FuturoPer Gerd Leonhard l’unica cosa che la tecnologia non riuscirà a risolvere siamo noi stessi

Al Festival de Linkiesta uno dei più autorevoli futurologi rivela cosa ci aspetta e quali difficili scelte dovremo prendere nei prossimi 20 anni

Per uno dei più grandi futurologi sulla scena, Gerd Leonhard, autore di “Tecnologia vs umanità” edito da Egeafuturo, il futuro è già qui, solo che non ha una distirbuzione uniforme. Indica il cellulare. Sorride. «Questo è il mio secondo cervello, anzi forse il primo. C’è tutto qui dentro: dati, assicurazioni, pagamenti, musica, qualsiasi tipo di dati. Con la machine computer interface potremo viaggiare direttamente su internet senza computer. Funziona già con alcuni tetraplegici».

«Dieci anni fa non c’era Spotify, Netflix. Ora abbiamo qualche self driving cars, ma in 20 anni avremo 10 miliardi di persone su internet, avrtemo piu cambiamenti degli ultimi 300. Per esempio, la fine del petrolio la vedremo perchè non ne avremo più bisogno. L’indusatria solare e nucleare saranno come spotify: molto economica eaccesibile ovunque». La più grande IPO del mondo fra qualche settimana «ma io ci penserei due volte prima di investirci».

​«L’unica cosa che non possiamo risolvere con la tecnologia siamo noi stessi. La tecnologi non ci rende felici, anzi in alcuni casi peggiora la nostra situazione. Crea ineguaglianza, rende solo più efficaci alcuni strumenti. I nostri cellulari odierni sono più potenti del computer che portò l’uomo sulla Luna» continua il futurologo.

Se tutti i profitti vanno gas, oil, banking come verranno distribuiti? il Futuro potrebbe essere paradisiaco, o infernale, ​«dipende dalle nostre scelte, Magari fra 10 anni se non indosseremo augmented relity outfit, saremo licenziati. Abbiamo controllo sui nostri dati? No, nessuno. dopo l11/9 l’emergency law permette di fare qualsiasi cosa con i tuoi dati. I nostri dati dicono tutto su di noi, molto più di quanto pensiamo. Sono l’asset di maggior valore al mondo, chi li detiene controlla tutto il resto. Se internet ci permette di fare qualsiasi cosa, non possiamo più fare niente senza il web. Dobbiamo trovare un compromesso».

​​«Dobbiamo rimanere umani e controllare la tecnologia non il contrario L’inteligenza artificale non conosce il propositi delle nostre domande, si limita a dare una rispostra appropriata, Dunque non temete l’AI ci vorrà ancora molto tempo prima che sviluppi la capacità di rivelare le ontenzioni alla base della comunicazione. Questo ci permetterà di mantenere un vantaggio sulle macchine, ancora per qualche decennio» afferma l’esperto.

Gli esseri umani saranno inutili?

​​«Avremo bisogno di nuove capacità per fronteggiare l’ingresso di massa dei robot nel mondo del lavoro. Il nostro lavoro sarò più focalizzato sull’autorealizzazione basata sul critical thinking, sulla nostra creatività, sull’immaginazione. Dovremo reinventarci, ma non dobbiamo essere negativi. Il nostro obiettivo finale rimane uno solo: rimanere umani». I professori oggi insegnano ai bambini a ragionare come robot. Per Gerd non serve a niente. Devono sviluppare la loro immaginazione, la capacità di lavorare in gruppo, affinare il pensiero critico, ragionare fuori dal schemi.

Il punto è: chi deciderà cosa è giusto o sbagliato nel mondo della tecnologia?

​​«Vivremo in un mondo in cui la tecnolgoia non avrà alcun limite. Oggi abbiamo ancora problemi con le batterie, i server. Dimenticateli, fra 10 anni non esisteranno più. La differenza fra il potenziale delle macchine e quello dell’uomo fra 30 anni sarà oceanica, perchè la loro implementazione sarà esponenziale, la nostra no. Ogni problema avrà una soluzione tecnologica. Difficile da immaginare, ma sarà così».

Secondo Tim Cook la tecnologia può fare cose incredibili, ma non possiede la volontà. Noi sì. ​​«L’etica, ovvero la differenza fra quello che puoi fare e quello che dovresti fare, non è contemplata dalle macchine. Dovremo essere noi a guidarle».

Quindi la domanda rimane sempre quella: ​​chi vogliamo essere? Cosa vogliamo diventare? Migliori o superiori?

Leonhard chiude con una proposta, che assomiglia a una provocazione: ​​«chi lavora in contatto con la tecnologisa dovrebbe fare una specie giuramento di ippocrate, simile a quello che fanno i medici. Dobbiamo riumanizzare la tecnologia, responsabilizzare le big tech companies».

Insomma dovrebbe vincolare le sue azioni a un giuramento che lo obblighi ad avere delle remore morali, che lo spinga chiedersi se la semplice posisbilità di fare qualcosa coincida anche con un beneficio effettivo per la comunità o solo per il proprio datore di lavoro. Pensare alle conseguenze sociali di un’attività informatica e non solo al ritorno economico.

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