Perché la sinistra è stata sconfitta in tutto il Sud America (ma presto potrebbe tornare)

Secondo Gilberto Bonalumi dell’ISPI, il cambiamento politico della regione evidenzia la fine della stagione progressista. Dove resiste ci sono o violenze, come in Venezuela ed Ecuador, o buoni governi, come in Uruguay e Bolivia

EVARISTO SA / AFP

Un Continente, tanti cambiamenti. Anche questa volta l’America Latina si trova a un bivio. Tra ottobre e novembre in Uruguay e Argentina si andrà alle urne per le elezioni presidenziali. Un voto che sarà il vero termometro politico della regione. Violenze, nuovi regimi e governi stabili mostrano come la situazione è più che mai incerta. Un esempio è l’Ecuador, dove da giorni la folla protesta contro i rincari sulle accise della benzina decisi dal presidente Moreno, scappato da Quito per rifugiarsi nella vicina Guayaquil. Come nel vicino Venezuela, c’è aria di guerra civile. Eppure, la situazione non è sempre stata così. Se facessimo un paragone con il 2009, come in una sorta di #10yearschallenge tanto in voga sui social, le differenze spiccherebbero subito. La ragione è chiara: l’onda rosa di inizio secolo è bruscamente giunta a riva.

L’onda rosa dei primi anni Duemila era legata a una maggiore richiesta di equità sociale e di ampliamento degli strumenti di welfare. Una domanda che ha trovato sì risposta ma che ha anche chiesto un pesante prezzo da pagare

«L’America Latina è un pendolo», sintetizza Gilberto Bonalumi, senior advisor dell’ISPI. «Il crollo delle sinistre negli anni ’10 ha varie ragioni, perlopiù riconducibili alla crisi economica e politica del modello blairista europeo che si è riflesso anche in Sud America. La crisi però è anche ideologica». Lula e Rousseff in Brasile, i Kirchner in Argentina, Chavez in Venezuela, Bachelet in Cile: sono diversi i membri dei partiti progressisti latinoamericani saliti al governo durante gli anni ‘00. Sinistre differenti l’una dall’altra. «Citando il libro del venezuelano Teodoro Petkoff quelle al potere sono state due sinistre. Una più pura, più di lotta, come quella di Maduro e Morales, e una più socialdemocratica, a cui appartengono invece i vari Lula, Rousseff o i coniugi Kirchner». L’onda rosa dei primi anni Duemila era soprattutto legata a una maggiore richiesta di equità sociale e di ampliamento degli strumenti di welfare. Una domanda che ha trovato sì risposta ma che ha anche chiesto un pesante prezzo da pagare. Molti paesi sono così stati travolti da un pesante indebitamento, risolto solo in parte con i prestiti del Fondo Monetario Internazionale.

Gli effetti? l’America Latina ha deciso di cambiare pagina

Gli effetti? L’America Latina ha deciso di cambiare pagina. «La destra ha ripreso quota grazie all’elezione di presidenti come Bolsonaro in Brasile, Macrì in Argentina e Piñera in Cile. Storie differenti ma che illustrano una svolta molto simile». Un cambiamento che evidenzia come il comune sentire sia nel frattempo mutato, con risultati diversi. «Per esempio, l’elezione di Bolsonaro in Brasile è stato un modo per chiudere definitivamente il ciclo Cardoso-Lula-Rousseff, anni che verranno ricordati per le battaglie sui diritti dei lavoratori ma anche per gli scandali di corruzione. In Argentina Macrì è stato il primo presidente non peronista, la cui rielezione rischia di essere molto difficile a causa della crisi economica pesante che sta investendo il Paese. In Cile un politico navigato come Sebastian Piñera sta procedendo bene, non facendo rimpiangere Michelle Bachelet, mentre in Colombia il presidente Ivan Duque Marquez ha deciso di rinnegare il piano di pace di Juan Manuel Santos, smantellandolo progressivamente».

Il socialismo ha prodotto però anche crisi violente. Un esempio è il Venezuela. E le violenze dell’Ecuador rischiano di seguire l’esempio venezuelano. «Per quanto riguarda il caso venezuelano si può notare come Maduro si sia irrigidito sulle posizioni di Chavez, soprattutto in ambito costituzionale, andando così a scontrarsi col Parlamento. Adesso quel che gli resta da fare è lottare per mantenere il controllo dell’unica risorsa su cui si fonda l’economia del Paese, il petrolio, da sempre gestito dagli enti pubblici. A Quito invece si sta consumando una drammatica crisi di stampo sia economico, legata al grosso indebitamento con il FMI, sia politico, con la frattura ideologica tra i due presidenti Correa e Moreno». Non mancano però anche i baluardi di sinistra nel Continente, come in Uruguay, dove i presidenti progressisti del Fronte Ampio continuano a ricevere consenso, e in Bolivia, dove Evo Morales è al suo quarto mandato. Le prossime elezioni ci diranno se l’onda rosa sarà tornata di moda nel grande risiko sudamericano.

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