LettureL’amore più romantico di tutti? È quello narrato da Marguerite Yourcenar

In “Anna, soror...” la scrittrice francese racconta la storia di due fratelli che scoprono di essere innamorati l’uno dell’altra. Un amore tormentato, ma profondo e dolcissimo è quello che prende vita tra le pagine. Probabilmente l’opera più bella dell’autrice

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La ragione del titolo la denuncia lei, alla fine, in una postfazione fin troppo grave: “…quella strana condizione che è quella dell’intera esistenza, in cui tutto fluisce come l’acqua che scorre, ma in cui, soli, i fatti che hanno contato, invece di depositarsi al fondo, emergono alla superficie e raggiungono con noi il mare”. La nota è scritta a Taroudant, in Marocco, nel marzo del 1981. Come l’acqua che scorre (pubblicato da Einaudi nel 1983) è titolo d’evidente chiarezza. Gioco con il francese, Comme l’eau qui coule. L’acqua ‘cola’, goccia: lo stillicidio della vita di cui conserviamo il distillato. In ampolla, quei due-tre istanti che ‘fanno una vita intera’ – quell’unico momento, il sigillo a giudizio, che marchia le anime di Dante. Dal barlume particolare, ricomporre l’universale.

Il sigillo è l’incesto. Credo che Anna, soror… sia il testo supremo di Marguerite Yourcenar – lo leggo, almeno, quando devo trovare una disciplina alla scrittura, riassemblare i verbi con risonante nitore. Anche nelle grandi vite – Adriano, per dire – la Yourcenar vede l’inciampo, il dettaglio, il particolare che dà avvio all’agnizione. Tutto, nella vita, è piccolissimo – e origina grandi rivelazioni. Senza l’inchino non esiste stazione eretta giustificata. Detergi le caviglie per aggiogare le stelle.

Napoli, tardo Cinquecento, famiglia nobile, reclusa in una aristocrazia che suppura ozio, mestizia, destino d’assassinio. La cupa sorpresa di due fratelli, Don Miguel e Anna, che scoprono, con gesti sovrani e distanti, di amarsi. Del mondo, che è ferro, essi sono la sfera placida; della vita, che è correre alla corruzione, essi sono l’anello che salva. L’unione – taciuta – è sancita dalla morte della madre, creatura neoplatonica: “Con l’acutezza d’udito dei moribondi, Donna Valentina rivolse verso Anna il bel viso che sorrideva ancora. Le donne credettero di sentirla sussurrare: ‘Niente finisce’. La vita si spegneva in lei a vista d’occhio… Pensarono che delirasse. Tuttavia li riconosceva ancora, perché diede a Don Miguel anche lui in ginocchio, la sua mano da baciare. Disse: ‘Qualunque cosa succeda, non odiatevi mai’. ‘Noi ci amiamo’, disse Anna. Donna Valentina chiuse gli occhi. Poi, molto dolcemente, ‘Lo so’”.

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