Si può scegliere di guardare le immagini e rabbrividire, si può anche decidere di scrivere un post su Facebook, e si può anche pensare di apprezzare il gesto di Emmanuel Macron e degli altri leader del G7 di inviare 20 milioni di dollari per salvare l’Amazzonia. Oppure si può fare qualcosa di concreto.
Come si scrive qui, per avere effetti globali servono azioni globali e nel caso della foresta amazzonica sono già in tanti che si sono mobilitati. Chi vuole può dare una mano, garantire un contributo, cercare di intervenire nella questione. E non soltanto a parole. Servono fatti. O, per essere più chiari, soldi.
Ad esempio, si può scegliere di fare una donazione (il minimo è 25 dollari) al Rainforest Action Network, organizzazione che lavora insieme a piccole realtà locali e a comunità di abitanti della foresta e che sponsorizza pratiche ambientali sostenibili, oltre a combattere le attività industriali che mettono a rischio la sopravvivenza dell’amazzonia. Con questo contributo si prende in affitto mezzo ettaro di foresta.
Se si vuole fare di più, la si può perfino comprare. In questo caso serve rivolgersi al Rainforest Trust , che si occupa di acquistare ettari di foreste pluviali in tutto il mondo per metterle sotto la protezione degli ambientalisti, e per sviluppare progetti per la conservazione di habitat specifici.
Per sostenere la produzione agricola locale, invece, si può scegliere di donare soldi alla Rainforest Alliance (quella della “rana verde”) che certifica la provenienza della produzione di quella zona, garantendo che sia sostenibile sia a livello ambientale che sociale.
E perché non adottare un bradipo, allora? È uno degli animali più minacciati dalla scomparsa della foresta, il suo ecosistema. È un atto simbolico, sia chiaro: non verrà recapitato a casa nessun animale. Ma almeno si aiuta il WWF a ricostruire le condizioni essenziali per la sopravvivenza del bradipo.
Infine, si può anche scegliere di dare un sostegno alle comunità indigene: qui se ne occupa Amazon Watch, che diffonde pratiche ambientaliste nelle comunità amazzoniche, difendendo i loro diritti dagli attacchi delle grandi aziende che cercano di cancellare la loro autonomia. E di appropriarsi dei loro spazi.