Fare o disfareLa lotta dell’Europa contro il Coronavirus

Nell’episodio del Podcast The Grassroots View, l’intervista del presidente del Comitato economico e sociale europeo, Luca Jahier, sulle sfide della pandemia: «L’Unione europea ha fatto in 15 giorni più di quanto è stato fatto in 50 anni»

Nel corso delle ultime settimane, i capi di stato europei hanno ripetutamente espresso le loro preoccupazioni per lo scoppio e la gestione della pandemia Coronavirus. In effetti, COVID-19 rappresenta una minaccia senza precedenti per l’Unione europea.

Il Coronavirus è stato rilevato per la prima volta nel dicembre 2019 nella regione cinese di Wuhan. Da allora, il virus si è diffuso in tutto il mondo. L’11 marzo, l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato COVID19 una pandemia. In Europa, diversi paesi, tra cui Italia e Spagna ma anche Francia e Germania, sono stati gravemente colpiti dal virus.

Le autorità pubbliche hanno reagito più o meno rapidamente e a diversi livelli. Innanzitutto, gli Stati membri hanno intrapreso azioni individuali. Ma l’UE ha anche implementato alcune misure critiche, alcune delle quali sono particolarmente rilevanti: la chiusura delle frontiere esterne dell’UE per 30 giorni e la sospensione del patto di stabilità e crescita per consentire agli Stati membri di sostenere le loro economie nazionali, colpite duramente da questa crisi di salute pubblica.

Una crisi unica nel suo genere. Tuttavia, è lungi dall’essere la prima crisi esistenziale che l’UE ha dovuto affrontare.

Nel 2010, dopo che la crisi finanziaria degli Stati Uniti si era diffusa nell’Eurozona e che i livelli del debito pubblico degli Stati membri erano andati fuori controllo, le istituzioni europee avevano dovuto agire con urgenza. La Banca centrale europea aveva utilizzato una serie insolita di strumenti per sostenere i mercati finanziari e l’economia. In particolare, Mario Draghi, che all’epoca era presidente della BCE, dovette rompere con il dogma della BCE e introdurre il Quantitative Easing, per la sopravvivenza dell’Eurozona.

Allora, i capi di Stato avevano concordato di istituire il meccanismo europeo di stabilità, un fondo comune e un meccanismo di controllo creato per gestire le crisi economiche nella zona euro. Per ricevere gli aiuti, però, i Paesi hanno dovuto accettare misure di austerità draconiane sotto la sorveglianza dell’Unione.

Durante queste crisi, il Comitato economico e sociale europeo (CESE), in qualità di assemblea consultiva dell’Ue, ha espresso le opinioni delle parti sociali e organizzato la società civile in Europa per fornire un contributo ai decisori dell’Ue che hanno definito le politiche europee.

E durante questo focolaio di Coronavirus, il CESE intende anche fare la sua parte e aiutare a trovare una via d’uscita dalla crisi. Lucas Jahier, presidente del Comitato economico e sociale europeo, ha risposto ai microfoni del Podcast “The Grassroots View” partendo da una cruda e semplice considerazione: «L’Unione europea ha fatto in 15 giorni più di quanto è stato fatto in 50 anni».  Ma c’è ancora un miglio da percorrere, dice, tracciando una rotta che potrebbe aiutare i leader europei a trovare un terreno di incontro.

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