di povertà assoluta è di 560 euro, contro gli 826 euro di chi vive in un’area metropolitana del Nord. Paradossalmente, quindi, succederà che chi percepisce il reddito al Sud supererà la soglia di povertà assoluta di un bel po’, mentre chi lo prende in una regione del Nord avrà sì un miglioramento delle condizioni economiche, ma non uscirà certo dalla soglia di povertà. Un errore da penna rossa, dicono i commercialisti, soprattutto se si considera che al Nord vive il 57% dei poveri assoluti.
E lo stesso vale per il costo della vita, visto che la differenza esistente tra Nord e Sud supera il 20 per cento. A parità di Isee, i poveri del Nord risultano più poveri (come ha fatto notare anche Lavoce.info) perché hanno a che fare con affitti e prezzi più alti. L’integrazione dell’affitto a Milano non avrà lo stesso peso che a Catanzaro, insomma. Senza dimenticare che chi è in affitto riceverà un’integrazione 280 euro. Più dei soli 150 euro che potrà percepire invece chi ha comprato una casa e magari si trova in difficoltà economiche per la perdita del lavoro, ma paga ancora un mutuo.
C’è poi la condizione dei disabili che percepiscono una pensione di invalidità, considerata alla stregua di un reddito. L’Associazione nazionale mutilati e invalidi civili, tra le altre associazioni, ha fatto notare che i nuclei familiari in cui sono presenti disabili titolari di pensione di invalidità in questo modo verranno trattati meno favorevolmente delle altre famiglie, nonostante siano costrette ad affrontare costi sanitari e di assistenza più alti.
Succederà che chi percepisce il reddito al Sud supererà la soglia di povertà assoluta di un bel po’, mentre chi lo prende in una regione del Nord avrà sì un miglioramento delle condizioni economiche, ma non uscirà dalla soglia di povertà
E a esser penalizzate sono anche le famiglie numerose con bambini, dato che per i minori il parametro della scala di equivalenza utilizzata è ridotto. Un aspetto sottolineato anche dallo stesso Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), secondo cui la scala di equivalenza scelta «svantaggia i nuclei più numerosi» rispetto a quelli composti da una sola persona. Dimenticando del tutto la questione della povertà minorile, che in Italia riguarda 1,2 milioni di bambini.
A conti fatti, secondo Upb, il nuovo sussidio rischia di tagliare fuori una grossa fetta di famiglie in difficoltà. Le platee dei potenziali beneficiari del reddito di cittadinanza e delle famiglie in povertà assoluta «non sono sovrapponibili», spiegano. Il nuovo sussidio raggiunge «il 72,5% dei nuclei in povertà assoluta»: oltre un quarto delle famiglie più in difficoltà quindi non sarebbe raggiunto.
Così come, con il requisito dei dieci anni di residenza (di cui gli ultimi due consecutivi), viene esclusa una grossa fetta di famiglie di stranieri, proprio laddove invece l’incidenza della povertà è fino a sei volte quella degli italiani. Un requisito ritenuto iniquo da tanti, con profili di incostituzionalità (come ha rilevato il Servizio Studi di Camera e Senato), che esclude – ha spiegato Caritas – molti migranti regolari e anche i senza dimora. Oltre che i possibili “emigrati di ritorno”, che potrebbero aver bisogno invece di un navigator per trovare un lavoro una volta rientrati in Italia.