RipartirePrima di cambiare la nostra sanità bisogna ripensarla

Siamo ancora fermi al dibattito politico sulla controriforma del titolo V e il ritorno del controllo dalle regioni allo Stato. Questa crisi sanitaria ha fatto emergere oggettive carenze organizzative: troppi ricoveri e pochi trattamenti domiciliari

Piero CRUCIATTI / AFP

Se è vero, come tutti noi speriamo, che stiamo lentamente iniziando a uscire da questa emergenza sanitaria, forse è bene che non si perda tempo a pianificare due cose di fondamentale importanza: il ritorno alla normalità (che sarà necessariamente graduale e non facile) e una sanità diversa. Su come tornare al lavoro, a scuola, a frequentare gli amici, insomma a fare quello che facevamo prima, senza la paranoia di ammalarsi e senza l’incubo che possa riaccendersi l’epidemia (e quindi che si venga di nuovo confinati in casa), ci sono già molte proposte ed esperti al lavoro per valutarle (test rapidi per gli anticorpi con relativo “pass”, app per il tracciamento dei contatti) e possiamo essere fiduciosi che – anche forti delle esperienze di altri paesi – verranno adottate misure appropriate.

Sulla sanità diversa, siamo fermi al dibattito politico sulla controriforma del titolo V e conseguente riaccentramento della sanità, oggi regionalizzata. Che i nostri medici siano tra i migliori al mondo lo dicono le classifiche dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Che nonostante ciò qualcosa sia però andato storto è un dato oggettivo, seppur complesso da analizzare. Altri paesi, dietro all’ Italia nelle classifiche Oms, sembrano infatti aver gestito meglio questa pandemia, che non ha fatto sconti a nessuno.

Sarebbe bello poter partire dai numeri, per poter fare una analisi oggettiva, ma purtroppo i dati certi sono pochi. I contagiati sono più di centomila per l’Istituto superiore di Sanità, sei milioni per l’Imperial College di Londra, 11 milioni per Luca Foresti del Centro Medico Santagostino. Nemmeno il numero dei decessi sembra essere accurato, essendo potenzialmente sottostimato, come riportato persino dal Washington Post.

Ciò che appare evidente è che questa crisi sanitaria ha fatto emergere oggettive carenze organizzative: troppi ricoveri e troppo pochi trattamenti domiciliari.
Nessuno, finora, si è spinto oltre in analisi più profonde su cosa non ha funzionato nel sistema attuale, ma che potrebbe continuare a non funzionare in un eventuale sistema non decentrato. Nessuno tranne Antonio Gaudioso, segretario nazionale di Cittadinazattiva, che proprio su Linkiesta, in un articolo del 3 aprile, affronta il tema degli “altri” malati, quelli non Covid, dimenticati in ragione dell’emergenza: i cronici, gli immunodepressi e gli oncologici. Voglio fargli eco riportando un episodio.

Gestisco una azienda health-tech, Elesta, una piccola eccellenza italiana che offre una tecnologia laser combinata con ultrasuoni (EchoLaser) che può in alcuni casi rappresentare una alternativa ambulatoriale alla chirurgia per alcune patologie, tra le quali alcune oncologiche. Pensavo che in un momento difficile come questo si sarebbe colto ancor di più il valore della nostra tecnologia per stemperare la misura draconiana adottata da tutti gli ospedali di rinviare ogni intervento chirurgico elettivo. Invece avevo torto, perché oggi sembra che gli ospedali siano interessati solo (e comprensibilmente) a ventilatori e DPI (mascherine etc.).

Me ne sono fatto una ragione, ma mi sono spinto oltre. Animato da uno spirito di social responsibility, ereditato da decenni trascorsi in multinazionali, ho offerto a titolo completamente gratuito il nostro prodotto a un noto ospedale milanese, uno dei migliori, certo che la mia offerta sarebbe stata apprezzata e accettata. Invece ho avuto torto una seconda volta. L’offerta è stata apprezzata dal primario, ma non accettata, perché – mi ha spiegato con rammarico il primario – quell’ospedale sta affogando nell’emergenza Covid e la neoplasia prostatica non viene considerata come urgente dal suo ospedale.

Senza fare superficiali correlazioni, voglio fare una riflessione. Il sistema di sorveglianza rapida della mortalità giornaliera del Ministero della Salute ha evidenziato un rilevante eccesso di mortalità rispetto agli anni passati. Tale eccesso riguarda i morti per tutte le cause dal primo febbraio al 20 marzo rispetto alla media dei 5 anni precedenti in 19 città italiane, comprese quelle del nord. Antonio Gaudioso conclude il citato articolo dicendo che «dovremmo anche studiare l’elenco delle persone che sono morte per effetto indiretto dell’epidemia, perché non si sono potute curare per effetto del virus».

E allora, forse dovremmo ripensare un po’ tutto e ridisegnare la nostra sanità per renderla più efficiente, in modo da sfruttare appieno il valore indiscusso dei nostri medici e di tutto il personale sanitario (una risorsa che ci invidiano in tutto il mondo), e non limitarci alla discussione su una sanità centralizzata o decentralizzata. Solo così si potranno gestire meglio in futuro le emergenze straordinarie come una pandemia, ma anche per esempio le tristemente note liste di attesa.

*Amministratore Delegato Elesta SpA

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