Voli cancellati, alberghi e ristoranti chiusi e la quarantena generalizzata in tutta Europa hanno bloccato il turismo italiano ed europeo. Se lo stallo proseguirà nei prossimi mesi rischia di crollare un intero settore che rappresenta il 3,7 per cento del fatturato dell’economia non legata alla finanza. Più di una impresa su dieci in Europa è legata al turismo con 11,7 milioni di persone occupate valgono il 9 per cento dell’occupazione nell’economia non finanziaria e il 22 per cento del settore dei servizi.
In Italia questo rappresenta l’11 per cento degli occupati nazionali: 1,6 milioni. Un dato che secondo l’Eurostat ci vede al settimo posto tra gli Stati Ue e sopra la media europea. In questa classifica primeggia la Grecia con il 26 per cento della forza lavoro, seguita da Cipro al 20 per cento. In fondo alla classifica c’è la Polonia con solo il 4 per cento dei lavoratori nel turismo. Il dato però è da prendere con le pinze perché non sono disponibili i dati per la Francia e un certo numero di altri Stati membri. Se guardiamo ai numeri assoluti: Germania, Italia e Spagna messi insieme rappresentavano quasi la metà (48%) delle persone impiegate nelle industrie del turismo nell’UE nel 2017, con 2,5 milioni di persone impiegate nelle industrie del turismo in Germania e 1,5 milioni in Spagna.
L’impatto del coronavirus potrebbe danneggiare molto questo settore perché le industrie turistiche hanno una stagionalità relativamente forte, con picchi di fatturato a luglio, agosto e settembre ogni anno e solo una timida ripresa verso fine anno, in coincidenza di Natale e Capodanno. Secondo l’Eurostat più della metà (56 per cento) delle imprese del settore turistico nell’Unione europea nel 2017 (ultimo dato affidabile a disposizione) si trovavano in quattro Stati Ue: Italia (383.600), Francia (326.700), Spagna (308 000) e Germania (263 400). Gli altri paesi con un gran numero di imprese nei settori del turismo sono la Grecia (147.800), il Portogallo (120.200) e la Polonia (109.100).