Diritti di migranti e richiedenti asilo, intolleranza, razzismo e discorsi d’odio, gender gap e violenza sulle donne, debolezze nella legislazione in materia di tortura, ma anche sovraffollamento delle carceri, lunghezza dei processi, questione rom: sono questi i temi su cui si sono concentrate alcune delle osservazioni indirizzate all’Italia nel corso della cosiddetta “Universal Periodic Review” del Consiglio ONU per i Diritti Umani. Si tratta di una procedura che, a partire dal 2008, controlla ogni quattro anni l’operato di tutti gli Stati membri in materia di diritti umani. Il 4 novembre è toccato all’Italia, rappresentata a Ginevra da una delegazione guidata dal sottosegretario agli Affari Esteri, Manlio Di Stefano, e dal presidente del Comitato Interministeriale per i Diritti Umani, Fabrizio Petri. L’”esame”, nel corso del quale i Paesi membri hanno esposto le proprie raccomandazioni, ha tenuto in considerazione tre rapporti: uno fornito dal nostro Governo e consegnato ad agosto; uno compilato dall’Ufficio dell’Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani, e un terzo, che sintetizza le osservazioni e le raccomandazioni delle ONG.
Proprio le organizzazioni umanitarie hanno fornito all’ONU analisi e osservazioni che fanno luce sullo stato dei diritti nel nostro Paese. Secondo Amnesty International, l’attuazione delle precedenti raccomandazioni da parte dell’Italia è stata «ampiamente insufficiente nel periodo in esame, nonostante i progressi compiuti in alcuni settori». Il report presentato dall’ONG passa in rassegna gli aspetti ritenuti più critici: dalla «criminalizzazione della solidarietà» alle violazioni dei diritti dei rifugiati e dei migranti, anche nel contesto della cooperazione con la Libia; dalle «debolezze della legislazione in materia di tortura» all’«operato delle forze di polizia», fino alla «discriminazione nei confronti dei rom in materia di alloggio adeguato».
Un’analisi sostanzialmente condivisa dalla Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili, che ha segnalato, tra le misure che destano più preoccupazione, l’abolizione della protezione umanitaria in seguito all’entrata in vigore del decreto Salvini e lo smantellamento del sistema SPRAR di accoglienza diffusa sul territorio. Altro dato allarmante per la CILD, la detenzione amministrativa degli stranieri irregolari, con l’estensione del precedente limite di 90 giorni a 180. Su questi temi, anche la relazione ONU ha manifestato pressoché le medesime preoccupazioni, già peraltro espresse un anno fa. «Le sfide che l’Italia ha affrontato a causa dell’assenza di un efficace sistema di solidarietà europeo», si legge, «non giustificano la violazione dei diritti umani».
Un certo rilievo è stato dato al tema del contrasto a razzismo, xenofobia e intolleranza, rispetto al quale diversi Stati membri hanno chiesto all’Italia di proseguire i propri sforzi
A questo proposito, la delegazione italiana ha invece rivendicato una «razionalizzazione del sistema di accoglienza», e ha specificato che gli ultimi provvedimenti non hanno minato il diritto all’asilo, che «è rimasto intatto». In effetti, il bilancio del sottosegretario Di Stefano, da noi raggiunto telefonicamente dopo la riunione, è «molto positivo», soprattutto alla luce del fatto che «l’84% delle raccomandazioni ricevute nel 2014 sono state concretizzate in atti legislativi e in azioni di governo». Ma diverse sono le criticità messe in evidenza dall’ONU e dalle organizzazioni umanitarie.
Un certo rilievo è stato dato al tema del contrasto a razzismo, xenofobia e intolleranza, rispetto al quale diversi Stati membri hanno chiesto all’Italia di proseguire i propri sforzi. Tra le raccomandazioni precedentemente accettate dal nostro Paese che restano da implementare, fa sapere la CILD, vi è proprio l’attuazione di misure per combattere la discriminazione e l’intolleranza, in particolare nei confronti di musulmani, migranti e persone di origine africana. La stessa relazione dell’ONU ha riconosciuto al nostro Paese l’adozione del Piano nazionale d’azione contro il Razzismo, la Xenofobia e l’Intolleranza, aggiungendo però che «sono state allocate limitate risorse umane e finanziarie per l’implementazione del Piano, compromettendone l’efficacia». Il rapporto, inoltre, ha espresso preoccupazioni in merito «alle segnalazioni di episodi di violenza e crimini per motivi razziali», alla diffusione di discorsi razzisti, all’uso di stereotipi negativi nei confronti di musulmani, persone di origine africana, comunità rom, sinti e camminanti nel dibattito politico, e alla proliferazione di discorsi di incitamento all’odio su internet. Ma il documento cita anche altre forme di discriminazione, come quelle che riguardano membri della comunità LGBTQ e persone con disabilità.
Il rapporto ONU ha sottolineato come, nonostante le numerose leggi atte a combattere la discriminazione di genere, le donne in Italia affrontino ancora parecchie difficoltà nel rivendicare i propri diritti e nel combattere gli stereotipi
L’Italia, che ha già affrontato due revisioni nel febbraio 2010 e nell’ottobre 2014, è stata incoraggiata da diversi Stati a fare di più anche in tema di uguaglianza di genere e violenza contro le donne. Il rapporto ONU ha sottolineato come, nonostante le numerose leggi atte a combattere la discriminazione di genere, le donne in Italia affrontino ancora parecchie difficoltà nel rivendicare i propri diritti e nel combattere gli stereotipi. E se la nostra delegazione ha citato la recente approvazione della legge sul Codice Rosso, il documento mette in evidenza «l’alta prevalenza di violenze di genere perpetrate contro donne e ragazze», e «il basso tasso di denunce, procedimenti e condanne per questo genere di crimini».
Molte le raccomandazioni perché l’Italia adotti finalmente una Commissione nazionale indipendente che si occupi di diritti umani. La sua assenza impedisce, di fatto, al nostro Paese di partecipare al dialogo globale sui diritti umani a cui partecipano tutte le Commissioni del mondo. L’argomento era considerato terreno scivoloso per la scorsa maggioranza gialloverde. Tuttavia, il prossimo 18 novembre alla Camera è prevista proprio la discussione dei disegni di legge che ne propongono l’introduzione.
Anche la definizione di “tortura” nella legge 110/2017 è stata oggetto di alcune raccomandazioni. Per il Comitato ONU contro la Tortura, quella dicitura sarebbe «incompleta», aggiungerebbe elementi che rendono il reato difficile da dimostrare e lo concepirebbe come generico, e dunque commettibile da chiunque e non nello specifico da pubblici ufficiali. Il report compilato sull’Italia in vista della Revisione, poi, rileva anche le frequenti segnalazioni riguardo all’«uso di forza eccessiva da parte della polizia e di ufficiali di forze dell’ordine», e la diffusa «impunità di tali atti». Ma nel mirino dell’ONU, al netto di alcuni progressi riconosciuti, restano anche questioni contro cui il nostro Paese fa i conti da tempo: tra queste, il sovraffollamento delle carceri, la corruzione, la lunghezza dei processi e la questione rom.