Corona EconomyNorme su norme e incertezza. Quanto è difficile fare lobbying durante la quarantena

In questo momento di crisi è necessario stare accanto all’industria italiana perché le aziende sono disorientate dalla giungla di leggi, decreti, dpcm e ordinanze che si rincorrono in un vortice normativo

Filippo MONTEFORTE / AFP

Quando in Università devo spiegare ai giovani studenti quanto sia importante l’attività di lobbying per un’azienda e perché l’impatto che la legge ha sul business è di gran lunga superiore a qualunque altro fattore economico, ricorro sempre all’esempio dell’ovetto Kinder negli Stati Uniti. Non c’è nulla di più chiaro, e non c’è studente che non ritorni improvvisamente a concentrarsi sulla lezione quando spiego che negli Usa un prodotto che rispecchia perfettamente ogni principio economico di mercato, come l’ovetto Kinder appunto, è vietato per legge.

E già, perché nel mercato americano sin dal 1938 è vietata la produzione e la commercializzazione di prodotti dolciari che hanno al proprio interno parti plastiche. E quindi per il più famoso ovetto sorpresa al mondo le classiche regole del mercato non valgono più, per la gioia dei competitor dell’industria dolciaria americana.

Quanto sta accadendo in queste settimane con i provvedimenti normativi sul contenimento del Covid-19 è un esempio ancora più evidente per spiegare l’impatto che la regolazione ha sul business delle aziende. Non importa più la qualità del prodotto, il suo prezzo, la sua promozione, il rapporto con il consumatore e le scelte di quest’ultimo. Nessuna regola ordinaria della competizione economica ha più alcun valore quando una legge dello Stato vieta a un’attività commerciale o a uno stabilimento industriale di proseguire le proprie attività

Ecco perché in questo momento di crisi assume ancora più valore la competenza dei professionisti del lobbying e perché è necessario stare accanto all’industria italiana per aiutarla nella giungla di leggi, decreti, dpcm e ordinanze che continuano a susseguirsi in un vortice normativo che disorienta anche le aziende con una lobbying maturity molto elevata.

Nessuno mette in discussione che il blocco della produzione e la chiusura delle attività commerciali, così come ogni altra norma di contenimento del virus, abbiano la funzione di tutelare la salute pubblica. Il rischio è che il legislatore nella legittima urgenza di gestire l’emergenza finisca con il ledere interessi di rango costituzionale egualmente tutelati e cada in qualche incongruenza. Con l’effetto di rendere ancora più evidente le conseguenze economiche del cosiddetto rischio regolatorio e dell’incertezza normativa. Non c’è settore produttivo infatti che durante queste settimane non si sia dovuto confrontare con l’impatto che la regolazione ha sul proprio mercato, vista la vastità del campo di applicazione delle norme anti coronavirus.

Sono stati migliaia, in queste settimane, i casi di industrie che nottetempo chiedevano di sapere se il giorno dopo avrebbero potuto proseguire le proprie attività oppure chiudere.

A questo si è aggiunto il problema della concorrenza dei poteri fra Stato e Regioni, con i più illuminati costituzionalisti impegnati da giorni a dibattere se abbia prevalenza il decreto del presidente del Consiglio oppure le varie ordinanze regionali. Il tutto con l’unico effetto di aumentare ulteriormente l’incertezza degli operatori economici, anche dei più autorevoli.

Il rischio per un’azienda è rappresentato anche dal fatto che tornare indietro nel processo legislativo italiano è pressoché impossibile. In questo contesto: la legge è fatta, impossibile cambiarla, il procedimento legislativo è troppo lento e farraginoso, bisogna andare avanti con gli altri provvedimenti e l’emergenza riduce ancor di più i già stretti spazi di manovra. È un’inarrestabile corsa normativa contro il virus. Il che richiede una capacità di intervento ben al di fuori del normale.

Il governo ne è ben consapevole e in più di un’occasione lo stesso presidente del Consiglio ha fatto riferimento alla necessità di prestare attenzione agli interessi economici aziendali e del Paese in generale, che godono di pari tutela costituzionale. Ed ecco quindi che spuntano le Faq, le risposte della Presidenza del Consiglio dei ministri alle domande frequenti. «Sono un noleggio veicoli, posso rimanere aperto per garantire con l’affitto dei camion la filiera alimentare?
»; «Sono un negozio di sigarette elettroniche che vende generi di monopolio, perché i tabaccai sono aperti e noi dovremmo restare chiusi?»; «Sono un florovivaista, posso continuare a coltivare i fiori e poi venderli o devo vederli appassire?»; «Sono uno stabilimento che ha l’obbligo di chiudere, posso fare la manutenzione degli impianti? 
Perché è autorizzata la produzione di plastica e cartone ma non di vetro?». Con le Faq il Governo rompe gli schemi più ortodossi e prova a gestire l’emergenza creando una nuova fonte del diritto: la pagina internet di Palazzo Chigi.

Insomma, l’emergenza del coronavirus ha cambiato e cambierà tutto, quasi certamente cambierà anche il modo di fare lobbying e di rappresentare gli interessi economici alle istituzioni. È anche compito dei professionisti delle relazioni istituzionali far sì che questi cambiamenti portino con sé un miglioramento positivo, ed evitare che tutto cambi perché tutto rimanga uguale.

*Giampiero Zurlo è presidente e ad di Utopia – Public, Media & Legal Affairs

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