Milano (di nuovo) da bereMarcelo Burlon immagina come ci divertiremo dopo il coronavirus

Lo stilista e imprenditore è convinto che la crisi porterà sicuramente un ridimensionamento delle occasioni sociali, di scambio affettivo e leggero, di momenti di libertà. Ma sarà tutto più vero, e forse più bello

«Niente previsioni o robe simili». Le prime parole che mi dice Marcelo Burlon da Ibiza. Ma va, gli dico, chi fa previsioni è un fessacchiotto. Parliamo di speranze, meglio, no? E ne parliamo con chi del divertimento, della leggerezza e della facilità di vivere ha fatto un mestiere, remunerativo e soddisfacente. Un punto di vista sghembo e rilevante, in tempi cupi; uno sguardo dal pianeta lontano dei giochi sull’esopianeta della pandemia. 

«Parliamo di speranze, sì, meglio. Credo che questa orrenda pandemia sia un’occasione per tutti per fermarsi, fare un lungo respiro e iniziare una nuova vita. Io avevo rallentato il ritmo già da un po’ di tempo, proprio per il bisogno di vedere le cose con un’ottica nuova. Il problema è che abbiamo tutti paura del nuovo. Convivere con un virus è una cosa purtroppo naturale per molti paesi del terzo mondo e non solo. Mi rattrista che per arrivare a questo punto di consapevolezza siamo dovuti passare per una pandemia, con decine di migliaia di morti e milioni di nuovi poveri che genererà. Se non saremo tutti molto attenti a ciò che si può e si deve fare per limitarne l’impatto disastroso sull’economia – che poi vuol dire la vita quotidiana e i bisogni essenziali di miliardi di persone – la tragedia sarà irreversibile». 

Marcelo Burlon, icona della bella vita milanese. Nato in un paesino hippie della Patagonia argentina, arrivato in Italia a quattordici anni, ha cominciato a fare il pr nei club milanesi all’alba degli anni zero. Bei tempi; visti da oggi, addirittura memorabili. Oggi ha un’azienda, County of Milan, che è passata dal produrre t-shirt con stampe ispirate alla terra natia alla prima sfilata a Pitti Uomo nel 2014 e a collaborare con brand globali come NBA. 

Guardato col tipico snobismo dall’industria della moda (e meno male, a ognuno il suo mestiere) Burlon in vent’anni non si è fermato un attimo, ci è voluta, appunto una pandemia. «Lavoro via whatsapp. Ho rifornito con attenzione la mia biblioteca, per poter andare avanti con le collezioni. Tornare al vecchio metodo di ricerca è molto bello. Penso, spero che riusciremo tutti fare uno sforzo per guardare oltre la tragedia. Dobbiamo prendere coscienza di noi come persone, delle nostre azioni, del nostro egoismo. Approfittare di questo momento per capirci e provare a migliorarci». 

Gli chiedo se ha letto le dichiarazioni di Giorgio Armani – rallentare, ripensare, uscire dalla logica della rincorsa al fatturato e tornare a tempi e cicli più naturali. Marcelo Burlon è l’esatto opposto del signor Armani, nel panorama della moda ital-globale. Mi pare, gli dico, che nonostante le naturali differenze, sia dal puto di vista industriale che culturale, abbiate dei pensieri affini. 

Rallentare, pensare. Basta correre senza pensare: «Sì sono d’accordo. Naturalmente dipende dal tipo di struttura e di dimensioni dell’azienda. Tu credi che le aziende vogliano rallentare il flusso e quindi fatturare meno? Credo che bisogna trovare il giusto equilibrio, come in tutte le cose. Sicuramente, con il facile senno di oggi, è chiaro che le aziende hanno accelerato sempre più da quando il consumo si è globalizzato e la platea si è allargata». 

Marcelo a Milano ha sempre voluto dire divertimento, mettere insieme le persone. Un po’ lo spirito del luogo comune di Milano che non dorme, con gente in giro alle tre di notte di un lunedì di Gennaio; la versione milanese del peace&love. Hai paura che tutto questo possa faticare a ricominciare? Dovremmo pur tornare a divertirci, no? «Sono sempre stato un aggregatore sociale, il mio talento più grande credo sia quello di far incontrare le persone. Da sempre. Questo momento, che chissà quanto durerà, porterà sicuramente un ridimensionamento delle occasioni sociali, di scambio affettivo e leggero, di momenti di libertà. Ma le poche volte che succederà sarà molto speciale. Apprezzeremo tutto in un modo più profondo. Poi sappiamo che da questi avvenimenti escono delle cose molto interessanti a livello creativo. Immagina quanti film ispirati a questo momento che ci saranno. Serie su serie. Un rinascimento creativo. Sono in contatto con altri direttori creativi, djs, e sono tutti in un processo di preparazione mentale verso il nuovo. Siamo abituati a creare cose nuove tutto il tempo, ormai quasi in automatico, dopo questa situazione verranno fuori delle dei metodi di lavoro, di ricerca, di prodotto, di vendita profondamente diversi. Sarà una rivoluzione».

La conversazione si interrompe per una telefonata da suo fratello in Patagonia. Ci sono problemi con una donazione che ha fatto all’ospedale del suo paesino. Riescono a risolvere. Mi racconta con sincera sobrietà che ha fatto una donazione anche al Comune di Milano. «Milano ce la farà ma con una nuova consapevolezza. Abbiamo bisogno di energie diverse e questa è l’occasione. In un futuro prossimo sono certo che nascerà un modo diverso, anche per Milano, per creare un ambiente stimolante, sia dal punto di vista culturale che del divertimento. Voglio incontrare gente mai vista prima ma che ti sembra di conoscere da sempre. Chi ama veramente Milano farà delle cose incredibili. Non è vero che andrà tutto bene, lo abbiamo già visto che non è andato tutto bene. Ma ognuno può fare la sua parte perché vada meglio di come sta andando. 

Desidero profondamente che le persone capiscano che l’unione, quindi il pensare collettivamente, porterà a una rinascita come non mai si è mai vista nella storia. «Hai parlato del fatto che nel terzo mondo siano abituati a convivere con situazioni difficili e spesso estreme. Noi no. Noi siamo terrorizzati. Pensi che impareremo a vivere con più difficoltà senza diventare asociali pessimisti, o peggio, un esercito di depressi? «Cambieremo il modo di vivere e quindi cercheremo più qualità nei rapporti. Potrebbe essere la volta buona che diventiamo maturi e meno egoisti».

Temi che per un po’ non ci sarà spazio per il superfluo? Oggi ci sembra un miraggio anche solo birretta con gli amici… potrebbe essere un problema per il tuo ambiente, l’abbassamento del livello minimo di soddisfazione desiderata e un approccio più maturo al consumo esigenze dovuto al nuovo modo di vivere. Per non parlare della capacità di acquisto che si abbasserà in tutto il mondo… 

«Il superfluo rimarrà ma sarà vissuto in un altro modo. Un posto più naturale, una concessione che faremo a noi stessi. Io spero che ne avremo la possibilità». 

Quindi dovremo abituarci tutti a consumare meno ma meglio. Tuttavia l’idea che il superfluo sia il contrario del cosiddetto “profondo” o “complesso” non mi ha mai convinto, anzi.  «Beh questa pandemia ha tirato fuori il meglio e il peggio delle persone, quindi chi ha capito l’importanza del momento storico che stiamo vivendo affronterà questa nuova vita con una gioia immensa. Nelle cose leggere e in quelle più complesse». 

A questo punto un rumore sordo in background; un uccellino si è schiantato contro le vetrate della casa di Burlon, che si precipita a salvarlo distraendosi dalla conversazione. Io da qui, con tutto questo parlare di plexiglas che ci salverà – in spiaggia, in aereo, a ristorante – inizio a diffidare della trasparenza. 

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