L’analisi politica più brillante ed esatta sulla disgrazia civile chiamata “governo Conte”, sia nella versione uno sia nell’indistinguibile versione due, è di una ragazza di vent’anni, Ariela Briscuso, sul magazine digitale Strade.
Scrive Briscuso, meglio di qualsiasi attempato editorialista professionista, che siamo di fronte a una specie di alleanza Pangloss, dal nome del filosofo ridicolizzato da Voltaire in Candido, e ispirato a Leibniz, per il suo stupido ottimismo di fronte al terremoto di Lisbona e ad altre successive tragedie: «Pangloss – ricorda Briscuso – si ostina ad esaltare la propria ottimistica teoria con grottesco e comico effetto, sostenendo che, in realtà, sia tutto parte di una preordinata catena di eventi per cui le correnti disgrazie siano necessarie per prospere future felicità».
La teoria del migliore dei mondi possibili è proprio l’unica cosa che tiene in piedi un governo in gran parte imbarazzante. Basta leggere le cronache politiche e i commenti o ascoltare le trasmissioni televisive o interpretare i moniti del Quirinale per capire che siamo guidati dal panglossiano «le cose non possono essere altrimenti».
Continua Briscuso: «Il Pd ed Italia Viva per una sindrome di Stoccolma panglossiana, continuano ad autoconvincersi, pur governando e sostenendo un’agenda e delle proposte politiche, portate avanti dal M5s, non dissimili, per molti versi, da quelle di Salvini, di essere nella migliore delle coalizioni di governo possibili e che ogni altra opzione di governo sia e fosse in realtà impossibile».
Questo non è il migliore dei governi possibili, semmai è il peggiore dei governi possibili, secondo soltanto al Conte uno e probabilmente al Salvini-Meloni prossimo venturo.
Eppure più l’inadeguatezza di Conte e della componente grillina del governo diventa quotidianamente palese – ieri il grillino Tridico ha detto impunemente «stiamo riempiendo di soldi gli italiani» – più si moltiplicano le interviste agiografiche al premier su tutti i giornali del regno e si rincorrono i paragoni più stravaganti ora con Camillo Benso conte di Cavour ora con Carlo Rosselli.
Ospite di uno dei tanti aedi televisivi di Conte, quello noto per aver confessato che il premier ha il difetto di essere sincero, Pierluigi Bersani ha detto «non dico che Conte sia Roosevelt, ma lui è uno che non ha il guinzaglio corto, e a certi mondi dell’economia e dell’informazione i tipi troppo autonomi non sono mai piaciuti».
Lunghezza del guinzaglio a parte, va riconosciuto che ci vuole una certa abilità a passare da quasi Roosevelt avendo cominciato come segnaposto della Casaleggio Associati per fare da vice ai due vice Di Maio e Salvini, con l’handler Casalino a gestire e vigilare, e poi per essere tenuto in vita da un’irripetibile congiunzione astrale fatta di Papeete, mosse del cavallo e virus corona.
Cambiare governo, anche con la stessa maggioranza, non è impossibile, è necessario se si vuole provare a ricostruire un’Italia post pandemica, come ha detto ieri in un’intervista a Repubblica il sindaco di Milano Beppe Sala ricordando che «una parte dei ministri non è stata nominata per una comprovata esperienza specifica del settore di cui si occupa, o per una lunga esperienza politica».
L’elenco degli inadeguati è lungo, da Di Maio ad Azzolina, passando per Bonafede, Catalfo e Spadafora, fino al piddino Francesco Boccia che ieri ha annunciato l’arruolamento, tra i disoccupati, di sessantamila «assistenti civici» per far rispettare il distanziamento sociale come nell’Iran teocratico, dove la polizia per la proibizione del vizio e la promozione della virtù vigila sui costumi della società. Siamo quindi giunti alle milizie basiji contro lo spritz, al khomeinismo che si ripete come farsa, con Boccia che gioca al Grande Ayatollah.
Ma il primo da sostituire è Giuseppe Conte. A Palazzo Chigi serve uno capace, come ha spiegato abilmente la candida Ariela Briscuso. Poi, per ristabilire il significato autentico delle parole, come fecero i giovani spagnoli degli anni Ottanta, finalmente potremo darci alla movida.