L’altro virusL’Europa è a un bivio storico: federazione o colonizzazione

Bisogna salvare l’Unione dai rischi più grandi: la fine dell’integrazione e dello spazio civile e di libertà comune, il risorgere dei nazionalismi, la povertà dei Paesi finanziariamente più deboli e la loro trasformazione in colonie. Colonie cinesi, magari.

(Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)

Bisogna salvare l’Europa dal rischio più grande: la fine dell’integrazione e dello spazio civile e di libertà comune, il risorgere dei nazionalismi, la povertà dei Paesi finanziariamente più deboli e la loro trasformazione in colonie. Colonie cinesi, magari. Nella stagione più difficile, un’entità ibrida a cavallo tra l’unione politica e l’organizzazione sovranazionale sta mostrando la sua debolezza. L’Unione sembra un insieme di debolezze: da un lato un bilancio risicato (appena l’uno per cento del PIL europeo), l’eccessiva complessità istituzionale (incomprensibile ai cittadini, peraltro), dall’altro un meccanismo decisionale che lascia il potere saldamente in mano al Consiglio Europeo, dove i vari governi portano ognuno la propria agenda nazionale, non l’interesse generale di centinaia di milioni di cittadini europei.

Il virus ha dimostrato di essere particolarmente aggressivo e letale nei confronti degli organismi più deboli: tale è l’Unione europea, che rischia seriamente di morire. C’è chi scommette sul tanto peggio, tanto meglio. I sovranisti del Nord Europa – come i leghisti di un tempo rispetto al Mezzogiorno – sono tentati dalla prospettiva di separare i loro destini da quelli dei Paesi mediterranei.

Sotto la pressione sovranista e preoccupati per la storica indisciplina fiscale italiana e mediterranea, i governi a guida popolare (Merkel in Germania) o liberale (Rutte in Olanda) negano la possibilità per l’Unione di fare un passo cruciale: la sfida di un debito comune, gli eurobond, con i quali finanziare investimenti e beni pubblici europei.

Beninteso, per consentire all’Unione europea di emettere proprio debito servirebbe una modifica dei trattati, un processo lungo oggi impensabile, ma lasciando l’emissione dei nuovi titoli al MES e affidando la gestione delle risorse alla Commissione, si potrebbe nei fatti permettere a Bruxelles di muoversi con risorse e strumenti adeguati ai tempi che viviamo.

Perché il Nord Europa dice No? Semplice, perché teme l’indisciplina fiscale di Paesi che da decenni si comportano da cicale e mai da formiche. Al cospetto della pandemia – un evento esterno inaspettato e paragonabile allo sbarco degli alieni – occorre che Nord e Sud Europa diano reciprocamente fiducia all’altra parte: noi dobbiamo dimostrare la nostra responsabilità nell’uso delle risorse, loro di voler investire e scommettere sull’Unione Europea come destino delle nostre comuni libertà e dei diritti.

Eppure, sia a Nord che a Sud ci sono due pericolose miopie: in Germania, chi non vuol vedere il rischio tremendo di un fracasso storico e il ridimensionamento della stessa influenza tedesca nel mondo di domani; alle nostre latitudini, la stupida illusione dei sovranisti italiani, che vaneggiano di “sovranità” monetarie da riconquistare e sognano spazi di manovra geopolitica che ci consentirebbero di tornare a vivere di svalutazioni competitive e di relazioni internazionali basate sulla convenienza del momento.

In realtà, nel Ventunesimo secolo e ancora di più nel Dopo Virus, il destino di un Paese isolato, anziano demograficamente e indebolito dalla crisi in atto rischia di essere segnato: i propri asset industriali e strategici venduti a buon mercato a chi offre di più, la democrazia e lo spazio dei diritti sociali compromessi, il debito pubblico alla mercé delle levate di sopracciglio dei mercati finanziari. Un modello sudamericano. E poi, quanto durerebbe l’unità italiana a queste condizioni? Quanto durerebbe la solidarietà nazionale tra Nord e Sud Italia? Se muore l’Europa unita, rischia di morire anche l’Italia unita.

Noi che continuiamo a essere europeisti e a rivendicare la necessità storica e materiale di un’Europa più integrata e coesa, siamo arci-italiani. Siamo convinti che un’Europa unita e federale sia il destino migliore per l’Italia e per le sue generazioni future, uno spazio civico continentale che tuteli e promuova le libertà e i diritti dei cittadini italiani. Per questo, da italiani innamorati dell’Italia, continuiamo a batterci perché il destino del Paese non sia segnato, sotto i colpi dei suoi errori passati e recenti e sotto la follia di chi ha già firmato un preliminare di contratto con qualche potenza autoritaria straniera.

Sul piano delle soluzioni concrete, vedremo quanto il Consiglio Europeo riuscirà a trovare una quadra tra le opposte debolezze, miopie e illusioni nazionali. A noi interessa che l’Europa oggi sia consapevole del rischio mortale che sta affrontando e che scelga invece un salto di qualità e di paradigma: che si riprenda a parlare di federazione europea, che s’inizi dotando la UE di un bilancio e di risorse proprie all’altezza delle sfide. Dall’uno per cento del PIL europeo graziosamente concesso a un bilancio robusto, con entrate proprie e la devoluzione di un pezzo di potere impositivo da parte degli Stati.
Siamo a un bivio storico: federazione o colonizzazione.

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