La crisi ha messo in ginocchio il settore dei viaggi e delle vacanze. Anche AirBnb, la piattaforma di prenotazione americana, è stata colpita con durezza. Come ha dichiarato il 5 maggio, l’azienda è pronta a mandare a casa il 25% dei suoi dipendenti: 1.900 persone su 7.500. L’11 maggio sarà il loro ultimo giorno di lavoro. La pandemia, secondo le previsioni, dimezzerà i ricavi a livello globale (nel 2019 erano 4,8 miliardi di dollari).
Il fenomeno è globale: il coronavirus ha messo in grave difficoltà il mondo alberghiero, le compagnie aeree e i tour operator, innescando una crisi mai vista prima d’ora
A incidere non sono soltato le restrizioni ai movimenti messi in atto dai diversi Paesi. Anche gli effetti del virus sull’economia spingeranno molte famiglie a cancellare viaggi e vacanze. Secondo una ricerca di Boston Consulting Group su un campione di 7mila soggetti, il 50% degli intervistati americani e il 70% di quelli britannici ha deciso di limitare le spese per gli spostamenti per i prossimi sei mesi.
Ci sono però anche segnali positivi. Come spiega in un’intervista sul Financial Times l’amministratore delegato di AirBnb, ci sarebbe un aumento delle prenotazioni in alcuni Paesi europei. Danimarca e Olanda, soprattutto, ma anche Austria, Svezia e Svizzera. «La ripresa è meglio di quanto avessimo previsto due settimane fa», ha dichiarato. In Danimarca le prenotazioni sarebbero al 90% rispetto ad aprile 2019 e in Olanda all’80%.. «Ma è una cosa temporanea? È definitiva?».
La verità è che la crisi, come uno tsunami, ha spazzato via tutto: i guadagni per gli host europei sono al 50%. «Una crisi porta con sé sempre molta chiarezza», aggiunge. «Per noi la chiarezza è sapere che le persone vogliono ancora spostarsi. Ma viaggiare non sarà più come prima. Rimarrà alterato per sempre».