Provaci ancora FrancescoCina, Madagascar, Mozambico, le relazioni equivoche di Bergoglio

Il viaggio apostolico del Papa in Africa deve essere megafono per le tante ingiustizie e riscatto per gli oppressi. Francesco deve farsi sentire ed evitare intese con governi che fingono di ascoltare, come successo con Pechino

Mozambico, Madagascar: il mondo vi guarda. Amnesty International ha rivolto un appello a Papa Francesco affinché il suo prossimo viaggio apostolico aiuti i due paesi a superare i loro problemi sui diritti umani. Una situazione alla quale Bergoglio deve fare attenzione: il mondo guarda anche lui. Lo scotto cinese, dove ha stretto un accordo con il governo per nominare i vescovi senza fermare le persecuzioni, è ancora troppo recente.

Un chiaro avvertimento alla stampa libera di non raccontare quello che succede che non può passare inosservato, nemmeno per Bergoglio

Arresti arbitrari di giornalisti e accademici, 200 persone morte e migliaia di sfollati a causa dei terroristi. È questo il bilancio del Mozambico, il primo Paese che visiterà Papa Francesco. Le precarie condizioni economiche e il ciclone degli scorsi mesi hanno costretto i due acerrimi nemici il presidente Filipe Nyusi e il suo oppositore Ossufo Momade a porre fine alle loro ostilità. L’accordo di pace tra Frelimo e Renamo del 1° agosto ha così posto fine a una lotta decennale tra che tra il 1981 e il 1992 ha causato più di un milione di vittime. Questa mossa permetterà al presidente una tranquilla rielezione alle prossime elezioni del 15 ottobre, visto che intimidazioni e aggressioni ad attivisti e difensori dei diritti umani sono da tempo all’ordine del giorno. La preoccupazione degli osservatori internazionali per il regolare svolgimento delle elezioni è reale, visto che giornalisti, come Amade Abubacar sono da mesi in prigione senza alcun motivo. Anzi, per lui un motivo c’è: aver intervistato un gruppo di sfollati che fuggiva da un attacco jihadista di Al Shabaab (gruppo da non confondere con l’omonimo somalo) nella provincia di Cabo Delgado. Un chiaro avvertimento alla stampa libera di non raccontare quello che succede che non può passare inosservato, nemmeno per Bergoglio.

Un vero far west dove il diritto alla libertà e alla presunzione di innocenza vengono del tutto ignorate e dove si può rimanere in attesa di un processo per anni

Uguale se non peggio il Madagascar. 11 mila persone detenute in maniera arbitraria e in condizioni disumane nel solo 2018, 4 mila morte nel sud del Paese negli ultimi 5 anni per un giro di vite sul furto di bestiame. Un vero far west dove il diritto alla libertà e alla presunzione di innocenza vengono del tutto ignorate e dove si può rimanere in attesa di un processo per anni. Una situazione del tutto ignorata dal presidente Andry Nirina Rajoelina, un passato da disc jockey e al potere dal 2009 grazie a un colpo di stato. Un personaggio con il quale papa Francesco dovrà necessariamente confrontarsi e al quale non potrà non fare richieste scomode accuratamente evitate con Xi Jimping.

Risale infatti a settembre 2018 la storica intesa tra la Cina e la Santa Sede sul problema della nomina dei vescovi. Un do ut des che costringe la Chiesa a riconoscere la validità della nomina governativa dei vescovi e Pechino la giurisdizione papale sui fedeli cattolici. Xi Jimping e soci però fanno orecchie da mercante: gli ultimi mesi raccontano di croci distrutte, catechismo proibito, tombe divelte nella provincia dell’Henan, dove i cattolici arrivano al 4% della popolazione, come nel resto della Cina. L’obiettivo è chiaro: intimidire coloro che vorrebbero convertirsi al cattolicesimo e uniformare la Chiesa cinese ai voleri del governo. L’accordo quindi è solo un inutile palliativo e nulla sembra essere davvero cambiato dai tempi di Mao. Speriamo che stavolta papa Bergoglio si faccia sentire ed eviti i tatticismi: la Chiesa e il mondo hanno bisogno di altro.

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