L’anomalia italianaSoffriamo di più il coronavirus perché siamo il paese più vecchio d’Europa

L’Italia è lo Stato nell’Unione europea con la proporzione maggiore di over 64enni. In Germania l’età media dei positivi al virus è 46 anni, da noi 63

Alberto PIZZOLI / AFP

Niente più partite a carte a Codogno, niente più pomeriggi giocando a bocce con i coetanei a Medicina (BO), niente più chiacchiere aspettando il turno dal medico. Ci sono comuni, nella provincia emiliana e lombarda, dove il Covid-19 ha colpito di più, nel vivo del tessuto sociale, nei riti quotidiani immutati negli anni, con un comune denominatore: gli anziani. Soprattutto gli uomini che spesso fuori dai capoluoghi e lontano dalle città più grandi sono gli unici a dare vita a centri altrimenti un po’ addormentati.

Mentre l’epidemia si allarga all’Europa e al mondo, il caso italiano rimane peculiare per come coinvolge in modo sproporzionato i più vecchi.

Sono tantissimi nel nostro Paese, è vero. Siamo lo Stato nell’Unione europea con la proporzione maggiore di over 64enni, il 22,6 per cento, contro una media del 19,7 per cento. E saremo primi pure in futuro visto che siamo sul gradino più alto del podio anche per quanto riguarda la percentuale di 50-64enni, il 37,1 per cento contro il 34,5 per cento medio.

E questo accade non solo per la natalità bassissima, ma soprattutto per l’alta aspettativa di vita proprio dei più anziani. Chi ha 65 anni in Italia può aspirare a vivere mediamente altri 20,9 anni. Solo in Francia e Spagna ci sono statistiche migliori, con 21,7 e 21,5 anni.

Non è solo questione di demografia, ma di comportamento. Le morti di anziani in Italia feriscono e commuovono anche perché i vecchi sono al centro delle vite delle comunità e soprattutto delle famiglie. Sono meno che altrove quelli che vivono soli, nonostante l’età elevata, solo il 28,5% contro il 32,5% medio, il 36,2% in Francia e Germania e addirittura il 46,9% in Danimarca.

Anche le coppie sole sono meno che nella media Ue, mentre sono un po’ di più quelle che vivono insieme ad altri, di solito i propri discendenti. Senza contare i tantissimi, non catturati dalle statistiche, che di fatto abitano sopra o a fianco di figli, nipoti, parenti.

L’Italia è tra i Paesi in cui più over 75enni hanno contatti quotidiani con familiari e parenti. Sono il 32,9%. Siamo superati in questo solo da altri Stati mediterranei, Cipro, Malta, Spagna, e la cattolica Irlanda. Qui la differenza rispetto ad altri Paesi è ancora più ampia che per altre statistiche. Basti pensare che a Est, in Ungheria, Romania, Polonia, Croazia, Lettonia, Lituania, Estonia, sono meno del 20%, mentre in Germania sono comunque inferiori alla media europea.

Gli anziani italiani hanno sempre avuto fitti contatti con la loro famiglia, ma a differenza dei Paesi nordici o anglosassoni non si sono mai cimentati molto in altre attività, come lo sport e i viaggi. Sono sempre stati più tradizionalisti in questo senso. Ma le cose stanno cambiando, e neanche troppo lentamente.

Forse proprio perché partiva piuttosto indietro, l’Italia è tra i Paesi in cui è maggiore la crescita della percentuale di over 65 che hanno viaggiato, +7,5 per cento. Dopo la crisi è decollata più che altrove la spesa degli anziani per turismo, con un +53,2 per cento tra 2012 e 2017. L’incremento è stato superiore non solo a quello registrato in Francia, Germania e Paesi Bassi, ma anche a quello riscontrabile in Italia tra le altre fasce di età più giovani.

I vecchi italiani insomma escono (uscivano) di casa ancora di più, non solo per andare dai nipoti, ma magari per andare in vacanza con loro.

Il protagonismo dei più anziani nella nostra società è forse alla base dell’anomalia italiana nell’ambito dell’emergenza coronavirus. secondo molti esperti, ed è tra le ragioni non solo del numero di contagiati e di morti. In Corea del Sud, infatti, Paese del resto non molto giovane, solo il 3 per cento dei contagiati ha più di 80 anni, in Germania, in cima assieme a noi alle classifiche sui Paesi più anziani, l’età media dei positivi è di 46 anni, mentre in Italia è di 63.

Prima che a Milano, Torino, Roma, il morbo ha seminato morte in provincia, laddove gli anziani sono più concentrati e hanno più contatti con le generazioni più giovani: i nipotini che prendono a scuola, i figli 30enni o anche 40enni che ancora vivono con loro o accanto a loro.

C’è chi soprattutto all’estero teorizza la separazione degli over 65 o degli over 70 dal resto della popolazione, come alternativa al lockdown totale, o per la fase successiva a quella più acuta, quando i contagiati saranno meno ma il virus sarà ancora tra noi. Nel nostro Paese appare come qualcosa di irrealizzabile.

A maggior ragione è urgente invece trovare soluzioni tecnologiche, mediche e organizzative per sradicare il covid-19 appena dovesse ricomparire nei mesi e negli anni a venire, perché non vogliamo e non possiamo permetterci di perdere il cuore più antico della nostra società. In Italia ci sono migliaia di Codogno, di Castiglione d’Adda, di Nembro, di Alzano Lombardo, di Medicina, e milioni di vecchi che faremo tornare a giocare a carte e a bocce, e che riprenderanno ad andare al mare, dopo aver giocato con i nipotini.

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