Se non puoi batterli, vestiti come loro. Matteo Salvini è in dolcevita e velluto color Lodo Guenzi (per i boomer: è il cantante dei Lo Stato Sociale, bolognesi) da una settimana e più. È la mise che ha scelto per fare campagna elettorale in Emilia Romagna, l’unico posto d’Italia, forse del mondo (a parte i quartieri antagonisti ucraini), dove in dolcevita e velluto a coste esistono persone che vanno a fare l’aperitivo, a lavorare in banca, a prendere i figli a scuola, a fare qualsiasi cosa, senza per questo passare per vecchi comunisti mai guariti davvero dalla malattia infantile dell’estremismo. Il completo di velluto, talvolta a coste, in Emilia Romagna lo indossano pure le persone normali. Gli impegnati e i disimpegnati. Gli indaffarati e gli indifferenti. Le sardine e gli squali. Anche se, certo, le sardine di più – nei bar emilioromagnoli nessuno ha obiettato, come in quelli romani, mediamente destrorsi, «Ma come sardine, e che fine ha fatto #nonsiamopesci?».
Salvini sfila da emiliaromagnolo, da adulto che fu studente nel ‘77 ma pure dieci anni dopo facciamo venti, da sardina, e chi lo sa se si è reso conto del cul de sac o se La Bestia ha fatto i suoi calcoli e ne ha dedotto che gli italiani di quelle parti lì sono romantici, nostalgici, ingenui abbastanza da vedere nella svolta del dolcevita la prova della mitigazione di Salvini; e tanto ideologici da sentirlo vicino, prossimo, adesso che, così conciato, potrebbe facilmente mimetizzarsi tra i sinceri democratici che vanno a sincerarsi che i giovani picchettino bene quando picchettano in via Zamboni. Diversamente, può darsi che Capitano e Bestia contino sull’allegra liberalità delle signore di quell’Italia lì: “Le bolognesi sono portatrici sane di opulenza, tolleranza e simpatia”, hanno scritto Luigi Settembrini e Chiara Boni in “Vestiti, usciamo” (e non importa se erano gli anni Ottanta). Guarda che simpatico che è con quel lupetto al collo, ma quale leghista, ma no, non ha neanche la felpa, sembra proprio un editore indipendente alla fiera del Libro di Roma, poverino. Signore bolognesi, non vi farete mica fregare?
Salvini martedì ha fissato un tweet con la foto di un gattino che addenta una sardina e la scritta “Cosa c’è di più dolce e bello dei gattini?”
Opposto ma non distante, il Bonaccini (PD) resta nel solco di via Zamboni, e però di una via Zamboni gentrificata, e quindi anche lui abusa di velluto, ma sotto la giacca porta la camicia senza cravatta o addirittura la t-shirt bianca che forse è una canottiera. Molto sensuale, e nient’affatto mistico. Bonaccini ha molta ciccia, e gli occhiali demodé e la muscolatura massiccia lo inchiodano all’esprit di Coldiretti che fa molto bravo amministratore, o alla declinazione settentrionale di Montalbano, che sempre bravo amministratore fa. Il guaio è che il suo guardaroba sa un pochino di élite che s’incontra in vineria, mentre quello di Salvini fa un pochino intellettuale disorganico che incontra il popolo in osteria, e chi di noi non ha, almeno una volta nella vita, desiderato di sposarne uno, o almeno farci un giro, dirgli sì una volta facciamo due, una a vent’anni quando si è stupidi davvero e un’altra a sessanta e passa, quando ci si illude per l’ultima volta di essere ancora utili e che tentare una rivoluzione sia il dovere preciso di chi ne ha già fatta almeno una quarant’anni prima.
A scanso di equivoci, nell’ufficialità, Salvini martedì ha fissato un tweet con la foto di un gattino che addenta una sardina e la scritta “Cosa c’è di più dolce e bello dei gattini? Ai vostri bambini felini piaccino sardine e pesciolini? Mettete la foto nei commenti! Miao!”, così quando i sedicenni che si saranno fatti sedurre da lui su TikTok, arrivando persino a informarsi sul suo conto, lo cercheranno su Twitter, vedranno che quel simpatico ragazzone che canta “Albachiara” e si filma mentre fa gli squat su un tetto (clippino condiviso nel fine settimana su TikTok, con la dida che dice: “Oplà!”) è un nemico delle sardine, e quindi abbasso le sardine (esisteranno ancora, per allora?).
La svolta del dolcevita fa di Salvini un Renato Curcio del 5G, quello che in un’altra Italia, a Catanzaro, pare che nessuno voglia perché “La città può farne a meno” (ma certo che sì, chiudiamo anche il 4G magari il 3, torniamo alla posta celere, sai quanti posti statali in più darebbe?) e lui forse lo sa e allora s’allarga fino al salutismo ecologista e s’imbonisce e sostituisce il caffè con una spremuta (l’animale che si portava dentro s’è preso tutto, anche il caffè, ma non la spilletta di Alberto da Giussano, che fa la sua figura anche sull’asola della giacca di velluto color Lodo).
Uno, nessuno, centomila capitani in cerca di nuovi elettori.