«Purtroppo quello dei malati cronici e fragili è un problema già in condizioni normali, perché l’equità e l’accessibilità dei servizi sanitari variano molto fra le regioni. Sugli screening oncologici per i tumori più diffusi, come quello del colon retto, della cervice dell’utero e del seno, per esempio, il gap di adesione tra Nord e Sud è di quasi il 50%. E anche tra città e aree extraurbane le differenze tra servizi sono marcate. In situazioni di emergenza, poi, si crea una tempesta perfetta, dove le inefficienze normali si sommano alla non linearità della linea di comando, che crea una situazione a macchia di leopardo». È un vero e proprio allarme quello lanciato da Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva, l’organizzazione che promuove l’attivismo dei cittadini per la tutela dei diritti, la cura dei beni comuni e il sostegno alle persone in condizioni di debolezza.
Perché dallo scoppio dell’epidemia di Covid-19 in Italia si è creato un problema per tutti i malati più fragili, quelli cronici, oncologici e affetti da malattie rare, che con l’intasamento degli ospedali faticano ad accedere alle cure come dovrebbero (ad alcuni sono anche arrivate comunicazioni di sospensioni delle terapie) e che rischiano di ritrovarsi esposti a rischi più seri di altri, proprio perché le basse difese immunitarie potrebbero avere conseguenze letali, se dovessero contrarre il virus.
Molti di loro sono costretti a uscire di casa, nonostante la quarantena, per procurarsi i medicinali e accedere ai servizi di cui hanno bisogno per la propria sopravvivenza:: «Per chi ha problemi di patologie croniche questo diventa molto complicato. Ma l’hashtag “io resto a casa” deve essere possibile per tutti. Dover decidere tra le cure e la sicurezza contro il Covid-19 non può essere un’opzione», dice Gaudioso a Linkiesta.
Soluzioni semplici e immediate in un contesto di emergenza purtroppo non ce ne sono, ma non si può sorvolare sul problema. «Bisogna attivare protocolli che permettano un piano B per l’assistenza a casa, così come una sburocratizzazione che consenta a queste persone di evitare di andare dal medico o in ospedale solo per attivare protocolli amministrativi», dice il segretario a Linkiesta.
«Nel concreto, abbiamo chiesto alle Regioni di attivare per i malati oncologici tutti i percorsi che consentano una somministrazione delle cure a domicilio. E chiesto la possibilità che i presidi per i malati cronici, normalmente disponibili tramite il servizio sanitario nazionale e che prevedono una distribuzione in ospedale, possano essere recapitati direttamente a casa o nelle farmacie territoriali».
Pannolini, striscette per diabetici, terapie: tanti sono i bisogni dei malati fragili a cui far fronte. E se alcune regioni si sono già attivate per la gestione decentrata dei bisogni dei cittadini, altre invece sono ancora indietro. Una complessità che è frutto anche della caratteristica regionale della gestione sanitaria, che fa sì che alcune regioni siano attrezzate meglio per affrontare i bisogni collegati all’emergenza. L’esempio ormai noto è la distinzione tra l’impostazione veneta ed emiliana, più focalizzate sull’assistenza ambulatoriale, e il sistema lombardo, incentrato invece primariamente sull’ospedalizzazione.
«Esistono modelli opposti che hanno portato anche a risultati molto diversi in termini di impatto sulla salute pubblica nella gestione del virus. Ma così che messaggio riceve il cittadino? Che ognuno si inventa un modello? Sarebbe bene che ci fosse una linea di comando su cui si discute e ci si confronta, ma che poi vale per tutti. Altrimenti non si crea fiducia e sicurezza, ma l’opposto», dice Gaudioso.
Altro capitolo problematico è anche quello degli anziani nelle case di cura e residenze sanitarie assistenziali. Soggetti spesso pluripatologici ospitati in luoghi affollati. Questo causa contagi molto rapidi e tassi di decesso elevatissimi. Gaudioso è perciò contrario all’idea di chi propone di usarne gli spazi per contrastare l’emergenza: «Strutture come quelle non sono preparate, come si può pensare che in pochi giorni vengano attrezzate per diventare altro? Bisognerebbe anzi ridurre la presenza per favorire il distanziamento sociale. Noi lo stiamo contestando e ci siamo dovuti rivolgere alle regioni anche per questo».
Affrontare un’emergenza costituisce una sfida a tutti i livelli, non solo quello sanitario. Ma se le restrizioni in atto sono volte a tutelare il diritto alla salute dei cittadini, bisogna anche assicurarsi che questo sia garantito veramente a tutti. Cittadinanzattiva, che con il Tribunale per i Diritti del Malato e il Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici (CnAMC), raduna un centinaio di associazioni, ha perciò proposto un emendamento al decreto Cura Italia, attualmente al vaglio del Senato, per assicurare che fondi sufficienti siano allocati per far fronte ai problemi delle persone più a rischio.
«Tommaso Nannicini del Pd è primo firmatario, ma ci sono parlamentari anche di Liberi e Uguali, Cinque Stelle, Italia Viva, Forza Italia e del gruppo misto. Chiediamo uno stanziamento straordinario di oltre 1 miliardo per l’assistenza domiciliare, assicurandosi che ci sia un impegno vincolato da parte delle regioni», conclude il segretario di Cittadinanzattiva.
«I malati cronici, gli immunodepressi, coloro che soffrono di malattie rare, devono poter essere curati a casa. Abbiamo fatto una proposta molto chiara anche in termini di copertura finanziaria, ma il vero tema è che c’è bisogno di queste risorse perché ci sono persone rischiano di morire per mancanza di cure. O perché i servizi non ci sono o perché non vanno in ospedale per paura di ammalarsi. In questo momento stiamo facendo la contabilità delle persone che muoiono per coronavirus. Dovremmo anche studiare l’elenco delle persone che sono morte per effetto indiretto dell’epidemia, perché non si sono potute curare per colpa del virus».