AgroalimentareLa rivolta del parmesan: perché i dazi di Trump faranno male a grana e parmigiano

Tra pochi giorni gli Stati Uniti decideranno le sanzioni su alcuni prodotti europei. Uve, vini, agrumi e formaggi italiani rischiano di pagare un prezzo altissimo

ALESSANDRO RUGGERI / AFP

Make Parmesan great again. I dazi statunitensi verso l’Europa approvati dal Wto, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, rischiano di fare molte vittime nel reparto agroalimentare italiano. Tra questi, il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano. La folle guerra commerciale partita dagli aiuti di stato per l’europea Airbus contro la statunitense Boeing potrebbe alla fine colpire vini, agrumi e succhi di frutta italiani. Un passo forse breve per Donald Trump, ma che sfugge alla logica. E i produttori non staranno certamente a guardare. La nota diffusa del direttore generale del Consorzio Grana Padano Stefano Benni promette di portare la protesta davanti alle basi americane presenti in Italia se la Casa Bianca andrà fino in fondo sulle sanzioni. Punti strategici come quello di Vicenza potrebbero presto trovarsi una folla inferocita come non se ne vedeva dai tempi della protesta No Dal Molin. Tempo per una rettifica c’è ancora, visto che tra solo qualche giorno verrà reso noto l’elenco dei prodotti colpiti da sanzioni sul Federal Register. Se la decisione non cambierà, il prossimo viaggio in Italia di Donald, che potrebbe presto essere calendarizzato tra novembre e dicembre, rischia di diventare improvvisamente più difficile.

Le cifre parlano chiaro: i dazi americani sui prodotti italiani rischierebbero di avere un impatto simile a quelli russi, ma moltiplicati per dieci.

Le cifre parlano chiaro: i dazi americani sui prodotti italiani rischierebbero di avere un impatto simile a quelli russi, ma moltiplicati per dieci. Prendiamo il Parmigiano. La stima fatta dal Consorzio dice parecchio sull’effetto che eventuali sanzioni, stimate tra i 5 e i 10 miliardi di dollari, potrebbero avere sul mercato a stelle e strisce del formaggio italiano. Nel 2018 10 mila tonnellate di parmigiano sono giunte oltreoceano, il mercato più importante dietro solo a quello francese. Con i dazi i consumi crollerebbero dell’80/90% e 400 mila forme verrebbero così dislocate verso altri Paesi, con conseguente crollo dei prezzi che andrebbe a ripercuotersi sui piccoli produttori. «Il crollo per i formaggi italiani sarebbe seguito a ruota da una crisi degli altri reparti dell’agroalimentare italiano. Vini, agrumi, uva, marmellate, succhi di frutta subirebbero un tracollo se i dazi venissero confermati» dichiara Lorenzo Bazzana, responsabile di Coldiretti. A rischio ci sarebbero anche altre eccellenze del nostro settore agroalimentare, come gli spumanti e il Marsala.

Il Parmesan, il Barollo, il Prisecco o il Tuscany Salama sono già oggi realtà in molti Paesi ma in un regime di dazi si moltiplicherebbero a dismisura.

Chi ne beneficerebbe? I falsi d’autore. Ogni anno prolifera nel mondo l’Italian Sounding, prodotti fintamente italiani ma che in realtà non lo sono. Il Parmesan, il Barollo, il Prisecco o il Tuscany Salama sono già oggi realtà in molti Paesi ma in un regime di dazi si moltiplicherebero a dismisura. Per Bazzana infatti «dietro la richiesta di dazi di Trump ci sarebbe l’industria agroalimentare americana. Se fossero confermati tutti sarebbero felici: il presidente sarebbe contento di aver fatto rispettare i suoi dettami e l’industria riuscirebbe a vendere ancora più facilmente i suoi prodotti, che sarebbero avvantaggiati da prezzi più competitivi». Per rendere l’idea della grandezza dell’industria dei fake agroalimentari, il Parmesan fattura fuori dall’Unione Europea 2 miliardi di euro all’anno con 200 mila tonnellate di prodotto; un volume di affari 15 volte superiore a quello dell’autentico Parmigiano. Un’autentica lotta Davide contro Golia: il rischio però è che stavolta vinca il gigante. I produttori locali hanno chiesto ai parlamentari di intervenire, ma qui servirebbe un intervento serio ai piani alti della politica. La tutela del made in Italy e del settore agroalimentare italiano devono essere una priorità per il governo giallorosso e tra i primi punti dell’agenda della ministra Teresa Bellanova. Il parmesan non deve tornare a essere grande.